L’orrore, in tutte le sue forme, è stato ampiamente “adorato” dall’arte e dall’ingegno umano: dagli inferni su tela di Caravaggio e Goya, all’orrore occulto che pervase la letteratura europea a partire dalla seconda metà del settecento, sino a tempi più recenti, dove maestri del brivido come Argento hanno saputo traslare in immagini in movimento quanto si lì manifestato solo attraverso la statica solleticamento dell’immaginario comune. Anche i videogames, media ancora acerbo ma in grado potenzialmente d’esser IL media del futuro, hanno prodotto fiumi e fiumi di titoli in grado di spaventare e ridurre il player in un angolino, tremante e piagnucolante. In questo senso, Someday You’ll Return, videogioco sviluppato e pubblicato da CBE Software dopo lo “spaziale” J.U.L.I.A. Among The Stars, è arrivato sul mercato proponendogli un viaggio cupo e oscuro, un po’ Sanitarium, un po’ Silent Hill, un po’ Dracula: ecco la recensione.

L’ETEREA IMMANENZA DEL BUIO

Someday You’ll Return è un’avventura grafica con visuale in prima persona, dalle tinte horror, seppur tendenti più al lato psicologico che a quello più squisitamente “macellaio”. Se volessimo approfondire la descrizione meccanico-ludica del titolo per inquadrarlo ancor meglio, il titolo CBE potrebbe esser avvicinato ad un Amnesia, ovvero un walking simulator con enigmi e ricerca, caratterizzato dall’incapacità del protagonista di difendersi dal “male”.

Nel gioco, impersoneremo Daniel, un uomo alla ricerca disperata di sua figlia Stela, scomparsa misteriosamente. Suo malgrado, il nostro protagonista visiterà i tetri boschi della Moravia, la regione più a oriente della Repubblica Ceca.
Un posto che Daniel, scopriremo nel gioco, aveva giurato di non rivedere mai più ma che, suo malgrado, diviene il cupo teatro della sua disperata ricerca e che, ben presto, per degli sviluppi della storia per certi versi inattesi, scopriremo che la sua presenza in quei boschi non è esattamente casuale.

Someday You’ll Return

Una ricerca che, ben presto, oltre ad assumere una pendenza verso un buio baratro, ci costringerà a ragionare su temi maturi quali l’esser genitori, la paura e il rifiuto dell’accettazione di una realtà durissima da digerire. Someday You’ll Return, sin dai primissimi istanti, rivela la sua natura profonda e tesa alla viscerale riflessione seppur, come vedremo anche più innanzi, non tutto è stato realizzato perfettamente.

A partire, ad esempio, da una certa “stranezza” che circonderà Daniel il quale, ad esempio, si fermerà ad ammirare luoghi che gli ricordano il suo passato o a sottolineare la bellezza di un anfratto, nel mentre… sua figlia è misteriosamente scomparsa! Piccoli dettagli che, però, minano parzialmente l’immersività complessiva del gioco. In generale, la storia raccontata nel gioco sarà sicuramente godibile, ma non mancherà di alcune “confuse storture” e di alcuni dettagli secondari che la renderanno non particolarmente coerente. Un impatto comunque relativo, però un intreccio narrativo che fluirà comunque in modo più che egregio.

ALBERI COME INCUBI, FOGLIE DI RICORDI

Someday You’ll Return

Come detto, Someday You’ll Return ci proporrà lunghe scarpinate in ambienti tendenzialmente montuosi e densi di vegetazione: nonostante il titolo si ponga concettualmente come un thriller horror e sia costellato da diversi jump-scare (alcuni dei quali sin troppo telefonati), non sarà raro assistere a piuttosto lunghe sessioni di mero calpestio del suolo, ammirando al contempo l’ottimo lavoro fatto a livello di rappresentazione scenica da parte degli sviluppatori, tra cui luoghi davvero esistenti riprodotti in modo verosimile ed inseriti perché pregni di un certo folklore.

Come specificato, nel gioco non avremo granché per difenderci dai pericoli della Moravia: Daniel potrà contare su di un cellulare, un po’ torcia, un po’ mappa e un po’ “finestra di comunicazione”, e della sua spiccata manualità nel “fai da te”. Le varie peripezie di Daniel saranno suddivise in diversi capitoli, ognuno d’essi intriso anche di puzzle da risolvere che andranno dalla riparazione di oggetti necessari al prosieguo del gioco, come ad esempio una scala, sino alla creazione di intrugli da deglutire per poter superare contesti altrimenti impossibili.

In linea di massima, i puzzle del gioco saranno “discontinui”. In generale, la stragrande maggioranza d’essi saranno tutti piuttosto semplici e immediati ma, tranne in pochi casi in cui la difficoltà degli enigmi si acuirà improvvisamente lasciandoci spaesati o quasi, la soluzione al dilemma la otterremo nel giro di poco tempo. Si tratta di un fattore che fa tendere il gioco verso l’avventura meta-ludica, concentrata specialmente sulla storia, e che potrebbero però allontanare coloro che, oltre ad una narrativa interessante e “horror”, si attendono anche una sfida meccanica difficile e coerentemente ascendente.

