Hardcore Mecha, Recensione PS4

Nella recensione di oggi vi parleremo della nostra esperienza di gioco con Hardcore Mecha, titolo testato su console PS4. Il suo sviluppo iniziava nel 2016, quando Rocket Punch, un piccolo studio indie di Beijing, decideva di creare un videogioco sul mondo dei mecha (per intenderci, i robottoni giapponesi). Questi ragazzi, per finanziare il progetto, avviavano una campagna di found raising su Kickstarter.

Probabilmente, all’epoca, nessuno tra loro si aspettava il successo che di li a poco sarebbe arrivato. In 1.959 hanno contribuito alla nascita di Hardcore Mecha (all’epoca era conosciuto come CODE: Hardcore) versando la cifra di 143.518 dollari. Di li a poco arrivarono anche i primi riconoscimenti importanti in occasione dell’anteprima del gioco avvenuta durante il Tokyo Game Show del 2016.

Tutto è partito da lì. Il resto ve lo raccontiamo noi con la nostra recensione di Hardcore Mecha, titolo, vi ricordiamo, testato su console PS4.

IL MONDO DEI ROBOT, TRA PASSATO E PRESENTE

Iniziamo la nostra recensione per PS4 di Hardcore Mecha con un po’ di nostalgia. C’erano una volta Mazinga, Goldrake, Jeeg Robot d’acciao, Daitarn 3, Voltron, Daltanius, God Sigma e forse ce ne saranno ancora a centinaia. Questa era l‘epoca dei super robot, che ha ispirato generazioni di bambini e ragazzi, adesso adulti e diventati genitori. Cartoni animati dove i protagonisti erano dei prodotti della scienza al servizio della pace e della giustizia, con l’unico compito di sconfiggere alieni e mostri disumani.

Qualcuno tra loro volava e si trasformava, dotato di armi, spade e abilità uniche e distruttive. Non stiamo parafrasando la canzone di Daitarn 3 ma vi stiamo illustrando quali sono le caratteristiche che hanno ispirato il lavoro dei ragazzi di Rocket Punch.

hardcore mecha recensione ps4

L’ispirazione tecnologica dei mecha presenti nel videogioco proviene in parte da questa epoca. In parte perchè il mondo dei super robot, con il tempo, si è evoluto e ha abbandonato progressivamente il lato bambinesco, trattando temi più maturi. Ed è su questo terreno che maturano capolavori come Evangelion, Mazinkaiser e i Cieli di Escaflowne. Anime (e non più cartoni animati) con una profondità caratteriale notevole e caratterizzati da combattimenti spettacolari, veloci e frenetici.

Hardcore Mecha riesce a cogliere il meglio di entrambi i periodi, realizzando un qualcosa che diverte e richiama alla passione verso questo mondo. Non ci sentiamo di dire che questo è un gioco rivolto principalmente agli amanti di questo genere. Magari, chi ama gli anime sui robot lo apprezzerà di più. Una cosa è certa: se cercate un platform brawler a scorrimento 2d che percorre lo stile dell’intramontabile Metal Slug, Hardcore Mecha è il gioco che fa per voi.

IL BUON VECCHIO BRAWLER NON MUORE MAI

Viene sempre il momento in una recensione in cui si deve definire un genere di un videogioco e Hardcore Mecha non si sottrae di certo a questa giudizio. Rocket Punch crea un perfetto restyle dei vecchi brawler a scorrimento 2D, anche se, il più delle volte, i modelli sembrano realizzati in 3d. Questo effetto si genera grazie alla perfetta combinazione tra la tecnica dello skeletal animation e i disegni realizzati a mano (e ovviamente renderizzati con programmi di grafica). Infatti, nonostante sia un classico gioco 2d, la dovizia dei dettagli lo rende un prodotto con un livello grafico apprezzabile.

Vi abbiamo accennato prima alla somiglianza tra Hardcore Mecha e Metal Slug. Effettivamente, Rocket Punch estrapola molto dalle meccaniche e dal meta di quest’ultimo. A partire dai collezionabili che si possono recuperare distruggendo oggetti e nemici e che si suddividono in 3 categorie: offensivi, difensivi e curativi.
Nella prima tipologia troviamo le armi di supporto che, assieme all’arma principale e a quelle corpo a corpo, costituiscono il sistema offensivo del mecha. La parte difensiva del robot, oltre allo scudo in dotazione, e supportata anche da protezioni mobili. Ovviamente il vostro mecha non è indistruttibile e per portare avanti la vostra missione avrete bisogno di cure costanti e refrigeranti per i vostri superpropulsori.

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Il meta del gioco si basa molto sull’utilizzo degli oggetti da collezione e sono fondamentali per la riuscita della missione. Hardcore Mecha è un gioco veloce e frenetico e vi ritroverete spesso ad affrontare ondate numerose di nemici. È naturale, quindi, ricorrere a qualche aiutino extra in più.

Per il resto la formula è sempre quella dell’intramontabile genere platform brawler a scorrimento. Si va avanti, si spara, si distrugge. I propulsori danno quel pizzico di vivacità al tutto e che ricorda lo stile proprio degli anime sui robot. Menzione speciale la merita la mossa speciale in dotazione al vostro mecha. L’animazione riprodotta prima dell’esecuzione effettiva è da applausi. Vero e autentico amarcord.

I SOLITI VECCHI PROBLEMI

La longevità del gioco è più che sufficiente: 8 capitoli, suddivisi di 18 livelli, non sono numeri da poco per un platform 2d. Ve ne sono alcuni, di livelli, che vi daranno il filo da torcere. In più di un’occasione abbiamo dovuto ripetere lo stesso livello diverse volte per via dell’elevato grado di difficoltà. Ed è stato proprio durante questi momenti che ci siamo accorti del primo grande problema di Hardcore Mecha: l’arrivo della noia.

Quando si arriva verso la fine del livello e il mecha esplode a un passo dal traguardo, come le regole videoludiche insegnano, si attende di buona lena il caricamento del resume. Il problema è che si deve ripartire dal checkpoint di sezione (e non fortunatamente di livello) riguardando la scena introduttiva (il più delle volte senza possibilità di skippare), riprendere gli oggetti da collezione e i potenziamenti vari e ri-sbloccare le eventuali missioni secondarie. Capite che il ripetere questo teatrino per diverse volte fa naturalmente posizionare il dito sul tasto “ciao ciao”.

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Anche le dinamiche base del sistema dei comandi di Hardcore Mecha presentano alcune problematiche. Come vi abbiamo anticipato il meta del gioco è quello di un platform in stile Beat ’em up caratterizzato da azione e velocità.

Ovviamente queste ultime due componenti richiedono un layout di comandi che sia reattivo e organizzato. Il robot consente di difendersi e attaccare: nel primo caso lo fa da fermo per cui la difesa in movimento non è prevista; nel secondo, si può scegliere se attaccare da fermi o in movimento.Attaccando sul posto, si guadagna una maggiore precisione con le armi da fuoco ma si diventa una facile preda. Optare per una soluzione in movimento è sicuramente più vantaggioso ma si viene penalizzati dal sistema di mira e puntamento che diventano ingestibili.

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Ma non stiamo raccontando nulla di nuovo. Queste problematiche sono esistite sin dalla notte dei tempi (dei platform) e, purtroppo, tali sono rimaste. A rendere difficoltoso il tutto ci pensa anche la localizzazione del gioco, con testi in lingua inglese e audio con gli idiomi del sol levante. Non è un inglese tecnico e complicato, ci mancherebbe, ma ne limita comunque l’accessibilità.

LE MODALITÀ DI GIOCO

Le modalità di gioco che troverete in Hardcore Mecha sono essenzialmente 3: campagna, multigiocatore e survival. Nella modalità campagna vestirete i panni di Tarethur, un soldato mercenario inviato in una missione di recupero su Marte.

Lui ha il compito di recuperare un ufficiale sotto copertura indentificato con il nome in codice “A”. Ben presto si accorgerà che su Marte le cose non stanno andando per il verso giusto. Le forze dell’UNF stanno perdendo il controllo della colonia e un gruppo di spietati ribelli sta facendo strage di vite innocenti.

Ben presto si troverà davanti a un bivio: sposare la causa della liberazione del pianeta o portare semplicemente a termine il contratto per cui si è stati ingaggiati?.

Sinceramente la trama della storia non sembra nulla di nuovo, anche se gli amanti del genere anime sui robot apprezzeranno le sequenze narrate inserite in vari momenti del gioco.

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Rocket Punch ha inserito in Hardcore Mecha anche la modalità multigiocatore. Qui si manifesta tutto l’animo action e frenetico del gioco, elevato alla massima potenza da quello competitivo. Potrete scegliere se giocare in locale con il classico split-screen a 4 giocatori oppure se sfidare piloti di mecha online. Se invece siete degli amanti delle sfide impossibili allora potrete tuffarvi nella modalità survival, dove si dovrà sopravvivere a delle ondate infernali di nemici. Per farlo, avrete a disposizione ben 40 modelli di mecha pronti per essere testati sul campo di battaglia.

Tra le tre modalità abbiamo apprezzato maggiormente quella survival dove vi possiamo assicurare che il vostro joypad verrà messo seriamente a dura prova.

PIÙ SEI BRAVO E PIÙ CRESCI

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Siamo arrivati alla parte finale della nostra recensione per PS4 di Hardcore Mecha. In quest’ultima parte vi descriveremo la logica di grinding sviluppata dai ragazzi di Rocket Punch per il loro gioco. Nella prima parte, se ricordate, vi abbiamo parlato dell’importanza dei collezionabili e di come questi vengono reperiti sconfiggendo nemici e distruggendo casse e oggetti presenti sulla mappa.

Oltre a questi vengono rilasciate anche delle monete che, in base alla potenza del nemico, assumono un valore diverso di volta in volta. Queste possono essere impiegate al termine del livello, andando nella sezione dedicata, dove migliorerete i componenti del vostro mecha.

