La remastered di Sam & Max Save the World (qui la nostra recensione) è sbarcare su Switch nelle scorse settimane con una Collector’s Edition, disponibile anche per Pc. Lo studio Skunkape Games ha deciso però di rilasciare anche una demo gratuita del gioco, ora disponibile nel Nintendo eShop. I giocatori Read more…
A partire da oggi, e fino a novembre 2021, Xbox celebra i suoi 20 anni di storia con una serie di iniziative in tutto il mondo Sono partiti i festeggiamenti per i 20 anni di Xbox. Sul canale ufficiale è stata trasmessa una live dedicata ai primi venti anni della Read more…
Non si ferma il programma di retrocompatibilità di Xbox One. Larry Hyrb (in arte Major Nelson) ha comunicato su Twitter che altri tre giochi, vecchie glorie su 360 sono giocabili sulla ammiraglia Microsoft.
Si tratta di Battlestations: Pacific, FUEL e di Rayman Grafing Rabbids. Il primo titolo è uno sparatutto ambientato nella Seconda Guerra Mondiale. Il secondo è un racing game e l’ultimo è uno dei capitoli della serie action platform di Ubisoft.
Il 2019 è iniziato da pochissimo ma l’iniziativa Games with Gold non si ferma. Gli abbonati Xbox One ed Xbox 360 ricevono per questo mese di gennaio titoli importanti. Lo leggiamo da XboxWire.
Si parte con Celeste, un indie molto gettonato che sarà disponibile fino al 31 gennaio su Xbox One. Lara Croft: Guardian of Lights, invece, sarà disponibile fino al 15 gennaio su Xbox 360 con retrocompatibilità e quindi appannaggio anche degli utenti Xbox One.
Si prosegue con WRC 6, titolo sul Mondiale rally, che sarà disponibile per il download gratuito dal 16 gennaio al 15 febbraio su Xbox One.
Far Cry 2, invece, sarà disponibile dal 16 al 31 gennaio su Xbox One ed Xbox 360. Ecco il trailer di presentazione di questa tornata di titoli Games With Gold. Buona visione.
Microsoft ha svelato la lista dei giochi gratuiti appannaggio degli utenti Games with Gold previsti per agosto 2018.
Troviamo come da consuetudine due titoli per Xbox One ed altrettanti per Xbox 360 che diventano fruibili anche sulla nuova console grazie alla retrocompatibilità.
Spiccano Forza Horizon 2, racing che non ha bisogno di presentazioni, ed un altro titolo famoso: For Honor, picchiaduro firmato Ubisoft. Ecco la clip d’annuncio e di presentazione. Buona visione.
Gli abbonati Gold potranno contare quindi su:
Xbox One
Forza Horizon 2 – dal 1° al 31 agosto
For Honor – dal 16 agosto al 15 settembre
Xbox 360
Dead Space 3 – dall’1 al 15 agosto
Epic Mickey 2: The Power of Two – dal 16 al 31 agosto.
Agli occhi di un veterano dei giochi di ruolo digitali occidentali, che magari ha un’esperienza più che decennale con i titoli del genere, è forse la saga di Dragon Age quella che, più di qualunque altra (compresa la serie “sorella” Mass Effect), può mettere in primo piano i profondissimi cambiamenti intercorsi nelle filosofie di game design di questo particolare sotto-genere negli ultimi 10 anni.
Cambiamenti fatti di evoluzioni, perfino di qualche rivoluzione ma anche di una certa regressione per quanto concerne alcune peculiarità o meccaniche strutturali.
E d’altronde questo tipo di percorso, fatto di avvicendamenti nel team di sviluppo, di voltafaccia spesso all’ultimo secondo e di immancabili interferenze da parte del publisher, può essere considerabile quasi fisiologico in una serie che impiega così tanto tempo per la realizzazione e lo sviluppo di ogni suo singolo capitolo.
Ogni iterazione di questo franchise, infatti, nasce, cresce e viene data in pasto al pubblico in un ben determinato momento “storico” del genere, sottolineandone quasi programmaticamente le caratteristiche di rilievo o in corso di modifica in quel dato frangente cronologico, come una sorta di organigramma evolutivo. È davvero molto interessante studiare tutti e tre i tre capitoli della saga tenendo a mente quest’ottica e contestualizzando il tutto, di volta in volta, con lo stato precipuo del mercato videoludico nell’istante della pubblicazione, perché se ne possono ricavare in maniera naturale e assai intuitiva diversi indizi “storici” sull’evoluzione del game design di uno dei generi oggi più amati dai videogiocatori di tutto il mondo.
Pur non avendo avuto lo stesso successo, o la fama, della suddetta trilogia di Mass Effect, l’universo di Dragon Age è tuttavia riuscito a raccogliere attorno a sé una vasta schiera di estimatori, che vanno dagli appassionati della narrativa fantasy più spicciola a chi apprezza il gioco di ruolo in forma leggermente più complessa rispetto alla media del genere – quantomeno nell’ambito delle produzioni tripla A.
Ma non sono nemmeno mancate le critiche, a volte feroci, altre vote ingiustificate, ma comunque sintomatiche dell’attenzione questo franchise è riuscito ad ottenere presso il grande pubblico, capitalizzando su alcuni tratti somatici che sono ormai diventati un vero e proprio marchio di fabbrica della Bioware degli ultimi 10-15 anni: l’attenzione verso la narrazione, declinata in particolar modo nella caratterizzazione delle relazioni fra i personaggi; un universo di gioco costruito ad-hoc attorno ad una “lore” ricchissima di contenuti e materiale (sfruttando non solo la comodità del Codex, un “archivio” nozionistico interno al gioco e liberamente consultabile, ma anche le possibilità offerte da altri media come libri e fumetti); l’occhio di riguardo posto verso le tematiche LGBT, la cui proposizione all’interno delle proprie opere è da tempo (dal personaggio di Juhani in Knights of the Old Republic, in effetti) un vero e proprio vanto della casa canadese.
IN PEACE, VIGILANCE. IN WAR, VICTORY. IN DEATH, SACRIFICE
Dragon Age: Origins (3 novembre 2009) rimane, ad ogni modo, una vera e propria anomalia per i giochi di ruolo dagli elevati valori produttivi. Il suo sviluppo iniziò, addirittura, a novembre 2002, mentre il gioco vero e proprio venne annunciato solamente nel 2004. L’intervista rilasciata dal lead designer Mark Laidlaw al sito RPGFan è assai rivelatoria di un progetto cui la casa di sviluppo canadese teneva evidentemente tantissimo, tanto da prolungarne lo sviluppo per diversi anni e cambiarne in corsa svariate caratteristiche (come le eponimi “origini”, veri e propri background per i propri personaggi giocabili, passate dalle originali 12 a sole 6).
Sullo sviluppo travagliato influì anche la decisione, maturata in particolar modo dai nuovi capoccia di Electronic Arts in seguito all’acquisizione della compagnia da parte del colosso del publishing videoludico americano, di portare il gioco anche su console di settima generazione, ovvero PlayStation 3 e Xbox 360; ciò generò nuovi grattacapi per un team di sviluppo già alacremente al lavoro (nei periodi di crunch time più duri gli effettivi ammontavano a più di 180), e lo stesso Laidlaw affermò come l’elemento più insidioso risiedesse nella necessità di far uscire tutte e tre le versioni contemporaneamente, privando così il team di quel feedback che era stato necessario per realizzare a dovere il porting Pc del primo Mass Effect, nel 2008.
Indipendentemente dalle difficoltà del mastodontico lavoro, in ogni caso, la base fondante e la visione dei designer è sempre stata una sola: quella di un titolo assai vasto e multiforme, il cui compito – se non principale, sicuramente prioritario – era dare compiutamente vita e forma alla nuova IP di Bioware, con la quale la software house sperava finalmente di districarsi dalle proprie radici legate a D&D e ai Forgotten Realms per dedicarsi a progetti maggiormente personali, e probabilmente anche più gratificanti sul piano strettamente creativo.