Girovagando per i piuttosto vasti ambienti del ludo, infatti, la nostra attenzione verso oggetti di interesse sarà attivata tramite un “brillio” posto al di sopra degli oggetti: un “duro colpo” alla complessità della ricerca, che comunque sia non sarà immediata, anche se il frustrante “cliccare” palmo per palmo ogni centimetro degli ambienti, croce e delizia di alcuni mitici esponenti del settore, è in questo modo ampiamente evitato.

Someday You’ll Return, non sarà però solo enigmi e riflessioni: nel gioco saranno infatti presenti diverse sezioni più action, sempre obbedienti ai canoni inaugurati solidamente da Amnesia. Ecco che, ci troveremo alle prese con sezioni stealth in cui dovremo evitare oscure e mostruose presenze, oppure fuggire dalle stesse, in una folle corsa sui binari in cui dovremo compiere una serie di azioni prestabilite “a tempo”.
Se le seconde sono nella norma e sostanzialmente ben realizzate, le sezioni stealth si riveleranno non particolarmente ispirate, anche per una certa “cecità” dei nemici che faranno la guardia. Detto questo, non supereremo queste sezioni semplicemente correndo all’impazzata: servirà, naturalmente un minimo (ma, davvero, un minimo) di accortezza e la necessaria, in questi casi, scoperta della via “giusta” nel più classico del trial and error. Sezioni stealth che, al contempo, sono state anche al centro di alcune decisioni “discutibili” degli sviluppatori (ma ne parleremo più avanti).

In linea di massima, la complessiva atmosfera di Someday You’ll Return sarà più che buona, seppur, come detto, alcuni jump-scare saranno piuttosto prevedibili se si è masticato qualche horror in passato.

Un’atmosfera che un po’ altalenante proprio per la netta suddivisione che spesso il gioco ci para innanzi, fra sezioni “tranquille” di esplorazione ad altre invece cupamente action. Una suddivisione che, spesso, sarà telefonata dal gioco stesso che ci “avvertirà”, magari con un improvviso cambio del tema musicale, dell’inizio dei “guai”.

Ad aumentare l’impatto emotivo, ci sarà anche lo splendido lavoro estetico profuso dagli sviluppatori. Come già detto, infatti, Someday You’ll Return è una gioia per gli occhi: il panorama traspira una lugubre dimenticanza, un orrore che ha consumato sin nelle fondamenta l’area naturale. Il lavoro degli sviluppatori è stato sicuramente encomiabile, seppur qualcosina il gioco la perda nelle ambientazioni “chiuse”, sicuramente meno “personali” degli spazi aperti e con qualche texture non particolarmente dettagliata (ma, questo problema, sarà possibile riscontrarlo alle volte anche negli ambienti all’aperto). In linea di massima, i boschi della Moravia saranno ben realizzati e atmosferici, andando ad incorniciare solidamente le disavventure cupe di Daniel.

NUMERI LUGUBRI

Someday You’ll Return

Tecnicamente parlando, il titolo CBE si comporterà in modo più egregio: testato con un rig di fascia medio/alta, montato con una non proprio giovanissima ma nemmeno tanto superata 1070 Oc, il titolo ha mostrato una buona ottimizzazione alle risoluzioni principali: con una scheda video intermedia, è sicuramente possibile giocare ai basilari 1080p con dettagli al massimo, senza scendere mai o quasi sotto i 60 frame al secondo.

Per quanto concerne la pulizia tecnica, Someday You’ll Return sarà privo di bug ostici o game breaking, anche grazie al puntuale lavoro degli sviluppatori nell’eliminare criticità che erano state riscontrate in passato: possiamo affermare che, al momento del test del gioco, il ludo CBE si presenta in una forma sostanzialmente più che buona e che non presenterà bug sostanziali o in grado di minare irreversibilmente la fruizione del ludo.

PRIMA DI CONCLUDERE…

Il titolo, nei giorni scorsi, è stato al centro di alcune polemiche per la decisione degli sviluppatori di tagliare dei contenuti del gioco. Questa azione, discutibile, e che ha alzato un discreto polverone tra i fan, è arrivata dopo che alcuni d’essi si erano lamentati di alcune sezioni “filler” e inutili allo svilupparsi della trama. In aggiunta, gli autori hanno aggiunto una speciale pozione che rende quasi invisibili, per facilitare le sezioni stealth che, a quanto pare, erano risultate eccessivamente ostiche per alcuni utenti.

Non entriamo nel merito concreto della vicenda, vista la presenza di due “fazioni” distinte tese al pro e al contro la decisione presa dagli sviluppatori che, di fatto, sono poi i reali “proprietari” del gioco, ma citiamo la questione per un dovere puro di cronaca.

COMMENTO FINALE

Someday You’ll Return è un buon gioco, ma non esente da difetti: se volessimo definirlo in termini comuni, “va bene ma potrebbe fare di più”.

Storia, gameplay e atmosfera sono tutti sopra la media, ma è facile intuire che con un labor limae più concentrato e chirurgico, il titolo CBE avrebbe tranquillamente potuto aspirare a ben più che un semplice “buono”. Consigliato se siete amanti dei walking simulator horror, ma senza creare (purtroppo) grandissime aspettative.

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Fonte: Someday You’ll Return, Recensione