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Si può apportare ogni genere di miglioria al vostro robot: dal sistema difesa a quello di attacco, si possono acquistare nuove armi e nuove mod. I potenziamenti sono sbloccabili in base al livello raggiunto dal vostro mecha.

La crescita è subordinata alla vostra bravura. Al termine di ogni livello viene, infatti, rilasciato un voto che tiene conto del tempo impiegato per portare a compimento lo stage, dei nemici uccisi, delle volte in cui siete morti e delle missioni secondarie portate a termine. Tutto questo servirà per il calcolo del voto finale ed è propedeutico alla crescita del vostro personaggio.

Per quanto può sembrare un sistema un po’ complesso, noi lo troviamo meritocratico. È giusto che i più bravi meritino un riconoscimento maggiore.

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COMMENTO FINALE

Siamo arrivati ai titoli di coda della nostra recensione per PS4 di Hardcore Mecha. In definitiva, è un gioco che sa far divertire e a tratti arrabbiare. La nostra esperienza finale percorre le note di questo di questo spartito, in una continua sinusoide di emozioni.

Se da un lato gli amanti degli anime sui robot apprezzeranno tantissimo il lavoro egregio svolto dallo studio indie Rocket Punch, quelli dei brawler a scorrimento e dei platform 2D non assaggeranno nulla di nuovo. Idee brillanti che poggiano su problematiche vetuste. Il lavoro svolto dal team grafico e di design merita comunque una menzione d’onore.

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Abbaye des Morts 64, Recensione

La scena del Commodore 64 è viva più che mai. Non fa quasi più notizia il fatto che escano tanti giochi per il mitologico (e vetusto) 8 bit di casa Commodore. E così, Abbaye des Morts 64 approda sul biscottone più famoso del mondo informatico grazie al publisher Doublesided Games ed al lavoro fatto da un team piccolissimo formato dall’italiano Antonio Savona, che ha realizzato il codice del gioco e da Saul Cross (grafica e musica).

Si tratta di una conversione del gioco originalmente sviluppato da Locomalito per Pc ormai 10 anni fa. Un titolo che si ispira ai vecchi giochi per ZX Spectrum. Per chi non lo ricordasse, Locomalito è uno sviluppatore spagnolo indipendente che ha un bel curriculum alle sue spalle. Ha realizzato Maldita Castilla ed Hydorah poi arrivati su Steam (a pagamento) con i titoli di Super Hydorah (qui da noi recensito) e Cursed Castilla (Maldita Castilla Ex).

La nostra breve recensione parlerà dunque di questa versione per C64 uscita lo scorso anno e disponibile per l’acquisto a questo link. Il prezzo è di 7,99 euro dollari canadesi.

Vi lasciamo alla nostra recensione. Buona lettura.

IN FUGA DAI FANATICI RELIGIOSI

L’incipit di Abbaye des Morts 64 è semplice e ci porta nel XIII secolo, in pieno Medio Evo, in un’epoca piuttosto buia.

In quel periodo, i catari, dei chierici che predicavano sulla povertà di Cristo e difendevano la vita senza aspirazioni materiali, furono trattati come eretici dalla Chiesa cattolica ed espulsi dalla regione della Linguadoca in Francia. Uno di loro, chiamato Jean Raymond, trovò una vecchia chiesa in cui nascondersi dai crociati, non sapendo che sotto le sue rovine giaceva sepolto un antico male.

Da questi auspici (che non sappiamo perché ma ci ricordano la Tristram di Diablo), nasce l’ambientazione di questo gioco.

GAMEPLAY IMMEDIATO, SFIDA TOSTA

Il gameplay di Abbaye des Morts 64 è senza dubbio uno dei punti forti di questo gioco. Anche su Commodore 64. Il titolo è un action platform vecchissima maniera dove dovremo guidare il nostro frate, Jean Raymond, in una fuga disperata. Il gioco inizia proprio così con noi che dovremo arrivare alla chiesa. Purtroppo, però, nonostante tutto, questo sarà un luogo maledetto e l’inizio vero e proprio della nostra sfida. Si, perché poi l’obiettivo sarà la sopravvivenza.

Il nostro sacerdote dovrà sopravvivere a creature di diverso genere (incluso un drago…) nonché fare attenzione alle asperità di un ambiente che a tratti è ostile. In sé il gioco non è enorme, visto che anche nella descrizione ufficiale, i numeri non sembrano grandi. Il gioco permetterà di visitare poco meno di 25 stanze anche se ci sarà bisogno un po’ di backtraking per permettere di arrivare a zone inesplorate e raccogliere il necessario, tra indizi che saranno utili a capire cosa fare, vite supplementari (mai abbastanza) croci (che saranno indispensabili) e la possibilità di attivare delle leve.

Bisognerà sfuggire però ai nemici. Tra ratti, ragni, scheletri armati, e mostri malintenzionati, avremo il nostro bel da fare perché nonostante i pattern siano comunque non troppo difficili da imparare, il grado di sfida è piuttosto elevato. E battere Satana in persona non sarà una passeggiata di salute.

UNA CONVERSIONE DA APPLAUSI

Se Abbaye des Morts 64 è stato uno dei giochi per Commodore 64 più apprezzati del 2019 le motivazioni sono facilmente riconducibili all’ottimo lavoro fatto dal team. Antonio Savona, che nel suo bagaglio ha il capolavoro Planet Golf, ha realizzato il codice implementando dei miglioramenti alla fisica ed alle animazioni che rendono il gameplay ancora più godibile rispetto all’originale.

Dal punto di vista tecnico, il fatto che non ci sia scrolling (ne siamo sicuri?) ma che si tratti di un gioco a schermate fisse ha certo facilitato il compito del micro team, ma il lavoro fatto è mirabile anche visivamente. Merito di Saul Cross: sprites animati molto bene ed ambientazioni ricche di dettagli e con qualche finezza (arrivate sul campanile, suonate la campana e godetevi la pioggia di foglie) non indifferente.



Bella anche la varietà dei nemici, e le stanze sono ben caratterizzate. Ma c’è di più: c’è anche una stanza segreta che non esisteva nella versione originale e che porta ad un endless run. Non di diremo mai come arrivare a questa parte del gioco lasciando a voi questo piacere. Ecco perché Abbaye des Morts 64 ha uno scrolling molto fluido senza disdegnare i dettagli.

La musica firmata sempre da Saul Cross è notevole, orecchiabilissima e perfettamente consone al tipo di ambientazione ed azione che il gioco offre.

Insomma, tutto è al proprio posto.

COMMENTO FINALE

Abbaye des Morts 64 conferma, a nostro avviso, quanto di buono è stato detto. La realizzazione tecnica è di prim’ordine e su Commodore 64 si apprezzano anche una grafica ed un sonoro all’altezza della situazione. Per non parlare del gameplay che propone una sfida interessante anche se i più bravi dopo tanta pratica saranno in grado di finire il gioco in pochi minuti. Ma quelle sono speedrun. Inoltre è un titolo fedele agli standard di longevità di quegli anni dove raramente era possibile immergersi per tante ore ad un action platform.

Nondimeno questa versione dell’action platform offre anche un extra gradito che su altre piattaforme moderne sarebbe una sciocchezza ma che sullo storico 8 bit diventa un lusso.

Antonio Savona e Saul Cross hanno firmato un piccolo grande capolavoro che ha tutte le carte in regola per essere giocato e rigiocato più volte e con passione dagli utenti.

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Arise: A Simple Story è disponibile

Techland Publishing ha annunciato oggi che Arise: A Simple Story è disponibile via download digitale su PlayStation 4, Xbox One ed Epic Games Store per gli utenti Pc. Si tratta di un action platform adventure ed è il primo gioco sviluppato da ​​Piccolo Studio, una software house di Barcellona. Il prezzo è di 19,99 euro.

Arise invita i giocatori a fare il primo passo in un viaggio nell’aldilà. Il titolo offre una storia sincera della vita di un vecchio, intrecciata all’amore ed alla sua perdita, attraverso i paesaggi simbolici dei suoi ricordi e una meccanica trasversale unica che consente ai giocatori di manipolare il tempo in modalità giocatore singolo o gioco cooperativo leggero.
Poiché ogni capitolo rappresenta un momento cruciale del passato del protagonista, la toccante storia d’amore di Arise porterà il vecchio – e i giocatori stessi – su un’appassionata montagna russa emotiva di alti e potenti poteri viscerali.

Arise vuole anche offrire al pubblico un importante lato artistico con i suoi paesaggi ed una colonna sonora emotiva firmata, quest’ultima, dal compositore vincitore del BAFTA David García.

Il trailer di lancio di Arise offre ai giocatori uno sguardo più approfondito sul gameplay. Eccolo, buona visione.

 Alexis Corominas, uno dei fondatori di Piccolo Studio, ha sottolineato:

Alzarsi è una narrazione profonda, accuratamente realizzata per trascendere sia il letterale che il metaforico. Viaggiamo insieme a un vecchio attraverso paesaggi artisticamente sbalorditivi, ognuno dei quali rappresenta un momento cruciale della sua vita, pieno di amore e perdite. Speriamo che i giocatori si trovino a camminare al suo fianco su un percorso di autoriflessione e, ad ogni passo, si relazionino con la magia sentita nella sua storia. Non vediamo l’ora che i giocatori scoprano cosa — o chi — loro e il vecchio troveranno durante il viaggio.

Piccolo è stato fondato da tre amici che hanno lasciato il lavoro aziendale per perseguire il loro sogno di creare videogiochi artigianali. Il nome dello studio è tratto dall’italiano ed è un team affiatato formato da 15 persone.