Laidlaw, prendendo di nuovo spunto dalle sue dichiarazioni, cita più volte come autorevoli “fonti” creative e ispiratrici non solo il moderno high fantasy, sulla scia di Tolkien ed epigoni, ma anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, autore che non era allora conosciuto e osannato come adesso, eppure costituiva già un punto di riferimento imprescindibile per gli scrittori e gli artisti del team, i quali proprio sul suo stile crudo e realistico si sono basati per costruire un epos fantasy diverso e originale – quantomeno, rispetto alle ambientazioni fino a quel momento affrontate dallo studio.
Il risultato? Ebbene, in Dragon Age: Origins è presente il consueto campionario stereotipico tipico del fantasy classico, come elfi, nani, incantesimi di ogni sorta e, ovviamente, maestosi draghi (d’altronde, stanno anche nel titolo); tuttavia, il lavoro effettuato dai writers si concretizza non solo nella quasi completa rielaborazione e nel ribaltamento di alcuni stilemi del genere, ma in generale in una compiuta presentazione di un universo fantasy che, seppur magari non sufficientemente ispirato in alcune sue componenti, riesce comunque con somma facilità ad accattivarsi le simpatie del giocatore, che si ritrova presto immerso in un affascinante universo digitale costruito con una cura e un’attenzione che sfiorano il maniacale.
L’intreccio di base, e in generale la trama nel suo complesso, si presentano piuttosto derivativi, avendo come ruolo centrale la lotta di un antico ordine di guerrieri (i Custodi Grigi) contro una piaga inesorabile conosciuta col nome di Prole Oscura, la quale si è manifestata con un vero e proprio Flagello nella nazione medioevaleggiante del Ferelden. È, tuttavia, proprio in Origins, forse più che in ogni altro titolo della saga, che vengono esplorate in tutte le loro sfaccettature tutte quelle tematiche che Bioware ritiene essere le colonne portanti del suo nuovo franchise, e che ne fanno un complesso di tropi fantasy diversi dai soliti: gli elfi sono segregati in ghetti all’ombra di un dominio quasi assoluto del genere umano, ed ad essi fanno da contraltare dei volenterosi ma inefficaci ribelli chiamati Dalish; la lotta perenne dei nani contro la Prole Oscura, ma soprattutto contro le ataviche pulsioni della propria razza; l’elemento religioso e quello politico, densi di contraddizioni e magagne ricche di spunti per la narrazione; il dramma dei maghi, costretti alla prigionia dai propri stessi poteri.
Grazie all’abile mescolanza fra ambientazione e narrazione, tra solido retroterra culturale di ogni scena e senso di presenza fisico nel mondo, a tutt’oggi, Origins è quasi certamente l’opera più ruolisticamente completa di Bioware, un risultato che si deve in particolare alle multiple origini possibili per i nostri personaggi, ovvero a dei veri e propri antefatti visibili in prima persona che delineano la storia pregressa dell’avatar in questione, il suo ruolo nel mondo e la sua classe di partenza. La combinazione di razze e classi dà vita sei origini di base, suddivise in: guerriero o ladro umano nobile, mago umano o elfo, elfo di città, elfo Dalish, nano nobile e nano popolano.
Cosa importantissima, poi, esse sono direttamente giocabili e sono legate a personaggi e storie spiccatamente personali, destinati a ricomparire anche più avanti nel gioco. A ciò si aggiunge il più che discreto livello dei dialoghi, che si distinguono anche nella gamma tonale di risposte possibili e che possono presentare alcune piccole variazioni in base alla propria origine, le numerose decisioni che è possibile compiere nel corso dell’avventura (alcune piuttosto difficili moralmente), e all’assenza di un indicatore di moralità del personaggio – una scelta precisa da parte di Bioware e anche piuttosto coraggiosa, se consideriamo che proprio tale software house non si era mai particolarmente distinta nel proporre sistemi di moralità particolarmente complessi, ancorata a rappresentazioni formulaiche “buono/cattivo” dai tempi di Knights of the Old Republic.
A tutto questo si accompagna un sistema di gioco che riprende le più attempate tradizioni del genere, non disdegnando comunque un approccio sincretico tendente a riassumere – rimodernandole adeguatamente – talune meccaniche classiche, ma decisamente troppo arcaiche per essere riproposte tali e quali: Origins somiglia, così, ad un incrocio fra Baldur’s Gate 2 e il suddetto KOTOR, configurandosi come un gioco di ruolo lineare, focalizzato sulla gestione del party, gestito da un sistema di regole “simil-tabletop” semplice ma al tempo stesso in grado di fornire una discreta varietà di build e un certo grado di complessità, mai troppo astrusa. Il sistema di combattimento – che mantiene la classica formula del tempo reale con pausa tattica – riesce a raggiungere un buon equilibrio tra complessità e accessibilità, e non mancano nemmeno alcune finezze visive come delle brutali “finisher” con copiosi ettolitri di sangue versato che sottolineano, ancora di più, la crudezza del setting, forse rappresentata in maniera un po’ ingenua ma comunque volenterosa.
Alcune intuizioni di gameplay, dalle complesse tattiche impostabili per la gestione dei combattimenti da parte dell’IA, all’interfaccia pensata per passare senza soluzione di continuità dalla terza persona ad una simil-isometrica, completano un quadro generale che segna, a parere di chi vi scrive, la definitiva maturazione di Biowareper quanto riguarda il concetto “classico” di CRPG della software house canadese: quello, per intenderci, con linee di testo completamente visibili, personaggio senza voce, design tradizionale basato sui classici meccanismi di un party “alla D&D”. In effetti, proprio Origins – insieme all’espansione Awakening – potrebbe rappresentare l’ultimo esemplare di una sotto-razza specifica di giochi di ruolo che è oggi quasi del tutto scomparsa, almeno se consideriamo il solo mercato tripla A, sopravvivendo solo in epigoni finanziati tramite Kickstarter come lo splendido Pillars of Eternity.
LA GRANDE AVVENTURA DI HAWKE (E DEI SUOI AMICI)
Già con Dragon Age II (8 marzo 2011), infatti, ci troviamo davanti ad un cavallo di razza completamente differente. Ad oggi, in effetti, il capitolo di mezzo della trilogia è uno dei prodotti generalmente considerati più divisivi e controversi di Bioware, e nella stessa discussione sul titolo in questione può essere assai probabile trovare le lodi più sperticate insieme a ferocissime critiche al vetriolo.
Di certo, al contrario di quanto è avvenuto con il “rivale” Mass Effect 2, c’è che il secondo Dragon Age fin dall’inizio non partì sotto i migliori auspici: il successo di critica, pubblico e vendite dell’immediato predecessore spinse infatti il publisher Electronic Arts a maggiori interferenze nel processo creativo degli sviluppatori, spingendo maggiormente sul pedale dell’acceleratore per consegnare quanto prima possibile un seguito ad un pubblico avido di contenuti legati a questo nuovo franchise e ansioso di tornare a percorrere le lande di Thedas. Il risultato è stato un ciclo di sviluppo che lo ha visto pubblicato dopo soli sedici mesi dall’immediato predecessore, con tutto ciò che ne consegue.
In realtà Dragon Age II non parte nemmeno da cattive premesse: l’idea di base dell’intreccio è quella di seguire i destini di una famiglia di rifugiati fereldani in fuga dal Flagello del primo capitolo, i quali in seguito alle peripezie del prologo giungeranno nella città di Kirkwall, nei Liberi Confini (una regione composta da città stato immediatamente a nord del Ferelden). In tale luogo si svilupperà una vicenda incentrata particolarmente sul conflitto esplosivo tra maghi oppressi dalle proprie catene e templari (“braccio armato” della religione fittizia principale della serie) oppressori, con – nelle intenzioni degli sviluppatori, quantomeno – diverse sfumature di grigio tra le fazioni e tanto, tantissimo sangue.
Già dalle primissime fasi di gioco, tuttavia, si può percepire distintamente un diverso “feeling” rispetto alla precedente iterazione, e non sempre in positivo. Tra i primissimi cambiamenti che è possibile notare figura, nettamente e distintamente, la scomparsa delle linee di dialogo testuali classiche, sostituita da una ruota di risposte possibili che, se non si trattasse di un parto della stessa casa di sviluppo, costituirebbe nulla di meno che un plagio nei confronti di Mass Effect. Proprio come nella saga fantascientifica di Shepard e soci, il ventaglio di risposte selezionabili è limitato a tre, con le scelte posizionate in alto e in basso nella ruota che indicano, rispettivamente, un atteggiamento diplomatico e uno spietato, e l’unica differenza costituita dalla frase posta in mezzo, che denota adesso un atteggiamento non più neutrale, bensì irriverente e sarcastico da parte del protagonista Hawke.