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Woodle Tree 2 Deluxe +, la nostra recensione

L’universo dei giochi di piattaforma è un continuo fermento ed è, per certi versi, un “momento ludico” piuttosto unico nella sua intrinseca essenza. I platform poggiano infatti su meccaniche dogmatiche (un gioco di piattaforme ha… le piattaforme) ma, nonostante premesse rocciose, il genere è un andirivieni di idee, una spola tra disperazione, buio ma anche spensieratezza e scanzonata follia. Woodle Tree 2 Deluxe +, titolo firmato dalla software house indie italiana Chubby Pixel, rientra esattamente in questo genere, ammantandosi di una certa leggerezza complessiva che sembrerebbe far tendere il titolo verso lidi più fanciulleschi, seppur il sistema ludo in sé mostri tutt’altro spessore.

Riuscirà Woodle Tree a ritagliarsi una fetta di “notorietà” in un settore ultra-affollato? Scopriamolo assieme.

TRAMA

Woodle Tree 2 Deluxe + è un platform in tre dimensioni che, sin dalle primissime battute, si mostrerà “obbedientissimo” ai canoni fissati commercialmente negli anni ’80 da un baffuto “saltellatore” di nostra conoscenza.

Il titolo, sarà chiaramente ispirato ai principali esponenti di questo genere, soprattutto per quanto concerne l’ambito dei piattaforma tre dimensioni. Il gioco, seguito del simpatico Woodle Tree Adventures, ci metterà nel lignei panni di un piccolo alberello che suo malgrado, si ritroverà protagonista di una impresa eroica, che lo vedrà baluardo unico nel suo mondo (Wood Land, appunto) contro una sostanza oscura che assorbe la vita di chiunque ne entri in contatto. I malcapitati, in questo caso, sono gli alberi anziani, sorta di saggi del mondo arboreo.

GAMEPLAY

Com’è piuttosto lecito attendersi, l’attività principale, sarà quella di saltellare in giro da una piattaforma all’altra, in un gameplay piuttosto classico e che sarà condito da una difficoltà grandemente accessibile.

Il giocatore sarà chiamato ad esplorare un coloratissimo mondo open world, dai vari biomi tutti correlati da una simpatica linea artistica cartoon, alla ricerca di alcune “gocce”, che costituiranno la linfa vitale, utili per far si che i malcapitati sconfitti dal “male” possano finalmente tornare in vita. In linea di massima, Woodle Tree 2 ci consentirà di esplorare quasi ogni area presente nella mappa sin dai primissimi istanti: ogni area conterrà svariati settori, oggetti e nemici specifici che si opporranno alla nostra costante ricerca.

Una prima caratteristica da segnalare, sarà proprio l’estrema libertà concessa al giocatore: una volta entrati in possesso delle prime 3 lacrime, il player sarà per certi versi “abbandonato a sé stesso” in un mondo, come detto, piuttosto vasto. Una scelta che potrebbe essere per alcuni giocatori un dettaglio negativo, mentre potrebbe al contrario fare la gioia di altri giocatori, magari stanchi della ricorrente poca libertà di esplorazione concessa dai titoli del settore. L’esplorazione non sarà però fine a sé stessa: per tutto l’universo di gioco sarà possibile intercettare delle bacche rosse e blu. Le prime permettono di acquistare potenziamenti e oggetti cosmetici nei vari negozi, mentre le seconde sbloccano abilità peculiari come il Triplo Salto, forse la skill più importante da ottenere nel gioco. E’ un peccato che, vista la disponibilità di un mondo aperto di gioco non estesissimo ma comunque piuttosto vasto, i developer non abbiano inserito qualche attività secondaria di contorno, che avrebbe resto un po’ più variegato il gameplay.



Il nostro legnoso alter-ego avrà a sua disposizione un arsenale piuttosto classico: oltre al classico doppio salto, il quale diventa più esteso se effettuato dopo un breve tratto percorso di corsa, sarà anche possibile muoversi in verticale per un breve istante su di una parete, per poi lanciarsi nella direzione opposta. Il nostro simpatico alberello potrà anche planare per brevissimi tratti. Questa abilità sarà molto utile alcune situazioni durante gli stage che affronteremo. I livelli da esplorare, infatti, saranno perlopiù percorsi colmi di ostacoli e barriere di vario tipo da superare utilizzando le abilità a disposizione nel gioco, oltre che di semplicissimi enigmi e puzzle tipici dei platform un po’ più anzianotti. Avremo anche modo di affrontare alcuni nemici, i quali saranno però piuttosto simili fra loro a livello “comportamentale” e andranno affrontati dal player con la pressione di un semplice tasto. Anche in questo caso, si poteva fare di più sfruttando proprio le possibilità offerte dall’open world.

TECNICA



Se da un punto di vista del gameplay concettuale, c’è poco o nulla da eccepire (tranne forse la mancanza di qualche modalità extra tipica del settore), da un punto di vista tecnico Woodle Tree 2 Deluxe + mostra un po’ il fianco. Un fianco non tanto a livello di efficienza tecnica (le performance saranno più che buone, con una risoluzione che appare pienamente full HD governata da un frame rate piuttosto stabile anche se non esente da vistosi cali di frame in alcuni frangenti), ma piuttosto a livello di pulizia da complessivi bug, tra minori (come compenetrazioni poligonali con “il fondale” o texture che appaiono e scompaiono) e maggiori (come animazioni imperfette, oggetti che non possono esser raccolti e nemici che causano danni “inspiegabili”).

In linea di massima, nulla che vi costringerà ad una rabbiosa disintallazione del gioco, ma comunque per certi versi limitanti e che renderanno il gioco meno piacevole. Artisticamente, invece, nulla da dire: Woodle Tree 2 è una gioia per gli occhi con uno stile a metà fra un cartoon fanciullesco e un Minecraft “Marioizzato”, unito a colori accesi e che rendono le movenze del titolo piacevolmente morbide.

COMMENTO FINALE

Woodle Tree 2 Deluxe + è un’ottima esperienza ludica a livello di platform che, però, pecca proprio nel non aver osato qualcosa in più: in linea di massima, si può descrivere il titolo come un grande calderone con tante possibilità, alcune delle quali solo accennate, altre invece possibili ma non sfruttate. Un buon gioco, che fa ben sperare per un ipotetico seguito.

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Hayfever arriverà su Steam ad inizio 2020

Hayfever si prepara per il suo debutto su Steam fissato ad inizio 2020. Lo rende noto lo studio indipendente Pixadome che sviluppa questo particolare platform in 2d che vuole mettere alla prova i riflessi degli appassionati.

In Hayfever, il giocatore prende il controllo di Thomas; un giovane postino con un forte senso di orgoglio nel suo lavoro. C’è solo un piccolo problema: Thomas soffre di terribili allergie ed alcuni starnuti hanno fatto perdere le lettere da consegnare del nostro postino.

Usando le allergie del protagonista, i giocatori dovranno starnutire e farsi strada attraverso una quantità enorme di livelli impegnativi. Thomas stesso non è davvero un combattente, quindi spetta a noi aiutarlo a evitare tutti i pericoli del mondo.

 

Unitevi a Thomas ed alla sua amica Carlie in un viaggio epico che attraversa le quattro stagioni. Sopravvivete ad ogni livello e cercate di raccogliere le lettere perse di Thomas, in modo che possa evitare l’ira del suo orribile capo Harvey.

CARATTERISTICHE

  • Grafica stravagante e di ispirazione retrò.
  • Meccanica esigente, guidata da starnuti.
  • Quattro mondi, che abbracciano ciascuna delle stagioni dell’anno.
  • 140 livelli di sfida.
  • Gameplay alimentato dalle allergie che vanno da polline e smog a noci.
  • Una colonna sonora firmata da A.M.A.Z.I.N.G.

Ad inizio 2020, il gioco sarà non solo su Pc ma anche sulle principali console come PS4, Xbox One e Switch.









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Valfaris, la recensione della versione console

Uno dei giochi indipendenti più attesi di quest’anno su PlayStation 4 era certamente Valfaris, un platform d’azione bidimensionale heavy metal dallo stile visivo e sonoro del tutto personale. Ambientato in un angolo remoto dello spazio, Valfaris è infatti un gioco che si ispira a capolavori del passato come Metroid, Forgotten Worlds e Psycho-Nics Oscar, per non parlare di quel Turrican che proprio da questi giochi trasse spunto per le sue meccaniche.

Il gioco, realizzato da Andrew Gilmour, l’autore di Slain: Back From Hell, finalista all’Unity Awards, lo abbiamo già recensito tempo fa per Pc, pertanto per un eventuale approfondimento maggiore potete fare riferimento anche a quell’articolo. Qui, in forma più sintetica, ci focalizzeremo invece sull’edizione PlayStation 4.

TECH’S, BLOODS AND ROCK’N’ROLL

Come spesso accade in questi casi, la trama non è molto originale e serve più che altro da pretesto per motivare la presenza sullo schermo di scenari e creature. Tuttavia risulta carina e comunque ben contestualizzata all’interno della produzione: dopo essere misteriosamente scomparsa dalle carte stellari galattiche, la fortezza di Valfaris è improvvisamente ricomparsa nell’orbita di una stella morente, e quello che un tempo era una sfarzosa cittadella adesso è ospite di un’oscurità sempre crescente.
L’unica speranza di salvezza è a questo punto affidata al principe rinnegato Therion, che tornato nella sua terra natia in cerca di vendetta nei confronti del padre, si ritrova invece a sfidare un male arcano, in un’avventura quasi totalmente lineare (“quasi” perché in realtà offre diversi bivi che portano ad aree segrete) all’interno di un mondo pieno zeppo di segreti, trappole e nemici.

Ogni area, infatti, propone una sfida sempre diversa, complice un level design tra i più riusciti del genere e una composizione ben bilanciata del numero e della tipologia degli avversari che si parano di fronte al protagonista. Compresi i boss di fine livello, che oltre a una certa cura nella rappresentazione visiva denotano comportamenti e pattern di combattimento sempre differenti tra loro.
Per affrontarli adeguatamente, Therion può contare sul supporto di un’arma da fuoco o una spada, di uno scudo che permette di parare i colpi ma anche di respingerli al mittente, e su un terzo elemento dalla potenza di fuoco devastante, che però può essere utilizzato per un certo lasso di tempo e in rapporto al numero di celle energetiche disponibili al momento. Queste si ricaricano infatti uccidendo i nemici.

Sconfiggere i mostri che infestano Valfaris significa anche sbloccare nuovi equipaggiamenti o oggetti bonus, oltre che ottenere potenziamenti per le armi già in possesso del giocatore. Da questo punto di vista il titolo è parecchio generoso e consente di modificare il loro raggio di azione, la tipologia di sparo e i danni inflitti dai colpi. Inoltre è possibile farle ruotare tra di loro, cambiandole a seconda dell’area e dei nemici che Therion si trova ad affrontare. Ma per fare questo occorre prima fermarsi a un check point ed utilizzare degli artefatti chiamati Idoli della Resurrezione, utili anche per salvare i progressi in gioco. Sta all’utente decidere come meglio spendere questi oggetti e quando e come salvare. Valfaris è quindi costruito per adattarsi alle capacità di ciascun giocatore, che può di fatto stabilire da sé l’approccio più consono in relazione alle sue abilità, plasmandone il ritmo.

L’ARTE DEL PIXEL

Una grafica fatta alla vecchia maniera, con tanti sprite realizzati a mano con maestria da Andrew Gilmour, fa da base a uno stile estetico impressionante, dove a farla da padrone sono distopici sfondi e sanguinosi primi piani. Le varie aree sono ben disegnate, con una buona varietà di scenari e fondali animati, che bene si sposano col contesto narrativo.

Unica pecca, almeno su PlayStation 4, è qualche lieve rallentamento in un paio di circostanze tra le più caotiche sullo schermo, ma niente che pregiudichi la fruibilità del titolo. Il tutto corroborato dalla splendida colonna sonora del metallaro Curt Victor Bryant, ex chitarrista dei Celtic Frost, capace di sottolineare a colpi di chitarra elettrica (e non solo quella) ogni fase di gioco, “spingendo” e “caricando” letteralmente il videogamer nel suo incedere, attraverso il controllo di Therion, nei meandri più oscuri e violenti del contorto mondo di Valfaris.

COMMENTO FINALE

Valfaris è un impegnativo platform action a scorrimento, un riuscito tributo ai classici del genere che hanno spopolato negli anni ’80-‘90, su tutti l’indimenticabile Turrican. Ma è anche un omaggio altrettanto riuscito a una certa cultura heavy metal, un sanguinario dipinto in pixel art che si lascia giocare dall’inizio alla fine con grande piacere e che ogni appassionato del genere dovrebbe giocare almeno una volta.

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MediEvil Remastered, Recensione

Tra i franchise che più di ogni altro gli appassionati di videogiochi volevano rivedere sui loro schermi c’era senza alcun dubbio quello di MediEvil, platform adventure tra i più amati della generazione di console a 32bit grazie a un protagonista simpaticissimo, il leggendario e maldestro Sir Daniel Fortesque, e a un’ambientazione medievaleggiante, cupa e grottesca più di quanto lasciasse intendere lo stile grafico. Due elementi che insieme riuscivano a far chiudere un occhio su qualche imperfezione tecnica.

Gli stessi che al giorno d’oggi lo faranno probabilmente apprezzare a qualche nostalgico e amare poco da chi invece bada solo al sodo. Ma procediamo un passo alla volta.

MEDIEVIL, LA LEGGENDA DI DAN L’IMPAVIDO

Cavaliere “per caso” durante la sua vita, il buon Dan aveva goduto da morto di una fama leggendaria grazie ai racconti dei cantastorie che ne avevano inconsapevolmente rielaborato le vicende come spesso accadeva nei secoli passati con le storie tramandate vocalmente e a cui di volta in volta ognuno aggiungeva sempre qualcosa. Tutti erano infatti convinti che fosse stato lui ad abbattere con un gesto eroico Zarok un secolo prima durante la celebre battaglia di Gallowmere, rimanendo a sua volta ucciso. In realtà Fortesque era morto praticamente a inizio scontro, colpito da una freccia a un occhio, e il malvagio stregone si era dileguato a un passo dalla sconfitta del suo esercito facendo credere a tutti di essere deceduto.

Un secolo dopo, infatti, rieccolo apparire all’orizzonte deciso stavolta a conquistare il Regno di Gallowmere con un esercito di zombi, demoni e creature di ogni risma (zucche che camminano, streghe, spaventapasseri, e così via, fino a dei temibili boss di fine livello). Tutti elementi che ritroviamo in questo remake sviluppato da Other Ocean Interactive in esclusiva per PlayStation 4 disponibile nei negozi dal 25 ottobre. La struttura di gioco del rifacimento di MediEvil è ovviamene identica a quella dell’originale: si tratta sostanzialmente di un platform avventuroso tridimensionale basato sull’esplorazione di vaste ambientazioni in una sorta di medioevo alternativo, come scritto all’inizio, dall’atmosfera surreale e grottesca, e sugli scontri corpo a corpo con i nemici sullo schermo con l’ausilio di armi più o meno convenzionali (alla bisogna il nostro eroe poteva utilizzare il suo braccio come fosse una mazza…).

I combattimenti, al pari della risoluzione di alcuni puzzle, dei mini giochi e delle sessioni esplorative, servono sia per proseguire nell’avventura che per accumulare potenziamenti utili a far incrementare la forza distruttiva del personaggio, nonché a fargli acquisire nuove tecniche di combattimento, nuove armi (tramite il Salone degli eroi) e nuove abilità, queste ultime poi fondamentali per il superamento di determinate aree di gioco. Ci sono poi da acquisire le cosiddette Anime Smarrite, un tipo di collezionabili inseriti nel remake utili, una volta recuperate tutte e diciannove, a sbloccare la versione di MediEvil del 1998. Il resto lo fa lui, Sir Daniel Fortesque: rivederlo caracollare per le aree di gioco, con quel suo volto scheletrico, senza la mascella e dunque incapace di parlare se non attraverso dei suoni buffi, l’espressione un po’ da ebete, non lascia certo indifferenti chi ha giocato al MediEvil originale. E anzi diventa quasi il motore che spinge il giocatore a calarsi in quel mondo e lasciarsi trasportare nell’avventura senza badare troppo alle imperfezioni.

RITORNO AL PASSATO

Perché fin da subito dopo un’introduzione che fa anche da tutorial all’interno della cripta dove il nostro eroe riposava, appare chiaro che la “nuova” proposta non sembra brillante tanto quanto altre produzioni analoghe del recente passato, come le trilogie di Crash Bandicoot e di Spyro. E non parliamo di grafica e di altri aspetti tecnologici che approfondiremo più avanti, ma di puro e “semplice” gameplay. Questi risulta infatti divertente, ma bisognoso di qualche intervento a livello di reattività dei controlli e di hitbox. Spesso è come se tra il comando impartito col pad e la reazione di Dan ci fosse sempre qualcosa che ne rallenti l’imput di quel mezzo secondo “utile” per compiere una determinata azione, col risultato di trovarsi a sbagliare una mossa o un passaggio.

Questo avviene soprattutto durante i combattimenti corpo a corpo, col rischio di venire colpiti nonostante un attacco anticipato, complice un sistema di gestione delle collisioni non precisissimo e un sistema di inquadrature migliorato quanto si vuole, ma ancora… migliorabile. In tal senso si rivela comoda la telecamera posizionata fissa sulla spalla del protagonista, come in molti giochi d’avventura moderni, attivabile tenendo premuto il dorsale L2. Una soluzione che abbiamo gradito soprattutto in fase esplorativa, per “vedere” meglio possibili oggetti nascosti e godere di un’ambientazione resa più bella dall’alta definizione.

Da questo punto di vista si nota lo sforzo dello sviluppatore Other Ocean di abbellire l’opera senza però stravolgerne troppo come detto prima l’atmosfera. Forse però si poteva mantenere la palette cromatica delle’dizione del 1988: qui i colori sono belli, ma troppo accesi rispetto a quelli più cupi dell’originale, e quindi restituiscono una dimensione cromatica più vivace in quelle aree che a giudizio di chi scrive necessitavano invece di tonalità più “classiche”, scure. Comunque è una questione di fatto soggettiva. Le animazioni dal canto loro sono sensibilmente migliorate rispetto alla demo, complice la recente patch da 15Gb rilasciata da Sony, ma restano ancora un po’ legnosette.

Quest’ultima sembra aver influito positivamente anche sul frame rate, un problema che affliggeva alcune aree nell’originale sulla prima PlayStation e che ricompariva anche in questo remake: va bene mantenere il più possibile intatto lo spirito dell’episodio apparso sulla prima PlayStation, ma “farlo” anche per le cose che non andavano non aveva senso. Specie per un titolo che punta ai 60 fotogrammi al secondo.
Così l’update sembra aver risolto parzialmente i problemi, e anche se MediEvil non riesce a raggiungere il target prefissato, almeno sulla nostra console di prova, una PlayStation 4 “classica”, non “crolla” mai sotto ai 30Fps e visivamente la cosa non risulta realmente fastidiosa o pesante.

Tornando alla grafica, splendidi dal punto di vista artistico gli scenari, su tutti il manicomio, con i suoi sotterranei e il suo parco, la nave fantasma e il cimitero, e buono il comparto audio, con una colonna sonora ispirata anche nelle fasi di intermezzo fra una cut scene e l’altra, impreziosite a loro volta da divertenti dialoghi con un buon doppiaggio in italiano, che di fatto ripropone le voci originali. 



COMMENTO FINALE

MediEvil è un titolo imperfetto, e più di remake dovremmo parlare di remastered considerando che il gioco non offre quelle peculiarità tipiche di un rifacimento, su tutte un comparto tecnologico e una struttura ricreati quasi da zero.