Sì, perché un altro cambiamento sostanziale rispetto ad Origins è l’eliminazione delle variegate origini e della possibilità di selezionare una razza diversa da quella umana, sostituita ora da una figura “simil-Shepard” che se da un lato permette una maggiore integrazione con la sceneggiatura, dall’altro toglie al giocatore la libertà di scelta ruolistica che aveva contraddistinto lo splendido predecessore.
In realtà, vi è forse un’altra possibile motivazione per una tale scelta, apparentemente scellerata: la trama, infatti, si focalizza in particolar modo – come già accennato – sulle alterne fortune del protagonista e dei suoi familiari (la madre, il fratello e la sorella minori), delineando un plot che rappresenta una novità di assoluto rilievo per Bioware. Sparite sono, infatti, tutte quelle velleità da prescelto e salvatore del mondo che avevano invariabilmente determinato le precedenti sceneggiature della casa canadese, sostituite da un intreccio che preferisce piuttosto puntare i riflettori sul piano personale, focalizzandosi sull’ascesa di Hawke e degli altri componenti del suo nucleo familiare, da esiliati senza un soldo in tasca a potenti membri della classe media di Kirkwall, fino ad arrivare addirittura ad influenzare le alte sfere della politica, il tutto in un viaggio lungo una decina d’anni circa, con un pesante accento sui rapporti intimi del protagonista e dei suoi comprimari.
Sulla carta, si tratta di intenzioni senza dubbio lodevoli: un tentativo, insomma, di cambiare regime rispetto ai tropi che avevano contraddistinto le sceneggiature realizzate in quel di Bioware fino a questo momento. Il risultato? Un po’ come il titolo nel suo complesso, esso viene oggi considerato di altalenante fattura, viaggiando da un capo all’altro della qualità tra punti particolarmente ispirati, e financo pregni un pathos senza dubbio notevole, e altri momenti decisamente sottotono, di tutt’altra schiatta rispetto al livello cui la software house ci ha abituato nel corso degli anni. E anche i PNG che si possono unire al party non hanno incontrato l’unanime consenso dei fan, dato che alcuni di loro hanno dato la distinta sensazione di essere peggio caratterizzati e sfaccettati rispetto ad altri comprimari (vedasi Sebastian Vael, che guarda caso era disponibile agli acquirenti del day-one solamente tramite dlc dedicato).
Meccanicamente parlando, sebbene Dragon Age II mantenga apparentemente inalterati i punti di forza del precedente capitolo (combattimento strategico in tempo reale con pausa e tattiche personalizzabili), sussistono tuttavia delle enormi differenze concettuali e stilistiche che sono risultate invise a gran parte dei fan di Origins. Intanto, il combattimento in generale è stato reso molto più veloce e fluido nell’azione, “spettacolarizzando” (in mancanza di un termine migliore) al massimo e cercando di rimediare ad una delle critiche più frequenti rivolte al predecessore, spesso accusato di un’eccessiva legnosità. Sfortunatamente il risultato finale sfiora spesso il parossismo, con una rapidità del flusso di gioco che mal si accompagna al focus tattico che dovrebbe, in teoria, essere il vero e proprio punto di forza delle meccaniche della serie. E non aiuta il fatto che i nemici arrivano grazie ad ondate decisamente mal concepite e messe in atto, catapultandosi letteralmente sul campo di battaglia da ogni punto – invalidando così la maggior parte delle volte tutta la precedente preparazione tattica messa in atto.
I ridottissimi tempi di gestazione cui abbiamo già fatto cenno, si concretizzano, più precisamente, in un level design capace spesso di far accapponare la pelle: parliamo di dungeon ripetuti nel loro esatto layout tra una missione e l’altra, con pochissime differenze l’uno dall’altro, difetto ravvisabile in particolare nelle istanze di dungeon crawling delle missioni secondarie – fortunatamente gran parte della quest principale non soffre di questo problema. È chiaro che i designer non hanno avuto fisicamente il tempo di modellare dei livelli differenti dati i ristrettissimi tempi di produzione e lancio, cosicché la mole di contenuti narrativi del gioco (che poca cosa non è) non risulta adeguatamente supportata da un lato artistico e tecnico all’altezza
Questi difetti che abbiamo appena sottolineato, e che furono evidenziati già dalla maggior parte delle testate dell’epoca, colpirono profondamente – con tutta probabilità – gli animi di Bioware, se consideriamo che il successivo seguito adotterà alcune particolari filosofie di design proprio in risposta a tali critiche.
INQUISITION: OVVERO, UN RITORNO ALLE ORIGINI?
Con Dragon Age II avevamo deciso di provare a fare qualcosa di narrativamente molto diverso, molto più personale, qualcosa di molto più chiuso in sé stesso. Nessun prescelto, nessuna chiara minaccia che aleggia sul destino del mondo. Non credo sia stato un successo perfetto, ma quella era l’intenzione. Tutti gli altri cambiamenti percepiti, come il presunto combattimento troppo semplificato, le ondate, e tutte quelle cose… in teoria doveva trattarsi più di una evoluzione. Penso che abbiamo semplicemente fatto il passo più lungo della gamba. Ci siamo spinti troppo oltre.
Proprio a causa di Dragon Age II, Inquisition dovrà essere ancora più ambizioso, per poter affrontare queste critiche e poter davvero tornare alle radici della serie. Verterà molto di più sul combattimento tattico e su un livello più alto di difficoltà ben calibrata. Una storia più chiara, sempre con le classiche scelte morali ma narrativamente più sullo stile di Dragon Age: Origins. Avete ragione a chiedere. L’obiettivo non è mai stato quello di rivoluzionare la serie ad ogni episodio, ma Dragon Age II ci ha forzato un po’ la mano.
In effetti, queste sono state proprio le parole di Mark Darrah, produttore esecutivo di Bioware, nel corso di questa intervista con la rivista online PC Gamer. Dal tono generale del buon Darrah, si poteva distintamente capire come tutte le critiche – alcune meritate, spesso decisamente impietose, a volte feroci – rivolte a Dragon Age II abbiamo fatto seriamente riconsiderare le priorità della software house, nonché il suo rapporto con una serie che, fino a quel momento, non era mai riuscita veramente a costruirsi una propria, precisa identità, perennemente sospesa fra passato e futuro, tra velleità da gioco di ruolo dei “bei tempi andati” e istanze di modernizzazione più o meno estreme
Più in generale, però, Dragon Age: Inquisition (18 novembre 2014) arrivò proprio agli inizi di quella che oggi è la “current gen”, e si configurò fin da subito come un passo fondamentale per Bioware: un’occasione per riscattarsi agli occhi dei fan e del pubblico degli appassionati non solo di fronte all’insuccesso (oggettivo, se parliamo in termini di vendite – che non sono state soddisfacenti quanto quelle di Origins) di Dragon Age II, ma anche davanti a tutte quelle polemiche che si sono scatenate in occasione del discutissimo finale di Mass Effect 3, con tutti gli strascichi che ben conosciamo e che non abbiamo assolutamente intenzione di riprendere in questa sede.
Un nuovo inizio insomma, confermato anche dalle prime indiscrezioni, che vedevano per il titolo un design improntato all’open world più spinto, un elemento che Bioware stessa non utilizzava in una sua opera fin dai tempi del primo, seminale Baldur’s Gate, classe 1998. Altri auspici, più negativi, volevano Inquisition, come una sorta di progetto “recuperato” partendo da una prima bozza di un mmorpg ambientato proprio nel mondo di Thedas, ma tali dicerie non sono mai state esattamente confermate.