Il prodotto completo ci ha infatti confermato dubbi e certezze emersi provando la demo, ovverosia da un lato il buon lavoro fatto dagli sviluppatori a livello d’atmosfera e fedeltà al gioco originale, dall’altro delle perplessità su alcuni aspetti della giocabilità.

In tal senso il titolo non è stato svecchiato a dovere sul piano dell’interazione e del sistema di combattimento, anche se la patch rilasciata al day one ha in parte porto rimedio a questi problemi. In definitiva MediEvil è un bel platform avventuroso vecchia maniera, consigliato ai più nostalgici e a coloro che hanno voglia di giocare a uno dei titoli di culto della prima PlayStation.

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Indivisible, la nostra recensione

Indivisible è un titolo ambizioso: annunciato nel 2015 dallo sviluppatore Lab Zero Games, il gioco indipendente si è posto obiettivi piuttosto complicati, tra cui una piuttosto riuscita ibridizzazione di genere che ricorda la gemma Valkyrie Profile, raggiunti grazie ad una campagna di successo su Indiegogo di successo (oltre 1.820.000 di euro raccolti con oltre 32.000 donatori, ndr) ed al supporto del publisher 505 Games.

Un titolo che, seppur sia un evidente omaggio agli Jrpg classici, ha cercato di dire “la sua”, grazie ad una serie di accortezze specifiche e scelte stilistiche di spessore, frutto di un lavoro profuso con evidente amore e dedizione che derivano dall’altro titolo noto di Lab Zero, Skullgirls, picchiaduro stiloso al femminile uscito sette anni or sono. Ma andiamo con ordine. Ecco, dunque, la nostra recensione della versione PS4 uscita assieme alle altre piattaforme lo scorso 8 ottobre.

DESIGN + GENERE

Indivisible è un gioco ibrido, che unisce sezioni piattaforma altre di ruolo a turni ispirato visibilmente al mondo giapponese, che può vantare un’estetica personale e di rilievo.

Ed è proprio dall’estetica che partirà questa disamina di Indivisible: gli sviluppatori, reduci dal “successo” in termini di caratterizzazione e di realizzazione tecnica di Skullgirls, hanno nuovamente svolto un lavoro di altissimo profilo qualitativo.

Non solo da un punto di vista meramente tecnico, ma anche da un lato più strettamente legato al design complessivo e alla realizzazione delle animazioni, degne di un “cartoon” di alto livello e dall’altissima fluidità. Ma non è solo questo: ben presto ci troveremo “immersi” negli splendidi ambienti e fondali disegnati a mano, tra città vive, deserti e tanti altri biomi splendidamente realizzati.

Qualità artistica che trasla ininterrotta e omogenea anche al comparto sonoro, inestricabilmente legato proprio all’eccellenza visuale e in grado, in modo davvero ben elaborato, di creare il giusto tappeto sia in situazioni divertenti che più “emozionali”. Il tutto, condito da una realizzazione ineccepibile, che offrirà una risoluzione in Full HD sostanzialmente piacevole assieme ad un frame rate bloccato a 30 fotogrammi e che non va mai in affanno.

LA TRAMA VEDE PROTAGONISTA AJNA

Ma passiamo alla storiac che ruota intorno ad Ajna, una ragazza dal carattere ribelle che sa il fatto suo. Allevata dal padre nei sobborghi di una cittadina rurale, la sua vita precipita quando la sua casa viene attaccata. Dentro di lei si risveglia dei poteri misteriosi e straordinari. Di cosa parliamo? La nostra eroina potrà assimilare l’essenza di chi incontra, per poi evocarla in battaglia.

Nella sua lunga missione, Ajna incontrerà oltre 20 “Incarnazioni”: persone che può assorbire ed evocare per lottare al suo fianco.

Ma, dopo alcuni tragici eventi che colpiscono il suo pacifico villaggio, la nostra alter-ego, accompagnata da diversi comprimari che incontrerà sul cammino, si ritroverà suo malgrado al centro di un travagliato viaggio, iniziato per vendetta ma che lentamente, tra situazioni un po’ più stereotipate e piccoli, inattesi colpi di scena, si evolverà in qualcosa di sicuramente più profondo e immaginifico.

Nonostante la linea narrativa poggi su alcuni canoni del settore, specialmente quello ruolistico, con la solita contrapposizione fra un male che si svela lentamente ed un bene che, sin dall’inizio, si rivela completamente o quasi “luminoso”, Indivisible offrirà una scrittura sostanzialmente buona e che ci darà sufficiente spunto per proseguire, seppur abbia una certa tendenza a semplificare questioni e situazioni potenzialmente “mature”. Il mondo di gioco, vastissimo e che offrirà un buon grado di differenziazione non solo estetica ma anche narrativa, ci consentirà l’esplorazione di un micro-cosmo sufficientemente dettagliato e interessante.

GAMEPLAY IBRIDO

Il vero e ambizioso “cuore ludico” di Indivisible è proprio il suo gameplay ibridizzato: un po’ piattaforma, in una realizzazione che ricorda molto da vicino un classico Metroidvania: avremo livelli piuttosto intricati in cui arrampicarci, sfruttare diverse abilità e movenze per poter superare puzzle piuttosto classici del genere. Ma, e qui arriva il bello, i livelli saranno infestati da nemici: approcciandone uno, scatterà in pieno l’ibridizzazione.

Infatti, il gioco confluirà in modo del tutto armonico verso i lidi canonici dei ruolistici a turni, con il nostro gruppo di eroi che si schiererà da un lato, fissando all’opposto i nemici. In questo frangente, Indivisible, ci offrirà un’esperienza piuttosto classica di facciata, ma differente nei dettagli: i nostri eroi disporranno di vaste possibilità a livello di abilità da sbloccare ed utilizzabili, alcune delle quali potranno essere addirittura utilizzate nella sezione platform per scoprire le classiche “hidden door” (porte nascoste, ndr) dei Metroidvania.

Ma, meccanicamente parlando, Indivisible offre di più: ogni personaggio (il team sarà composto da 4 eroi), sarà legato ad un tasto specifico del pad, che ci consentirà di attaccare ma anche di difendere a seconda del turno. I nostri eroi potranno anche collegare gli attacchi fra loro, seguendo lo stesso meccanismo: in sostanza, Lab Zero ha, in modo semplice ed intuitivo e ricordando la “lezione” di Valkyrie Profile, reso personale, originale e dinamico un sistema di combattimento il cui suo “fianco debole” era proprio la perdita progressiva di dinamismo.

Unico neo è un livello di difficoltà ondivago (non preciso) che, sebbene tendenzialmente semplice e accessibile, si acuirà “drammaticamente” e improvvisamente, ponendoci dinanzi, senza preavviso, nemici in grado di annientare il nostro manipolo di eroi in un sol colpo.

Altra carenza, anche se probabilmente parte di una cosciente scelta di design, gli elementi ruolistici saranno ridotti al lumicino: chi si aspetta inventari colmi di oggetti, crafting o possibilità di personalizzazione estese al level up, resterà deluso. Indivisible pone l’accento su altri aspetti, fra cui il citato dinamismo e l’accessibilità complessiva, ma ciò non toglie che un comparto RPG più profondo avrebbe fatto spiccare al gioco un “enorme” salto valutativo.

COMMENTO FINALE

Indivisible prende e fa sua la formula di Valkyrie Profile, unendola ad un design accattivante e ben realizzato, unito a contenuti piuttosto estesi.

Una produzione che ha dei nei, riscontrabili in una difficoltà disomogenea, una sentita mancanza di elementi ruolistici maggiormente profondi oltre che, a conti fatti, ad un salto qualitativo “tematico” della linea narrativa. Tuttavia, rimane un ottimo gioco che, per poco, non riesce ad imporsi come “esempio”.

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Valfaris, la nostra recensione

Iniziamo da una frase che solitamente metteremmo in un commento finale: Valfaris è il sogno di chi negli anni ’80 e ’90 giocava a titoli come Turrican. Potremmo definirlo un’evoluzione del genere ma se amate gli sparatutto a scorrimento con tocchi di metroidvania, allora il gioco sviluppato da Steel Mantis (che include Andrew Gilmore, lo stesso autore di Slain: Back from Hell uscito tre anni e mezzo or sono), deve far parte della vostra softeca. Senza se e senza ma.

Questa nostra brutalità nell’iniziare la recensione di Valfaris è giustificata dalla brutalità di un gioco nudo e crudo che, senza troppi giri di parole, offre un gameplay vecchio stile che premia i più bravi e che sfida i giocatori alle prime armi.

Il merito va senza dubbio ad Andrew Gilmore che ha portato l’anima di Slain in una nuova ambientazione. Ecco la nostra recensione (rapida e cruda) di questo interessantissimo titolo indie uscito pochi giorni fa (10 ottobre scorso, ndr) su Steam per Pc Windows, ma disponibile anche su PS4, Xbox One e Switch sotto l’etichetta Big Sugar.

Buona lettura.

UNA TRAGICA STORIA DI VENDETTA

Diamo un’occhiata al quid che muove tutto il carrozzone (e che carrozzone). La storia semplice narra di Therion, un impavido e fiero figlio di Valfaris, che torna a casa per scoprire la verità sul suo destino e per sfidare nientepopodimeno che suo padre per eliminarlo.

Vroll, questo il nome del cattivone di turno, ha sostanzialmente trasformato quello che un tempo era un paradiso in un vero e proprio inferno. La cittadella sfarzosa di un passato non troppo lontano, si è trasformata in un meandro oscuro, triste, ossessionante, malato dove l’oscurità è crescente ed il male è dietro l’angolo sempre in agguato. Questo dopo che Valfaris è scomparsa misteriosamente dalle carte stellari per ricomparire improvvisamente nell’orbita di una stella morente.