Ciò che conta è che Inquisition costituisce un vero blockbuster videoludico, in particolare se guardiamo alla quantità di contenuti ad ogni livello, sia esso narrativo o ludico. Il passaggio all’estrema libertà garantita dalle meccaniche open world – che però vero open world non sono, dato che si tratta semplicemente di gigantesche “macro-aree” – ha permesso ai designer di dare compiutamente vita alle regioni di Ferelden e Orlais, quest’ultima percorribile per la prima volta nel franchise. Il plot di base vede la riformazione dell’Inquisizione, un’organizzazione militaresca prima facente parte della Chiesa ma ora separata, sotto la guida del nostro personaggio principale, e chiamata a rispondere alla minaccia di Corypheus, un essere demoniaco che è riuscito a varcare la soglia tra il mondo reale e il Velo che separa il piano materiale da quello spirituale.
Si torna quindi non solo, come anticipato da Darrah, ad una impostazione più classicheggiante con antagonisti ben chiari e una minaccia su scala globale, ma anche ad una maggiore libertà di espressione nella creazione del proprio Inquisitore, che potrà essere a scelta umano, elfo, nano o, per la prima volta nella saga, qunari. Più in generale c’è, in Inquisition, una chiara volontà di riscatto, di ritorno in auge di quello stile tipico che ha contraddistinto le maggiori produzioni di ruolo tradizionale di Bioware: pur venendo mantenuta, per esempio, la ruota della conversazione di Dragon Age II, adesso le risposte sono più variegate nella gamma tonale e negli approcci, non disdegnando neppure alcuni battibecchi esclusivi di certe classi, razze o background. Per esempio, l’Inquisitore potrà rispondere in modo diverso se in una precedente discussione si è affermata una sua fede nel divino oppure no.
Questa benvenuta attenzione verso le parole va di pari passo con un cast di personaggi secondari semplicemente vastissimo, che comprende non solo i classici compagni di viaggio che accompagnano il giocatore nel corso delle sue avventure, ma anche una vasta serie di comprimari non giocanti che svolgeranno vari ruoli all’interno della neonata Inquisizione. Sì, perché uno dei fattori più importanti e più caratteristici di Inquisition, soprattutto rispetto agli altri episodi della serie, è rappresentato dall’avere il completo controllo della propria organizzazione, con tanto di fortezza – che risponde al nome di Skyhold – che fa da “hub” e quartier generale, all’interno della quale poter intavolare discussioni con i propri sottoposti, risolvere i dilemmi morali proposti dal proprio comando e organizzare operazioni di guerra contro le forze di Corypheus grazie al tavolo da guerra, ovvero una mappa interattiva delle regioni di gioco.
Quest’ultima rappresenta un’aggiunta che in parte si configura senza dubbio come sostanziale, dando al giocatore la possibilità di ottenere bonus di grande consistenza grazie all’invio di emissari che svolgeranno diverse missioni in “background”, magari mentre il giocatore è impegnato in tutt’altre faccende; il completamento di tali incarichi dopo un timer prestabilito offrirà ricompense di ogni sorta, che vanno dai materiali necessari per sfruttare appieno il ricchissimo sistema di crafting, a nuove voci del Codex, arrivando persino ad influenzare il corso di determinati eventi in gioco. Dall’altra parte, molti appassionati hanno ritenuto il tavolo da guerra una componente in un certo senso sottosfruttata del gioco, con conseguenze fini a sé stesse per la stragrande maggioranza delle subquest.
C’è, infatti, in Inquisition, una sorta di “doppia natura”: da un lato, la quest principale e i personaggi collegati ad essa rappresentano Bioware al suo meglio, con un intreccio ben confezionato e ricco di colpi di scena e caratteri sufficientemente sfaccettati (tranne forse per il principale antagonista) coadiuvati da un doppiaggio sontuoso e alcuni momenti contraddistinti da una sceneggiatura onestamente impressionante; non mancano neppure certi punti davvero sconvolgenti, capaci di gettare una luce completamente nuova sulla “lore” fino a quel momento prestabilita dell’universo fantasy di Thedas.
Dall’altro lato, sfortunatamente, una tale attenzione non è stata chiaramente rivolta alle quest secondarie, che spesso e volentieri si riducono in nulla di più che in una raccolta ad nauseam di svariati oggetti oppure nel percorrere in lungo e in largo le regioni di gioco alla ricerca dei punti di interesse segnati sulla mappa a mo’ di lista della spesa, nella peggiore tradizione di Assassin’s Creed e simili. La sensazione costante è che Bioware, pur avendo puntato tutto sul mondo aperto e sulla vastità delle ambientazioni, non sia effettivamente riuscita a riempirlo a sufficienza con contenuti di spessore, denotando forse la scarsa esperienza del team con questo tipo di design.
Nonostante la qualità altalenante del narrato, pad o tastiera alla mano Inquisition si dimostra fortunatamente un buon successore di Origins, dimenticando lo scellerato approccio spettacolarizzato agli scontri del precedente capitolo in favore di una mentalità spesso più ragionata, con un sistema di combattimento che riesce – anche se solo parzialmente – a ricreare il tatticismo di Origins. La varietà degli approcci è data soprattutto dalla selezione della difficoltà, con le prime due tappe dello slider dedicato che privilegiano il più puro hack & slash, mentre le altre favoriscono una maggiore attenzione strategica.
Si tratta, insomma, sempre del tentativo di raggiungere quel paventato delicato equilibrio fra azione e tattica, fra dinamismo e riflessione, che rappresenta fin dagli albori della serie un po’ il Santo Graal degli sviluppatori canadesi, e in effetti Inquisition sembra fornire, la maggior parte delle volte, un buon feedback strategico grazie alla possibilità di gestire le tattiche dei compagni e alla necessità di saper giostrare i diversi attacchi delle varie classi in modo da creare letali combo di effetti; d’altro canto, alcune meccaniche si dimostrano, di nuovo, assai deficitarie, in particolare per quanto concerne l’ingombrante e decisamente macchinosa nuova visuale tattica, che non riesce affatto a svolgere adeguatamente la propria funzione.
L’intento, chiaro e tondo, di Bioware, insomma, è quello di accontentare qualunque possibile acquirente, sia chi vagheggia un ritorno alle passate radici strategiche del genere, sia chi cerca una sorta di gioco di ruolo action un po’ più complesso della media. E se Inquisition non sempre riesce nella propria cerca, unendo come la mitica chimera queste due istanze così differenti dello stesso genere, è pur vero che si tratta comunque di uno dei tentativi più interessanti mai effettuati in questo senso.
QUALE FUTURO PER IL THEDAS?
In questo 2018 ormai inoltrato da tre mesi, è questa la domanda che più spesso si pongono gli appassionati della serie, mai come adesso così in bilico tra passato, presente e futuro.
Se, infatti, Inquisition si è dimostrato tutto sommato fruttifero a livello meramente commerciale, configurandosi come il miglior lancio nella storia di Bioware secondo gli ultimi report, è anche vero che la débâcle di Mass Effect Andromeda – più sul piano della reputazione della software house piuttosto che sulla qualità vera e propria del titolo in questione – ha ridimensionato in più di un verso la storica casa canadese, ora impegnata con una scommessa: il mastodontico e complessissimo progetto Anthem.
Ad ogni modo, la serie Dragon Age, pur con i suoi alti e bassi, rimane comunque un vero punto di riferimento tripla A per gli appassionati del gioco di ruolo più tradizionale, e questo nonostante le ibridazioni che si sono susseguite nel corso delle varie iterazioni.
Ben pochi altri titoli di questo genere, d’altronde, possono vantare la stessa attenzione verso i caratteri dei personaggi e verso le storie intime, seppur virtuali, proposte dalle vicende narrate, da sempre vero marchio di fabbrica della casa; il tutto, naturalmente, insieme ad un universo digitale creato da zero, sempre coerente con sé stesso e affascinante nei suoi principi fondamentali, tra magia e intrighi politici, mitologia e cultura approfondite e dettaglio sempre nulla di meno che maniacale.
Tom Clancy’s Splinter Cell Conviction, si unisce al programma di retrocompatibilità di Xbox One. Il titolo firmato Ubisoft è infatti disponibile per la nuova ammiraglia Microsoft. Inoltre, da oggi fino al 12 febbraio sarà possibile acquistare Splinter Cell Conviction su Xbox Live con il 50% di sconto. Anche altri celebri giochi della casa francese saranno disponibili con sconti fino al 70%.
I giocatori che già possiedono la versione Xbox 360 possono utilizzare anche il proprio disco di Splinter Cell Conviction su Xbox One.
Gli appassionati possono, così, scoprire o riscoprire le avventure di Sam Fisher nel quinto episodio della celebre serie di azione furtiva. In Tom Clancy’s Splinter Cell Conviction, le regole sono cambiate, in quanto la trama prende una piega decisamente drammatica, che reinventerà per sempre il franchise. Sam Fisher, ora diventato un “fuorilegge” e senza i suoi fidati gadget, deve lottare contro il tempo per impedire un complotto terroristico mortale che minaccia milioni di persone.
Combinando alcuni miglioramenti rivoluzionari nell’esperienza di gioco con una trama adrenalinica e senza esclusione di colpi, Tom Clancy’s Splinter Cell Conviction ti consente di utilizzare alcune nuove armi altamente tecnologiche e le abilità letali di un agente segreto, invitandoti a entrare in un mondo pericoloso, dove la giustizia segue solo le proprie regole.
Non si ferma l’iniziativa Games with Gold rivolta agli utenti con abbonamento Gold ad Xbox Live. Microsoft ha annunciato i titoli gratis per gennaio 2018.
L’anno nuovo inizia con l’action gdr The Incredible Adventures of Van Helsing III, per Xbox One dall’1 al 31 gennaio.
Zombi sarà disponibile dal 16 gennaio al 15 febbraio su Xbox One.
Tomb Raider Underworld sarà appannaggio degli abbonati Xbox 360 e, grazie alla retrocompatibilità, anche su Xbox One dall’1 al 15 gennaio prossimi.
Army of Two si potrà scaricare dal 16 al 31 agosto su Xbox 360 ed Xbox One.
Metà settembre è praticamente dietro le porte e come da tradizione Konami pubblica la sua visione calcistica. Ecco quindi che da qualche giorno PES 2018 è presente sul mercato, disponibile per gli appassionati sportivi di Pc, PS4, Xbox One, PS3 ed Xbox 360.
Ed in tanti si fanno la solita domanda, diventata ormai di rito: PES o Fifa? Due versioni differenti di vedere il calcio che hanno, da ormai tre lustri, iniziato un dualismo in questo campo capace di dividere la critica e, soprattutto, il pubblico in due.
Domandandoci intimamente anche noi questo, abbiamo giocato la versione Pc di PES 2018 che Konami ha finalmente reso uguale sotto ogni punto di vista alle controparti PS4 ed Xbox One. Ne saranno felici gli utenti Windows che finalmente possono godere di una versione a livello tecnico di spessore. Non a caso nelle scorse settimane, lo stesso Adam Bhatti, uomo chiave del team di sviluppo, aveva commentato il fatto di una spinta verso l’alto (e di una conseguente differenza marcata rispetto all’edizione dello scorso anno) dei requisiti minimi per Pc.
Bando alle ciance, allacciamo gli scarpini e scendiamo in campo. Ecco la nostra esperienza.
LICENZE COSI’ COSI’, TANTISSIMI CONTENUTI
Partiamo subito parlando dei contenuti e delle licenze. PES 2018 può vantare tantissime modalità e competizioni. Vi assicuriamo che non vi annoierete. Ed è sicuramente uno dei punti forti del gioco. Come da tradizione, sarà possibile cimentarsi nel Campionato Master che ci permette di creare il nostro alter ego allenatore e fargli gestire una squadra.
Starà a noi decidere se iniziare con le rose reali o con il gruppo degli undici dell’Ave Maria così scarso, ma così scarso che una squadra da oratorio farebbe meglio. Scegliendo la seconda opzione naturalmente faticheremo di più anche perché ci saranno tantissime cose da migliorare in tempi relativamente brevi. Per intenderci la modalità era famosa grazie a giocatori fittizi entrati nell’immaginario collettivo e nel cuore di tanti appassionati: Minanda, Ivarov, Castolo, Epsimas e così via. Il tempo è passato anche per loro e questi sono stati sostituiti con altri giocatori meno carismatici e, se possibile, ancora meno dotati di tutto lo scindibile calcistico. Ritroveremo, perché probabilmente in Konami hanno pensato ad una sorta di – giusta – continuità, alcuni di questi brutti ceffi nelle vesti agenti nella modalità MyClub che andremo a descrivere dopo.
Il Campionato Master è sostanzialmente simile a quella amata Master League che ci ricordavamo anche negli anni passati e che i giocatori hanno amato. Una bella modalità, a nostro avviso, che permette una bella sfida e la possibilità di far crescere un club fino a farlo diventare un team di livello mondiale grazie non solo ai miglioramenti ma anche al calcio mercato. Gli osservatori aiuteranno molto per andare a scovare quei talenti necessari, magari a basso costo, che permettono poi di cominciare ad avere una squadra di calciatori anziché di bidoni con gli scarpini e maglietta. E lo fanno secondo diverse loro competenze per “area” (ad esempio sceglieranno i Europa piuttosto che in Sud America) o per posizione o seguendo alcuni nostri dettami come ad esempio l’attenzione nel trovare calciatori in grado di poter limare i punti deboli della rosa. O cercando in base all’età ed altri parametri da scegliere. Il tutto comincia ad essere familiare ma al tempo stesso esaltante.
Parliamo rapidamente della modalità MyClub che permette di gestire una squadra in una maniera che ricorda parecchio la FUT di Fifa. Qui non ci sono carte ma si basa tutto sull’affrontare tornei, guadagnare punti o monete virtuali da spendere per acquistare agenti sempre più talentuosi in grado di “aprirci” fette di mercato di livello ed arricchire la nostra squadra. Non servirà soltanto avere giocatori di alta valutazione ma questi devono anche essere a loro agio col modulo proposto dall’allenatore e devono amalgamarsi tra di loro. Giocando si trovano le alchimie giuste. Ad aiutarci un’ottima interfaccia sulla gestione del nostro team che ci permette anche di evitare eventuali errori di formazione: evidenziando un nostro calciatore, infatti, vedremo subito diversi dati come ad esempio un immediato confronto con i panchinari e se lo spostassimo di posizione anche la variazione (in positivo o in negativo) che avrebbe. Si evince subito l’opportunità o meno di cambiare formazione.
Ad ogni modo il dettaglio che maggiormente lo differisce rispetto alla Ultimate Football Team sta nel fatto che i giocatori non solo miglioreranno gli ingranaggi ma miglioreranno anche le loro caratteristiche. Vincendo le prime partite, i primi tornei, leghe e competizioni sarà possibile ottenere premi utili da investire nel mercato sia lato giocatori, sia lato allenatori e così via.
E’ possibile anche aggiungere la presenza di calciatori storici (leggende) e speciali. Di che parliamo? Beh, Maradona è presente e dopo aver trovato finalmente un accordo soddisfacente per entrambe le parti (Konami-Pibe de Oro) lo si può acquistare e schierarlo con enorme ed incommensurabile piacere assieme ad altre stelle del passato nella vostra formazione Master. Troviamo tantissime leggende del calcio: Ian Rush, David Beckham e tantissime altre. Mentre è possibile ingaggiare, e giocarci contro anche, Usain Bolt. Si, non avete letto male, l’ormai ex velocista primatista del mondo nei 100 e 200 metri nonché nella staffetta 4X100 ed universalmente riconosciuto come l’uomo più veloce del mondo è un calciatore di PES 2018. Ovviamente il più veloce e con una valutazione generale di 75… forse un po’ troppo visto che, si, sarà l’uomo più veloce della Terra e del Sistema Solare… ma oggettivamente dubitiamo fortemente delle sue doti calcistiche per quanto sia un “Ambassador” del gioco.
Anche in PES 2018 non manca la modalità Diventa un Mito, equiparabile per intenderci alla Carriera (non tanto a The Journey che è più una modalità “Storia”) della serie Fifa. Qui creeremo il nostro calciatore facendolo iniziare da zero nel tentativo di imporci per conquistare prima la panchina, poi qualche scorcio di partita e diventare via via un calciatore sempre più forte, costante e decisivo.