Deciso a far giustizia ed armato di spada, mitragliatore e scudo, il nostro eroe che ha la parvenza di un metallaro ed un fabbro scozzese (sempre metallaro) si immerge in questi meandri per salvare Valfaris da una fine atroce.

MI RITORNI IN MENTE… SHOOT OR DIE

Il cuore pulsante di questo gioco è senza dubbio l’azione veloce e senza tregua. Valfaris non lascia spazio alle riflessioni e qui come poche volte vale il motto di Turrican “Shoot or die” – “Spara o muori”. Ma se il capolavoro di Rainbow Arts uscito ad inizio anni ’90 sulle piattaforme dell’epoca (assieme ai suoi sequel) aveva attimi di pace (se così si può dire), il titolo sviluppato da Steel Mantis non ha letteralmente tregua.

Complici anche i velocissimi respawn dei mostri abbattuti. Quasi un peccato che non si possa avere un attimo di tregua per ammirare alcuni scorci notevoli delle ambientazioni. Di questo ne parleremo dopo.

Per il resto la dinamica del gameplay è molto classica: il nostro Therion può saltare, accovacciarsi, usare diversi tipi di arma, a patto di attivarle, usare uno scudo che ad ogni impatto si indebolisce ma che è possibile ricaricare raccogliendo le sfere dedicate lungo il tragitto, affettare o trafiggere i nemici di ogni genere: organico, meccanico, misto ed abomini di ogni genere.

Ripetiamo: diverse volte ci è sembrato di giocare a Turrican… al doppio del ritmo, però, e con meccaniche più oleate, raffinate grazie, ovviamente ai quasi 30 anni di differenza tra le due produzioni.

Ci sarà anche da sparare agli ambienti per attivare varchi o interruttori ed andare in zone desiderate, affrontare fasi platform frenetiche, combattere contro nemici implacabili che proliferano selvaggiamente in diverse zone.

Azione, colpo d’occhio, riflessi e soprattutto grande sangue freddo (per evitare di imprecare), saranno fondamentali lungo il nostro peregrinare per Valfaris. Non mancheranno certo le boss fight ad effetto. Ad ogni nostra morte ricominceremo dall’ultimo checkpoint attivato. Si perché in Valfaris funziona in questo modo: dovremo attivare gli altari che sono i nostri punti di ritorno. Ovviamente lungo il cammino potremo raccogliere anche dei cuori (pulsanti, mica quelli di Zelda) per ripristinare l’energia.
Ma fondamentale sarà trovare il metallo di sangue che serve a potenziare la nostra dotazione e permettere di avere bocche di fuoco sempre più potenti ed efficienti, oltre che altamente spettacolari. Fuoco triplo, laser, raggi di energia ed altro ci aiuteranno nell’impresa.


Per migliorare le proprie prestazioni sarà possibile anche sacrificare gli idoli della resurrezione a delle colonne speciali. Questo renderà più difficile il nostro percorso visto che i punti di salvataggio si diraderebbero, ma per compensazione avremo armi più forti. Ah, quasi dimenticavamo: sarà possibile anche salire – in alcuni tratti – a bordo di robottoni (molto resistenti). Insomma, non manca nulla. A no, ultima chicca sul gameplay: la spada non sarà solo figurativa. Attaccando con essa e quindi rischiando il corpo a corpo, permetterà di raccogliere delle sfere d’energia che serviranno a ricaricare l’energia dello scudo e poterlo così utilizzare efficacemente.

Ecco perché Valfaris ha si l’anima antica del classico che abbiamo più volte nominato, ma ha pure qualche cosa di moderno che rende maturo anche un titolo apparentemente “ignorante” come uno sparatutto dai toni metal.

La sfida è veramente ardua ed il livello di difficoltà generale è molto alto, soprattutto dopo la prima mezz’ora di gameplay. È un continuo che agli estimatori del genere, sicuramente piacerà. Buona anche, per questo genere di giochi, la longevità. La media può attestarsi sulle 5 ore ma dipende molto dalla bravura dell’utente. I più bravi possono metterci anche tre orette, i più distratti anche 10 ore a salire.

UNA BELLEZZA PER GLI OCCHI E PER LE ORECCHIE

Un rapido capitolo sul comparto tecnico ed artistico di Valfaris. Avevamo accennato del nostro rammarico per non aver tempo di ammirare questo o quello scorcio delle tantissime ambientazioni del gioco. È semplicemente così. La varietà ed il design sono spettacolari.

Artisticamente è stato svolto un lavoro con i fiocchi esaltato da una pixel art splendida e da diverse ambientazioni mai banali e sempre evocative dove le linee dei paesaggi ed i colori della natura presente in Valfaris si mischiano sapientemente con i toni oscuri dell’inferno bio-meccanico e tecnologico.

In questo gioco, non solo alcuni mostri sono epici ma anche diversi nemici comuni. Lupi, piranha e molto altro. Splendide e spettacolari anche le esplosioni. Ottimo il frame-rate che rimane granitico e non si schioda anche nei momenti di maggior affollamento dello schermo che spesso e volentieri si riempie di nemici ma anche di esplosioni (e smembramenti scenici).

Tante le chicche anche per gli effetti ambientali.

Non poteva mancare anche un comparto sonoro adeguato. Abbiamo parlato di metal ed ecco il metal grazie alla colonna sonora firmata da Curt Victor Bryant, ex chitarrista dei Celtic Frost. I suoi riff accompagneranno il nostro Therion nel miglior modo possibile. Le musiche, così come l’art book, sono in vendita grazie a dlc specifici.

COMMENTO FINALE

Abbiamo già detto tutto. Se amate gli sparatutto a scorrimento probanti, difficili, ma al tempo stesso esaltanti e vari in grado di offrire anche scorci grafici e brani musicali di un certo livello, Valfaris (brutale al punto giusto) non deve mancare. Soprattutto se siete amanti di questo genere di titoli.

Chi ha amato Turrican dovrebbe farci più di un pensierino. Lo ricorda parecchio, è vero, ma ci mette tantissimo del suo amplificando la sfida grazie ad un gameplay raffinato e dalle meccaniche più moderne.

A nostro avviso una delle migliori produzioni indie di questo 2019 e con un sapore dolcissimo di retro. Beh, si, Valfaris è il nuovo Turrican.

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Indivisible è disponibile, trailer di lancio

Debutti molto attesi oggi: questa volta parliamo di Indivisible, action RPG puzzle a scorrimento firmato da 505 Games e Lab Zero Games (già autori di Skullgirls), è disponibile.

Publisher e sviluppatore hanno diffuso anche il trailer di lancio che vi proponiamo assieme agli ultimi dettagli di questo titolo decisamente atteso.

Caratterizzato da una serie animazioni disegnate a mano e da meccaniche di combattimento in stile “party fight”, Indivisible è disponibile ora in formato digitale per Pc (Steam, GOG, Mac, Linux), PS4 e Xbox One al prezzo di 39.99 euro. A partire da questo venerdì (11 ottobre) verranno rilasciate, allo stesso prezzo, anche le versioni fisiche per console PS4 e Xbox One. Il titolo, inoltre, sarà disponibile più avanti anche per Switch.

La storia di Indivisible ruota attorno al personaggio di Ajna, un’intrepida ragazza dal carattere ribelle. Allevata dal padre nei sobborghi di una cittadina rurale, la sua vita precipita nel caos quando la sua casa viene attaccata e dentro di lei si risveglia un potere misterioso.

Nella sua missione Ajna incontrerà più di 20 personaggi che può assorbire dentro di sé ed evocarle in combattimento perché lottino al suo fianco. Il gioco è ricco di personaggi da evocare, ciascuno con la propria storia e personalità. Unendosi a compagni provenienti da terre lontane, Ajna imparerà a conoscere sé stessa e il suo mondo e così scoprirà come salvarlo.

Francesca Esquenazi, CEO di Lab Zero Games, ha detto:

Questo è un momento davvero speciale per il nostro team. Abbiamo lavorato con grande passione a questo progetto e siamo estremamente riconoscenti alle migliaia di fan che ci hanno permesso di realizzarlo. Il nostro più grande desiderio è quello che i giocatori si divertano giocando a Indivisible nello stesso modo in cui noi ci siamo divertiti a crearlo.

Mosso dal motore proprietario Z-Engine, Indivisible presenta meccaniche di gioco originali, splendide animazioni grafiche, decine di personaggi giocabili, un’esperienza narrativa ricca e un gameplay facile da imparare ma difficile da padroneggiare

Neil Ralley, presidente di 505 Games, ha sottolineato:

Siamo rimasti impressionati dallo straordinario impegno che Lab Zero ha profuso nella realizzazione di questa affascinante esperienza di gioco. Il lancio di Indivisible è un ulteriore momento importante di questo grande 2019 di 505 Games. Non vediamo l’ora di dare la possibilità anche ai fan di Nintendo Switch di giocare a Indivisible.

Indivisible rappresenta un caso di grandissimo successo per il crowdfunding, grazie al supporto di oltre 32.000 fan su Indiegogo.

UN GRAN TEAM DI DOPPIAGGIO

Questo videogioco è arricchito dalle voci di un Team di doppiatori di tutto rispetto tra cui: Tania Gunadi (DC Superhero Girls) voce di Ajna, Stephanie Sheh (Your Name., Kill La Kill) voce di Razmi, Cassandra Morris (Your Name., Persona 5) voce di Ginseng e Ben Diskin (Bloodstained: Ritual of the Night, Spider-Man) voce di Dhar.

Indivisible include anche il video di apertura e le scene di intermezzo di Studio Trigger (Kill La Kill, Little Witch Academia) e della pluri-premiata casa di animazione Titmouse (Apex Legends, Rick and Morty).