Basterebbero queste tre modalità per essere contenti ma a queste si aggiungono la possibilità di giocare campionati nonché di partecipare a competizioni su licenza. La Uefa Champion’s League è senza dubbio la più prestigiosa ma c’è anche il corrispettivo asiatico (L’AFC) nonché la Europa League ed alcuni campionati nazionali (le prime due serie inglesi, italiane, francesi, spagnole ed alcuni campionati esotici quali quello brasiliano, cileno e di altre nazioni sudamericane).
Parliamo, adesso, del fronte licenze, un fronte quasi deficitario per PES 2018 con la mancanza, nonostante tutto, di licenze importanti. Se da un lato, Konami, ha tenuto la titolarità di competizioni importanti quali quelle sopracitate, sul fronte campionati e squadre il discorso cambia diametralmente.
Per chi vi scrive non è un grandissimo difetto perché il gameplay rimane identico ovviamente anche comprendiamo che per molti potrebbe essere un problema. Si può ovviamente editare tutto e mettere a posto la situazione. Sono presenti partnership particolari con Barcellona, Liverpool, Fulham, Borussia Dortmund, Atletico Madrid, Valencia ed anche Inter, nonché accordi con le federazioni di Argentina, Cile ed altre federazioni ma questo potrebbe non bastare a chi fa delle licenze un punto importante. In Italia diciannove squadre su 20 della nostra Serie A sono con licenza, manca la Juvenuts. La Premier League, ad esempio, ha tutto il contrario: l’Arsenal ed il Liverpool ci sono, ma le altre 18 formazioni (compreso il Chelsea campione d’Inghilterra in carica, qui London FC) hanno nomi fittizi.
Troviamo, infine, per concludere il discorso modalità e contenuti, varie coppe internazionali dedicate alle Nazionali (i vari campionati continentali, nonché la Konami Cup), e tante altre modalità online, per la cooperativa e la PES League.
Un piatto davvero ricco che se non altro a livello contenutistico si fa tutto sommato rispettare. Campionato Master, MyClub e Diventa un Mito sono, a nostro avviso, le parti contenutistiche più di peso e divertenti del gioco in singleplayer.
GAMEPLAY INTERESSANTE CHE SA’ DI RITORNO AL PASSATO
Pad alla mano, PES 2018 può contare tante frecce nella sua faretra. Il gameplay è piuttosto fluido con una buona intelligenza artificiale sfoggiata dalla CPU e livelli di difficoltà ben strutturati.
Tra le caratteristiche del nuovo Pro Evolution Soccer svetta il Real Touch + che potenzia quanto fatto lo scorso anno. Ne nasce un buon mix tra veridicità nel controllo di palla che è completamente diverso a seconda del giocatore. E non solo per quanto riguarda le doti tecniche dell’atleta ma anche per quanto concerne la struttura del fisico. In sostanza un giocatore alto avrà più difficoltà a muoversi nello stretto ed in velocità piuttosto di uno brevilineo alla Iniesta, per intenderci.
In compenso lotterà bene di gomito permettendo magari una maggiore efficacia nei contrasti aerei e favorendo le azioni di sponda per i compagni di squadra. Anche Ibrahimovic, per esempio, può avere difficoltà nel controllo che si traducono non tanto nel trattare la sfera a livello tecnico quanto una maggiore propensione da parte dei difensori a contrastarlo con successo. Se, però, lo svedese dovesse addomesticare la palla sarebbe comunque difficile togliergliela. Stesso dicasi per i tiri. Se il buon Zlatan o un campione del suo calibro dovessero essere leggermente liberi da marcature o trovare spazio davanti a se, il tiro a rete potrebbe essere una stoccata vincente in diverse occasioni. Ed il discorso si può applicare all’inverso per chi punta su giocatori dalla fisicità eccelsa ma che in compenso abbiano un tasso tecnico eccellente. Iniesta, Messi e Verratti, ad esempio, con spazio davanti possono trovare la via della rete in tutti modi possibili ed immaginabili più uno come nemmeno Harry Potter.
Questo rende il gameplay interessante con contrasti veritieri e verosimili e battaglie per il possesso del pallone interessanti e combattute. Bene anche sul fronte passaggi con la possibilità di creare trame di gioco spettacolari ed al tempo stesso efficaci… a patto di avere gli atleti adeguati.
Il pressing, come nel calcio moderno, sarà molto importante perché rende il tutto più difficile: anche i passaggi più semplici possono essere un incubo ed in fase di tiro, le bordate possono essere strozzate con risultati disastrosi da farci tornare in mente gli archivi di Mai dire gol.
Se si hanno gli squadroni, leggasi Barcellona, PSG, e se si affrontano squadre di seconda fascia, tutto diventa estremamente semplice anche con tiri con azioni ai limiti dell’impossibile nonostante la fisica rimanga credibile. Ma col pressing precedentemente spiegato, anche queste squadre fenomenali possono essere messe alle corde a patto di essere costanti per tutti i novanta minuti di gioco.
Generalmente, comunque, si possono costruire azioni belle e credibili con tutte le squadre ed a tutti livelli di difficoltà ma grazie alla fisica implementata ai giocatori ed a ritmi lenti (la velocità della partita si può comunque cambiare tramite apposita opzione, ndr) tutto ci sembra ancora più verosimile. Stesso discorso vale per il pallone con tiri, passaggi e deviazioni che offrono un comportamento che può ritenersi veritiero soprattutto sull’asciutto. Sul bagnato, invece, il discorso peggiora perché non sempre tali comportamenti sono adeguati. I rimbalzi che dovrebbero essere irregolari a volte non differenziano troppo da quelli su campo asciutto. Peccato perché il più delle volte sembra che la pioggia sia solo estetica e nient’altro.
Ad ogni modo sembra di essere tornati indietro a qualche anno fa anche per una velocità di gioco compassata che permette ragionamenti tattici ed uno svolgimento di partite divertenti. Ricorda a tratti PES 5 che per quanto ci riguarda è uno dei titoli calcistici migliori di sempre in quanto a credibilità della fisica e del gameplay. In sostanza, i vecchi “binari” che affliggevano gli ultimi capitoli della serie stanno scomparendo lasciando spazio ad una libertà d’azione sempre più ampia.
Insomma, PES 2018 fa un interessante passo in avanti offrendoci grande soddisfazione nella costruzione delle azioni di gioco ed anche delle finalizzazioni in senso lato. I tiri, infatti, spesso e volentieri sono ribattuti dagli avversari (abili anche ad intercettare i passaggi) ma anche dai portieri. Gli estremi difensori ci sono sembrati davvero bravi e con movenze spettacolari. Mai come nel recente passato, infatti, PES 2018 propone portieri così attenti. Certo, anche loro ogni tanto subiscono degli abbagli. Ma se agli inizi della Master League, ad esempio, riuscite ad avere un portiere di medio livello come nel nostro esempio lo è stato Fiorillo, vedrete netti miglioramenti rispetto a prima e sicuramente parate importanti e generalmente una migliore sicurezza tra i pali. Non miracoli come ad esempio li compiono i portieri di levatura internazionale, ma un dignitoso numero uno capace di evitare figuracce nella maggior parte dei casi e di portare a casa l’imbattibilità in partite di categorie minori. In sostanza i portieri ci sono piaciuti davvero tanto soprattutto anche a livello di animazioni, per la varietà e qualità di interventi in grado di fare. Segnare sarà una soddisfazione, subire un gol, di contro, può essere attribuito il più delle volte a nostre sbavature difensive piuttosto che alle doti statuarie dei nostri guardia pali.
Sembra che Konami abbia, finalmente, ritrovato la luce e proposto un gameplay profondo, vario, facile da imparare ma difficile da padroneggiare come nella migliore delle tradizioni videoludiche. Non ci troviamo di fronte ad un titolo perfetto (alcuni fraseggi, ad esempio, ci sono sembrati inverosimili così come alcune conclusioni al volo benché il Barcellona sia una squadra di marziani) ma sicuramente la profondità del gameplay ci rinfranca ed offre una bella sfida anche a livello tattico. Le variazioni, infatti, saranno utili a migliorare i nostri automatismi ed a contrastare in modo utile la squadra avversaria. Questo aiuterà a migliorare la qualità del nostro gioco limando ulteriormente i punti di forza che ci permettono di rendere al meglio. Di contro, se si dovessimo fare degli errori di valutazione, esporremmo il fianco agli attacchi degli avversari con conseguenze potenzialmente disastrose.
GRAFICA DETTAGLIATA E PULITA, BUONA SOUNDTRACK, TELECRONACA DA RIVEDERE
Ma la versione Pc di PES 2018 come è graficamente? Anche questa è una domanda che in molti si sono fatti. Finalmente, dopo anni di incomprensibile dualismo nell’uscita del gioco, quest’anno gli utenti Windows possono esultare.
Il Fox Engine, il motore che muove tutto il gioco, è sfruttato molto bene con una fluidità ed un dettaglio da applausi. I giocatori famosi sono veramente ben riprodotti. Non è una novità perché questo engine in passato ha fatto faville anche su PS3 ed Xbox 360 quindi non è difficile intuire come anno dopo anno la riproposizione in game di calciatori famosi sia ormai una sfida sempre meno impossibile da portare avanti con successo.
Belli anche gli stadi con tantissimi particolari ben realizzati. Non ci sono molti impianti su licenza ma anche quelli fittizi sono davvero belli. I dettagli del campo sono tanti anche se probabilmente si sarebbe potuto fare meglio su alcune cose. A volte, infatti, si ha la sensazione che tutto sia troppo, troppo, pulito.
Per il resto nulla di grave di negativo da segnalare. Luci ed ombre ben riprodotte, l’effetto pioggia è ben reso e sono presenti alcune chicche (come in passato) leggasi il fiato dei calciatori. Ottime, invece, le animazioni al punto da rendere riconoscibili alcuni particolari giocatori. Splendide quelle dei portieri e gradevoli le animazioni pre partita di taglio “televisivo”. Ottimi anche i replay.
I calciatori meno famosi, però, sono meno dettagliati ed alcune loro movenze sarebbero potute essere più rifinite.
Ci è molto piaciuta la lista delle canzoni presenti. Non tantissime ma tutte azzeccate. Brani di artisti come Bruno Mars, Linkin Park ed altri artisti molto esplosivi e piacevoli da ascoltare durante le nostre attività all’interno del gioco o tra la visione di un gol e l’altro.
Solo sufficiente, ma nulla più, la telecronaca affidata alla coppia Caressa-Marchegiani. Dopo non più di cinque partite, infatti, le frasi cominceranno a riecheggiare con ripetitività preoccupante. Ma questo potrebbe anche essere superato. Manca, a tratti, anche la precisione: in sostanza qualche volta quello che dicono non c’entra molto con quanto succede in campo. Diciamo che nel 2017 questo aspetto del gioco si dovrebbe cominciare a curare con maggior cura. Per fortuna, l’atmosfera stadio è ben ricostruita in tutto e per tutto.
Ah, ultimo dettaglio: le attese nei caricamenti. Sono tante e frequenti. A volte spezzano il ritmo di quello che stiamo facendo.
COMMENTO FINALE
PES 2018 è senza dubbio un gioco di calcio da provare ed in grado di offrire divertimento. Apprezzabilissimo dal punto di vista dei contenuti con tantissime modalità sia per giocatore singolo che per il multiplayer davvero interessante. Campionato Master, MyClub su tutte ci fanno divertire per la loro profondità. Bene anche Diventa un Mito per chi vuole crescere il proprio giocatore dal nulla e farlo diventare una stella paragonabile ai vari Ronaldo, Messi e compagnia bella. I perfezionisti si lamenteranno molto per la mancanza di licenze ufficiali di squadre e contenuti cruciali. Appaiono limitate e mal distribuite quelle presenti. Si ha la Champions ma non la Juventus ad esempio e quasi tutta la Premier League è fittizia (non i suoi giocatori ovviamente).
Dal punto di vista del gameplay, PES 2018 ci è sembrato piuttosto maturo con una riproposizione delle partite assolutamente credibile. Controllo di palla fisico molto interessante ed una buona fluidità e credibilità per quanto concerne passaggi, tiri e contrasti. Peccato che sotto l’acqua la situazione non cambi troppo facendo apparire la pioggia come un elemento meramente estetico e nulla più. I portieri sono una nota positiva: davvero bravi.
Dal punto di vista tecnico, salvo qualche sbavatura e quella sensazione, a volte, di “troppa pulizia”, il gioco si comporta bene. Grafica interessante ed a tratti anche spettacolare grazie ad un Fox Engine sempre efficace e di impatto. Insomma, rallentando i ritmi, agendo sulla fisica e sul fisico nonché sul gameplay, rendendo i portieri attenti ed offrendo buoni contenuti, PES 2018 si propone come ad essere uno dei titoli sportivi di questo 2017 da tenere d’occhio. Anche, finalmente, dagli utenti Pc.
Pregi
Gameplay, finalmente, di buonissimo livello. Divertente e profondo. Tante modalità tra vecchie e nuove. Tecnicamente finalmente all’altezza della controparte su console. Graficamente a tratti notevole. Fluido. Buona colonna sonora.
Difetti
C’è qualche lieve pecca nel gameplay. Caricamenti frequenti e lunghetti. Bello da vedere ma a tratti “troppo pulito”. Licenze, queste sconosciute (non influisce sul voto). Telecronaca migliorabile.
La modalità The Journey si mostra in questo nuovo video su Fifa 18. EA Sports ha pubblicato nelle scorse ore la clip intitolata “Il Viaggio: Il Ritorno di Hunter” per presentarci la seconda stagione di questa modalità “storia” molto apprezzata in Fifa 17 e riproposta, con alcune novità, anche nel nuovo episodio calcistico in arrivo il 29 settembre su Pc e console.
Alex Hunter, in questa stagione, sarà conteso da club importanti quali Atletico Madrid, Bayern Monaco e PSG. Ovviamente dovrà prendere decisioni difficili.
Nel cast troviamo autentiche star del calcio quali Cristiano Ronaldo, Antoine Griezmann, Thomas Müller, Thierry Henry e Rio Ferdinand, ma ci sarà anche un cameo di James Harden, il giocatore NBA in forza agli Houston Rockets.
Ricordiamo che la modalità “Storia” è stata aggiunta anche negli altri titoli sportivi di Electronic Arts. Ed ora, spazio alla clip di un minuto e mezzo. Buona visione.
Konami ha annunciato la propria intenzione di dare al pubblico la possibilità di provare di persona alcuni dei suoi titoli alla prossima Gamescom 2017, la fiera specializzata di settore che si terrà dal 22 al 26 agosto. Nello specifico, i titoli portati in fiera in versione giocabile dall’editore nipponico saranno PES 2018 e Metal Gear Survive. Il primo – promette Konami – “conterrà più miglioramenti rispetto a qualunque altra versione di PES degli ultimi 10 anni“, grazie ad un nuovo sistema di illuminazione e all’attenzione posta verso la completa ricreazione digitale delle varie competizioni calcistiche mondiali.
Per quanto riguarda invece Metal Gear Survive, il gioco – spin-off della celebre saga di Kojima annunciato proprio alla Gamescom dell’anno scorso – offrirà un gameplay caratterizzato da un misto di azione e stealth, con in più nuove meccaniche di esplorazione e sopravvivenza con l’introduzione di una inedita modalità cooperativa fino a quattro giocatori.
PES 2018 è previsto su Pc, PlayStation 4, Xbox One, PlayStation 3 e Xbox 360 per il prossimo 14 settembre, mentre Metal Gear Survive sarà disponibile per le stesse piattaforme sopracitate (fatta eccezione per quelle della generazione scorsa) ad inizio 2018.
EA Sports è stata di parola pubblicando il primo trailer di Fifa 18 ed alcune informazioni interessanti tra cui la data di lancio. Il nuovo capitolo della serie calcistica uscirà il 29 settembre prossimo su Pc, PlayStation 4, Xbox One, PlayStation 3, PlayStation 3 e Nintendo Switch.
Uomo-copertina sarà Cristiano Ronaldo, splendido protagonista della recentissima finale di Champions League vinta dal suo Real Madrid per 4-1 sulla Juventus grazie anche ad una sua doppietta che ha permesso agli uomini di Zidane di conquistare la loro dodicesima Coppa.