Per celebrare il lancio di Indivisible, 505 Games ha organizzato una diretta in streaming a partire dalle ore 17 (orario italiano) per raccogliere fondi per The Ablegamers Charity, che si occupa di migliorare la qualità di vita per persone affette da disabilità motorie tramite i videogiochi.

Tra gli ospiti saranno presenti il celebre influencer SanchoWest, il senior community manager di 505 Games Jason Ryan e il direttore creativo di Lab Zero Games Mariel Kinuko Cartwright. Per maggiori informazioni o per fare una donazione: https://tiltify.com/@505games/505-games-for-ablegamers.

 

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A Knight’s Quest ha una data di lancio

C’è una data di lancio ufficiale per A Knight’s Quest. Il publisher Curve Digital e lo sviluppatore Sky 9 Games annunciano che il gioco debutterà il prossimo 10 ottobre su Pc (in esclusiva) Epic Games Store, su PS4 e Switch. Il giorno dopo sarà il turno dei Xbox One. Il prezzo di questa produzione indie è di 24,99 euro.

Rusty, il protagonista di questo action platform avventuroso, non ha le caratteristiche dell’eroe provetto: è debole ed anche un po’ stupidino ma ha un buon cuore anche se è goffo. Questo suo essere maldestro avvia accidentalmente degli eventi che minacciano di distruggere il suo mondo.

A Knight’s Quest invita gli appassionati a giocare nei panni di Rusty nella sua ricerca, controllando gli elementi, schivando pericolose trappole e combattendo nemici sfidanti attraverso il fantastico mondo aperto di Regalia.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI












  • SBLOCCATE IL POTENZIALE DI RUSTY – Il nostro eroe inizia la sua avventura con solo una spada fidata e uno scudo di base, ma presto sbloccherà “Poteri spirituali”, delle abilità spettacolari che consentono a Rusty di, al tocco di un pulsante, può sfruttare i poteri di Fuoco, ghiaccio e tempo.
  • ESPLORATE REGALIA – L’avventura di Rusty lo porterà nella città deserta di Zameris, in alto sopra le Peaky Peaks carichi di neve e ghiaccio e nella Palude Maledetta, tra molti altri. Incontrerete un cast colorato di personaggi lungo la strada.
  • NEMICI MEMORABILI – Dal General Windpipe al The Watcher e molti altri ancora, il pericolo non è mai troppo lontano.
  • MOSTRATE LE VOSTRE ABILITÀ – Il combattimento è veloce e fluido con il repertorio di mosse acrobatiche di Rusty che non richiede sforzo.

A Knight’s Quest è stato sviluppato da Sky 9 Games, un nuovissimo studio con sede a Toronto, con il supporto di D3T con sede nel Cheshire, che ha precedentemente lavorato ai remaster di Shenmue, tra molti altri.

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Indivisible, nuovo trailer sul combattimento

Indivisible si mostra in un nuovo trailer che mostra le meccaniche di combattimento e le coloratissime ambientazioni di questo gioco firmato da Lab Zero Games e distribuito da 505 Games in arrivo il prossimo 8 ottobre su Pc, PS4 ed Xbox One e successivamente, entro fine anno, su Switch.

La clip è impreziosita dalle musiche di Hiroki Kikuta (Secret of Mana, Koudelka) e dalle clip disegnate da Studio Trigger (Kill La Kill) e Titmouse (Apex Legends, Rick and Morty).

Come sapete, Indivisible, realizzato dagli autori di Skullgirls, è ambientato in un vasto mondo fantasy che trae ispirazione da varie culture e mitologie. È un ibrido RPG/platform, con dozzine di personaggi giocabili e meccaniche di combattimento “party fighter”, che narra la storia di Ajna, una ragazza con un grande cuore ma con un carattere forte e dall’indole ribelle.
La sua vita viene sconvolta quando la sua città viene attaccata, risvegliando in lei un potere misterioso, l’abilità di assorbire nella sua essenza determinati individui. Decide così di intraprendere un viaggio per trovare e affrontare il Signore della Guerra che ha distrutto la sua casa, incontrando lungo il percorso vari personaggi di terre lontane che si uniranno a lei, permettendole di scoprire diversi aspetti della sua persona e del mondo in cui vive.

I BONUS PIATTAFORMA PER PIATTAFORMA

Come già accennato, il gioco sarà disponibile in versione digitale per PlayStation 4, Xbox One e PCca partire da martedi 8 ottobre. Le versioni fisiche per console PlayStation 4 e Xbox One saranno invece nei negozi di videogiochi a partire da venerdì 11 ottobre, la prenotazione del gioco darà accesso ai seguenti contenuti esclusivi:

Tutte le piattaforme:

  • Il Bonus Mascotte “Follow Me Roti!” il dolcissimo tapiro di Ajna, ti aiuterà a salvare il mondo di Loka!

Bonus esclusivi per la versione PC (via Steam)

  • Skin cosmetiche extra ispirate ad Half-Life, Portal e Team Fortress 2
  • Portal Companion Cube, ti terrà compagnia durante l’avventura nel mondo di Loka

Bonus esclusivi per la versione PC (via GOG)

  • Skin cosmetiche esclusive ispirate a GOG e ai più celebri videogiochi presenti in questo store digitale

Bonus esclusivi per la versione PlayStation 4

  • La colonna sonora digitale di Indivisible composta dal leggendario Hiroki Kikuta (Secret of Mana)
  • Skin cosmetiche extra per cambiare i colori dei personaggi

Bonus esclusivi per la versione Xbox One

  • Skin cosmetiche extra per cambiare i colori dei personaggi.

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Roofkat annuncia WarpThrough, arriverà a fine anno

Si chiama WarpThrough ed è il nuovo progetto di Roofkat. La software house indie ha annunciato che il suo nuovo gioco sarà disponibile per fine anno su Pc, via Steam ed itch.io.

Si tratta di un platform 2d in stile arcade, in cui l’obiettivo è saltare di portale in portale in alcuni livelli simili ad arene, viaggiando tra le dimensioni e cercando di ottenere più punti possibili. Nel frattempo, alcuni mostri interdimensionali compariranno nel livello e sarà meglio sbarazzarsene prima di essere circondati. Dove sta l’inganno? Si può caricare il proprio attacco solo restando fermi.

Ecco il trailer d’annuncio. Buona visione.

Gli appassionati inizieranno il gioco nei panni di Charlotte, che si risveglia una mattina solo per scoprire che diversi mostri provenienti da altre dimensioni stanno invadendo il suo mondo. Fortunatamente, suo padre Manor ha inventato una macchina per i viaggi interdimensionali.
Ma sfortunatamente, ha inghiottito anche i suoi migliori amici Three ed Ebbie, insieme al cane di Ebbie, Ball… E così Charlotte decide di raggiungere le dimensioni alternative per salvare i suoi amici ed eliminare i mostri alla fonte prima che conquistino il mondo. Una volta completato i livelli e salvato i suoi amici, questi diventeranno personaggi giocabili, ognuno dotato di poteri d’attacco unici.

WarpThrough include una campagna basata su una storia, una modalità arcade in cui i giocatori possono scegliere qualsiasi livello e personaggio sbloccato, entrambe giocabili in cooperativa locale opzionale, e una modalità sfida settimanale che metterà davvero alla prova le tue abilità.

La modalità sfida settimanale include anche classifiche online, il che significa che potrai competere con tutto il mondo per scoprire chi sarà il miglior giocatore.







Dover scegliere tra raggiungere un portale o difendere la propria posizione dai nemici significa che ogni momento di WarpThrough sarà una corsa frenetica e tattica.

Una volta caricata a dovere, Charlotte può rilasciare un pugno infuocato letale, che la scaglia in una delle quattro direzioni scelte dal giocatore. Tale mossa, combinata con un salto eseguito al momento giusto, può infliggere seri danni ai suoi avversari interdimensionali.

Three ha una potente pistola laser in grado di colpire più bersagli e annientare i mostri, anche se la sua mira lascia un po’ a desiderare… Quando Manor è carico al massimo, rilascia una scia di elettricità per intrappolare e distruggere i mostri, quindi prevenire i movimenti dei nemici è fondamentale per usare la sua abilità.

Ebbie vuole solo portare a spasso il suo cane Ball, che eliminerà tranquillamente tutti i nemici che dovesse incontrare. Dovranno fare attenzione al suo amico a quattro zampe, anche se potrebbe avere qualche difficoltà nello spostarsi, specialmente quando si addormenta…

Ramon Huiskamp, fondatore di Roofkat, ha sottolineato:

“Sono davvero felice di annunciare formalmente WarpThrough e svelare che sarà disponibile per la fine del 2019. La meccanica degli attacchi che richiede di essere fermi sovverte davvero il tipo di gameplay che ci aspetterebbe da un platform arcade. In WarpThrough restare fermi e cercare di sopravvivere nel livello è tanto importante quanto spostarsi il più velocemente possibile!”

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Trine 4, l’arte protagonista del nuovo dietro le quinte

Il publisher indie Modus Games si unisce all’autore, al direttore artistico e al vicepresidente di Frozenbyte per parlare dei retroscena, della grafica e della storia di Trine 4: The Nightmare Prince nell’ultimo video Modus Indie Access.

Guardiamo le clip esclusive direttamente da Frozenbyte Studio, per scoprire la storia della serie di Trine e tutto ciò che ha ispirato la direzione artistica del nuovo capitolo e le ambientazioni di Trine 4: The Nightmare Prince, in arrivo su Pc, PS4, Xbox One e Switch il prossimo 8 ottobre.

Nel video di oggi, sono protagonisti i concept art dei diversi giochi della serie e le creazioni a cui stanno lavorando gli artisti nello studio, daremo uno sguardo a due battaglie contro i boss di Trine 4 e scopriremo la flora e la fauna finlandesi che hanno ispirato il tutto. Ispirandosi alla meravigliosa natura della Finlandia.

Trine 4: The Nightmare Prince, con le sue ambientazioni rigogliose, garantisce un’incantevole gamma di viste mozzafiato. Tuttavia, la bellezza di queste terre piene di vita è minacciata delle evocazioni del principe Selius, che diffondono l’oscurità e riempiono tutto con la loro minacciosa presenza dalle funeste tinte violacee.

Il quarto episodio segna il ritorno della serie alle sue radici di platform a scorrimento orizzontale ed è il primo capitolo in grado di supportare squadre di quattro giocatori e cambiare i rompicapi a seconda del numero dei componenti della squadra. Gli avventurieri possono tuffarsi nell’ultimo capitolo della serie già dal giorno dell’uscita, oppure possono immergersi nella storia completa scegliendo Trine: Ultimate Collection, anch’esso in uscita l’8 ottobre che include tutti e quattro i capitoli della saga.

Qui il penultimo video-diario. Ci ha fatto conoscere i nemici ed i rompicapo che caratterizzeranno il nuovo gioco.

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Exception, la nostra Recensione Pc

Inventare qualche cosa soprattutto nel genere dei platform games è sempre complicato. Un’impresa epica praticamente. Ma anche provare a rinfrescare non è impresa certamente facile. Ed è proprio in questa seconda categoria che vogliamo inserire Exception, particolarissimo action platform firmato da Traxmaster Software che ha fatto il suo debutto su Steam, PS4, Xbox One e Switch lo scorso 13 agosto. Perché particolarissimo? Perché pur non rivoluzionando nulla (lo diciamo fin da subito), né tanto meno offre qualche cosa di mai visto… propone una sua caratteristiche peculiare. Vi invitiamo, dunque, a leggere la nostra recensione della versione Pc di Exception. Questo, inoltre, è il gioco d’esordio della software house indie fondata e capitanata da Will Traxler.

Non ci resta che augurarvi una buona lettura.

QUANDO UN VIRUS VUOL CONQUISTARE IL MONDO

Ricordate quando nel 1999 si diffuse la paura per il Millenium bug e per le sue nefaste conseguenze? Qui non si parla di bug ma di un vero e proprio virus… e questo si materializza grazie all’ingenuità di una graziosa nonnina attratta dal software gratuito. In Exception si parla di un computer infettato da un virus totalitario, il Titan, che vuole conquistare il mondo.

La sua missione inizia quando si fa installare con l’inganno sul Pc della vecchia signora di cui sopra. Il nostro compito è quello di fermare questo virus prima che il sistema crashi. E così, un semplice programma si materializza all’interno del sistema nelle vesti di un eroe “corazzato” ed armato di bastone laser per trovare gli intrusi, eliminarli e ripulire il software da queste oscure minacce. Si salva così il sistema ed il mondo. Tutto in un’unica soluzione.

UN PLATFORM ROTEANTE








Anche in sede di presentazione parlammo di platform “roteante” ed è sicuramente questa la peculiarità di Exception che ha il merito di provare ad innovare questo genere.

In ognuno dei 128 livelli (non vi scaldate, sono stage veramente piccoli) dovremo far piazza pulita dei nemici ma anche recuperare dei bytes liberi che presto si riveleranno molto importanti. Ma perché roteante? Semplice: nella stragrande maggioranza degli stage si toccheranno dei punti che cambieranno la prospettiva rimodificando il percorso da fare ma anche la disposizione dei nemici. Una sorta di effetto switch che ci permette di guardare il livello da un’altra prospettiva. Molto spesso questo cambiamento è spettacolare ma, come abbiamo descritto, non fine a sé stesso.

Troveremo nei vari mondi barriere di luce, ventole, barriere elettriche, raggi laser, piattaforme a scomparsa, mura roteanti, piattaforme che potenziano i salti e molti altri ostacoli o tipologie di “arredi” che possono complicare o favorire la nostra corsa.

UN GAMEPLAY RAPIDO E SENZA FRONZOLI…

Il gameplay di Exception è sicuramente uno dei punti forti. Il titolo firmato da Traxmaster Software dispone di un ritmo veramente alto. La velocità la fa da padrona anche perché più veloci si è, più bonus si ottengono.

È richiesta anche una buona dose di riflessi e di tempismo per andare avanti e farsi strada nei 16 capitoli che la storia offre. Velocità e precisione non sempre sono doti che si accoppiano facilmente. Anzi. In Exception serviranno entrambe. La precisione per colpire i nemici o raggiungere con un balzo un determinato punto. Se si sbaglia si rischia di essere colpiti e comunque di subire danni. Ed i nemici? Di diverso tipo: sonde, robot di ogni genere, cannoni e quant’altro, ovviamente in stile hi-tech. Ma anche le insidie delle ambientazioni sono potenzialmente letali anche al primo colpo: una caduta fuori dallo schema e si perderà la vita: pena ricominciare dall’inizio lo stage.

Peculiarità: quando si subirà un colpo, la grafica scintillante diventerà via via sempre più pixellosa ed opaca. Gradevolissima scelta.

… MA NON PER QUESTO POCO PROFONDO… ANZI

Di contro, se si sarà precisi nel colpire i nemici (di solito basterà un attacco per metterli ko) o se si sarà abili nello sfuggire alle loro grinfie e si finirà il livello in poco tempo, il gioco ci premierà. Ad ogni livello, infatti, conquisteremo, in base alle prestazioni, delle stelle che accumulate serviranno a sbloccare sei tipi di attacchi speciali. I bytes ritrovati nei vari stage (ricordate?) serviranno, inoltre, a potenziare questi attacchi. Un pizzico di RPG in un platform ricco d’azione che dà più profondità e che comunque strizza l’occhio ai classici.

In questa nostra recensione, possiamo dire che Exception offre un gameplay molto equilibrato in sostanza che abbina i salti, i riflessi, la velocità ed anche i combattimenti. Proprio su questo fronte, il gioco offre alla fine di ognuno dei 16 mondi presenti, una boss fight (o fuga da essi).

La difficoltà è crescente ma quasi mai veramente difficile con una curva molto equilibrata oggettivamente ed adatta alla stragrande maggioranza degli utenti. La sfida è interessante e superare i 128 livelli risulterà gratificante. La longevità varia tra le tre ore ad un tempo superiore. A meno che siate degli speedrunner e conosciate il gioco al millesimo. In questo caso anche due ore potrebbero bastare.

EXCEPTION È MOLTO BELLO DA VEDERE




Dal punto di vista tecnico, Exception è davvero molto gradevole. Una delle grandi peculiarità del gioco è senza dubbio l’aspetto grafico molto hi-tech. Le varie ambientazioni sembrano, a tratti, dei pezzi di scheda madre visto l’architettura dei vari stage che vanta una grafica in 2,5d.

Altra caratteristica della grafica è la palette utilizzata con colori vividi e forti, a tratti psichedelici. Per intenderci, rimanda più volte alle atmosfere di Tron o anche di Laser League. A tratti psichedelica e dal forte sapore retro-futuristico.

Spettacolari alcune animazioni, soprattutto quelle relative alla formazione dei livelli, ad inizio stage, nonché alla rotazione da una parte ad un’altra. Non mancano effetti particellari come esplosioni con tanto di scintille. Ottime anche le luci e le ombre. Inoltre, gli sviluppatori sono stati furbi: tanti livelli corti per cui è più difficile fare sbagli e si offre un gameplay fluido e rapido. In effetti il gioco non ha sbavature sotto questo aspetto. Complici anche sprites generalmente non troppo grandi anche se alcuni boss sono più ispirati di altri… e più grossi di altri.








I diversi nemici sono ben animati e piuttosto caratteristici e vari. Si apprezza, inoltre, lo stile grafico delle scene di intermezzo fumettistiche che vengono mostrate dopo aver superato i vari capitoli e che compongono la Storia, visibile tutta per intero anche separatamente. Un po’ come se si leggesse un vero e proprio fumetto disegnato con stile.

Buone le musiche synth. Circa due ore di brani ben assortiti e di buon livello firmati da artisti come Kalax e Waveshaper.

COMMENTO FINALE

Siamo arrivati alla conclusione della nostra recensione su Exception. Quello sviluppato da Traxmaster un buon gioco? Senza dubbio si. E lo è per tanti motivi: in primis per il gameplay che prova a rinfrescare i platform offrendo roteanti esplorazioni di livelli ambientati all’interno di un Pc e di un sistema corrotto dal cattivo virus Titan.

Il titolo sfrutta molto bene una storia tutto sommato semplice, con un incipit (quello della nonnina attratta dal software gratuito che ha poi involontariamente causato l’invasione del virus) piuttosto elementare e che farà sorridere soprattutto i più giovani che diranno: “ecco cosa fanno gli analfabeti funzionali”.

Exception racconta questa storia con un gameplay intuitivo, una buona sfida, ardua in alcuni punti ma non troppo complicata e mai (o quasi mai) frustante.

Spicca, inoltre, una bella realizzazione tecnica. Sono davvero pochi, infatti, gli appunti da fare anche perché il gameplay gode anche di una spruzzata RPG che permette di sbloccare attacchi (abilità) e migliorarli ulteriormente.

Forse la scelta di affrontare tantissimi stage molto corti potrebbe indispettire chi ama la continuità. Lo riteniamo un “difetto” secondario. La longevità, tutto sommato, è di buon livello per essere un platform ma è pur sempre presente un discreto fattore di rigiocabilità vista la presenza di classifiche online per ogni livello e la possibilità di raccogliere i bytes: gli oggetti da collezione che servono per potenziare i nostri attacchi sbloccati. Motivazioni che spingeranno, sicuramente, i più assidui a spingersi oltre per migliorarsi.

Insomma, è un titolo molto interessante, vecchio stile tutto sommato. Vuole rinfrescare il genere anche se non inventa nulla ed innova veramente poco salvo il roteare dei livelli e della prospettiva.

L’articolo Exception, la nostra Recensione Pc proviene da IlVideogioco.com.

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