Come spinta innovativa in Fifa 18, i dati di Cristiano Ronaldo sono stati recentemente registrati durante una sessione di allenamento in uno studio mobile EA Motion Capture a Madrid. La registrazione riguarda l’accelerazione del Pallone d’Oro, il suo stile di corsa, le sue abilità e tecnica di tiro hanno permesso di conferire veridicità al suo aspetto e personalità nel gioco. I suoi dati hanno anche caratterizzato importanti elementi del gameplay inclusi la fluidità, il dinamismo del giocatore e l’esplosività.
I fan potranno scoprire che innovazioni ha portato Ronaldo in Fifa 18 sintonizzandosi su EA PLAY il 10 giugno alle 21 italiane su EA.com. Ecco il trailer d’annuncio.
«Il miglior giocatore del mondo ha contribuito a far compiere il più grande passo in avanti che abbiamo mai fatto – ha dichiarato Aaron McHardy, senior producer di EA SPORTS Fifa – siamo davvero entusiasti di collaborare con Cristiano – lavorare con lui ci ha insegnato molto sul suo stile di gioco unico e su cosa lo renda così speciale. La sua passione, energia e la fanbase globale lo rendono il perfetto ambasciatore di Fifa 18».
Cristiano Ronaldo ha detto:
«É un grande piacere essere sulla cover di Fifa 18. È una grande emozione e sono felice di essere stato scelto».
Attaccante di Real Madrid C.F. e della nazionale portoghese, Ronaldo è spesso classificato come il miglior giocatore del mondo ed è ampiamente considerato uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi. Ronaldo è stato nominato Miglior Giocatore della stagione Fifa nel 2016 e recentemente ha segnato il suo 100° gol nelle competizioni europee, il primo giocatore di sempre a riuscirci. È il calciatore che vanta più presenze con la nazionale portoghese, 138, e il miglior marcatore di tutti i tempi con la maglia del Portogallo. Ha anche vinto l’ambito Ballon d’Or e la Scarpa d’Oro tra la moltitudine di altri riconoscimenti.
Gli abbonati EA Access e Origin Access riceveranno uno sconto del 10% all’acquisto di una versione digitale di Fifa 18 su Xbox Live e Origin.
Microsoft ha ufficializzato nelle scorse ore la lista dei giochi gratuiti in offerta come parte del programma Games With Gold per Xbox One ed Xbox 360.
Ecco il video di presentazione al quale seguirà la lista dei titoli di maggio 2017.
La retrocompatibilità da Xbox One è stata introdotta nel novembre del 2015. Questa importante caratteristica permette di poter giocare sulla nuova ammiraglia i titoli Xbox 360. Bene, ad un anno e mezzo, Gamespot ha diffuso l’elenco aggiornato a due giorni fa dei giochi disponibili. Un piccolo ma importante punto della situazione.
La lista è lunga con circa 350 giochi come Microsoft aveva promesso. Il colosso di Redmond sta ancora lavorando per continuare a portare i vecchi giochi Xbox 360 su Xbox One. Avete riassaporato qualche titolo?
Ecco i giochi:
A Kingdom for Keflings
A World of Keflings
Aegis Wing
Age of Booty
Alan Wake
Alan Wake’s American Nightmare
Alice: Madness Returns
Alien Hominid HD
Altered Beast
Anomaly Warzone Earth
Arkanoid Live
Army of Two
Assassin’s Creed
Assassin’s Creed II
Assassin’s Creed Revelations
Assassin’s Creed Rogue
Asteroids & Deluxe
AstroPop
Aqua
Babel Rising
Banjo Kazooie: Nuts n Bolts
Banjo Tooie
Banjo Kazooie
Battlefield: Bad Company 2
Battlefield 3
BattleBlock Theater
Battlestations: Midway
Bayonetta
Beat’n Groovy
Bejeweled 2
Bejeweled 3
Bellator: MMA Onslaught
Beyond Good & Evil HD
Bionic Commando Rearmed 2
BioShock
BioShock 2
BioShock Infinite
Bloodforge
Blood Knights
Blood of the Werewolf
BloodRayne: Betrayal
Blue Dragon
Bomberman Live: Battlefest
Boom Boom Rocket
Borderlands
Borderlands 2
Bound by Flame
Braid
Brain Challenge
Bully: Scholarship Edition
Burnout Paradise
Call of Duty 2
Call of Duty 3
Call of Duty: Black Ops
Call of Duty: Black Ops 2 (aggiunto l’11 aprile 2017)
Call of Duty: World at War
Call of Juarez Gunslinger
Capcom Arcade Cabinet
Carcassonne
Cars 2
Castle Crashers
Castlestorm
Castlevania: Symphony of the Night
Catherine
The Cave
Centipede & Millipede
Civilization: Revolution (aggiunto il 4 aprile 2017)
Clannad
Comic Jumper
Comix Zone
Condemned
Counter-Strike: Global Offensive
Crazy Taxi
Crystal Quest
Crystal Defenders
Dark Souls
Dark Void
Darksiders
Darksiders II
Daytona USA
de Blob 2
Dead Rising 2: Case West
Dead Rising 2: Case Zero
Dead Space
Dead Space Ignition
Deadliest Warrior: Legends
Deathspank: Thongs of Virtue
Defense Grid
Deus Ex: Human Revolution
Deus Ex: Human Revolution Director’s Cut
Dig Dug
Dirt 3
Dirt Showdown
Discs of Tron
Disney Castle of Illusion Starring Mickey Mouse
Domino Master
Doom
Doom II
Doom 3: BFG Edition
Doritos Crash Course
Double Dragon: Neon
Dragon Age: Origins
Dragon’s Lair
DuckTales Remastered
Duke Nukem: Manhattan Project
Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara
Dungeon Siege III
E4: Every Extend Extra Extreme
Earthworm Jim HD
Eat Lead: The Return of Matt Hazard
The Elder Scrolls IV: Oblivion
Encleverment Experiment
Escape Dead Island
Fable II
Fable III
Faery: Legends of Avalon
Fallout 3
Fallout: New Vegas
Far Cry 3 (aggiunto il 30 marzo 2017)
Far Cry 3 Blood Dragon
Feeding Frenzy
Feeding Frenzy 2
Final Fight: Double Impact
Flashback
Flock
Forza Horizon
Fret Nice
Frogger
Frogger 2
FunTown Mahjong
Galaga
Galaga Legions
Galaga Legions DX
Garou: Mark of the Wolves
Gatling Gears
Gears of War
Gears of War 2
Gears of War 3
Gears of War: Judgment
Geometry Wars: Retro Evolved
Ghostbusters
Ghostbusters: Sanctum of Slime
Golden Axe
Go! Go! Break Steady
Grand Theft Auto IV
Grid 2
Gripshift
Guardian Heroes
Gunstar Heroes
Guwange
Gyromancer
Half-Minute Hero: Super Mega Neo Climax
Halo: Reach
Halo: Spartan Assault
Halo Wars
Hardwood Backgammon
Hardwood Hearts
Hardwood Spades
Haunted House
Heavy Weapon
Hexic 2
Hexic HD
Hitman: Absolution
Hydro Thunder
I Am Alive
Ikaruga
Injustice: Gods Among Us + disc-only Ultimate Edition
Insanely Twisted Shadow Planet (aggiunto i 4 aprile 2017)
Microsoft ha ufficializzato la quartina dei giochi gratuiti per gli abbonati Gold di Xbox per l’iniziativa Games With Gold.
Si tratta di:
Ryse: Son of Rome (Xbox One) – dal primo al 30 aprile
The Walking Dead: Season 2 (Xbox One) – dal 16 aprile al 15 maggio
Darksiders (Xbox 360 e Xbox One) – dal primo al 15 aprile
Assassin’s Creed Revelations (Xbox 360 e Xbox One) – dal 16 al 30 aprile
Ricordiamo che avete ancora tempo per scaricare gratuitamente i giochi messi a disposizione a marzo, ovvero Evolve per Xbox One, che rimarrà a disposizione fino al 15 aprile, ed Heavy Weapon per Xbox 360, compatibile con Xbox One, disponibile fino al 31 marzo. Ecco il trailer di presentazione pubblicato da Microsoft.