Quattro anni di sviluppo, pochissime promesse, una garanzia come Rare dietro ai lavori e la consapevolezza di avere un’esclusiva degna di tal nome dalla propria parte. Stiamo parlando di Sea of Thieves, che è un’esclusiva Microsoft ed è possibile giocarla via Xbox One o Windows 10.
Si presenta come un gioco di avventura, esplorazione e azione, in rigorosa prima persona e senza facoltà di passare ad una visuale in terza persona.
Come premesso in sede di anteprima, inoltre, pone un grandissimo accento sul dialogo tra giocatori e la cooperazione fa realmente la differenza fra vittorie e sconfitte. Ma andiamo con ordine, tra una citazione di Ernest Hemingway tratta da Il Vecchio e il Mare e l’altra.
PENSA A QUELLO CHE PUOI FARE CON QUELLO CHE HAI
Sea of Thieves si presenza al grande pubblico con Unreal Engine 4, il proverbiale motore grafico che muove la quasi totalità di videogiochi da un paio di lustri a questa parte. Graficamente, quindi, si assiste ad una vera e propria gioia per gli occhi: il mare è definito e animato alla perfezione. L’acqua delle onde riempie il ponte dei brigantini o dei galeoni con verosimiglianza.
Le isole caraibiche sono adornate di flora (molta) e fauna (quasi assente) che le rende tanto affascinanti quanto eteree. Le vele delle navi, lo scafo di quelle, le armi, i vestiti, i modelli poligonali: tutto è ben realizzato e dettagliato ma soprattutto vi è una generale ottimizzazione che restituisce una stabilità tecnica di rarissima fattura, anche su configurazioni hardware un po’ datate.
Il comparto sonoro è eccellente, gli effetti sonori ben resi e la colonna sonora orecchiabile e molto gradevole. La mappa di gioco non è una galassia di 18 trilioni di stelle come No Man’s Sky né l’interezza della Via Lattea riprodotta in Elite Dangerous, tuttavia è parecchio estesa e richiede decine di ore di viaggio per essere esplorata tutta nella tua totalità.
Possiamo, dunque, esplorare in lungo e in largo, andare a caccia di tesori, accumulare ingenti ricchezze, abbordare navi avversarie, intessere legami e reciderne altri, allearsi e tradire altri filibustieri. Insomma: Rare ci invita a vivere in prima persona una vita da pirati, senza sofisticate missioni di trama da svolgere, attività da pony express e caccia all’equipaggiamento/set di equipaggiamenti per fare vedere agli altri quanto abbiamo giocato nel nostro tempo libero.
Quello che si può ottenere, spendendo molti dobloni raccolti, sono varianti alle armi: più costose sono e migliore risulta il loro aspetto. E’ possibile comprare anche varianti di vestiti ma una cosa è certa: non esiste qualcosa che renda più forti, veloci, resistenti o efficienti. Tutti i giocatori sono messi sullo stesso piano, anche a distanza di ore ed ore di gioco e l’unica esperienza ad accumularsi è quella di ciascun giocatore che gioca, che padroneggia sempre meglio il sistema di gioco, gli elementi di gameplay e conosce meglio l’ambiente che lo circorda.
AVRESTI DOVUTO PORTARE MOLTE COSE CHE NON HAI
Il personaggio che diventa alter-ego del giocatore è creato casualmente dal generatore di gioco ma a noi è concessa la facoltà di rimpastare la generazione per scegliere il modello predefinito che ci garba di più. Una volta fatto questo, occorre scegliere se buttarsi nei Caraibi in solitaria oppure in compagnia: la differenza risiede nel fatto che in solitaria dobbiamo governare una piccola barca, mentre in gruppo bisogna coordinarsi per portare avanti tra i flutti un bel galeone.
Dall’isola di partenza si viene a conoscenza di tre fazioni che spadroneggiano nelle fantasiose indie occidentali ordite per noi da Rare: i mercanti, i cacciatori d’oro e quelli di anime. I primi ci forniscono incarichi di ritrovamento e riporto, i secondi cercano sempre nuovi soci con cui condividere i dobloni trovati e i terzi chiedono quanti più teschi di creature non-morte che si possano trovare. Si, perché inquietanti scheletri non-morti e desiderosi di ucciderci si aggirano per tutte le isole che andiamo ad esplorare.
Non manca la possibilità di scontrarsi con altri giocatori. Questo perché Sea of Thieves ci pone in un mondo ostile, in cui i giocatori vengono alle mani (alle spade o alle pistole) quando, dove e come vogliono.
Sta a ciascuno di essi coalizzarsi oppure mettersi contro, veleggiare insieme, abbordare un nemico comune, ammutinarsi. Quello che manca, dall’inizio fino alla fine, è un senso di progressione, una motivazione, qualcosa che ci spinga a dare il massimo. Manca, in sostanza, tutto quello che tutti i giochi portano con sé e che solo No Man’s Sky e pochissimi altri si sono presi il lusso di farsi mancare.
Non vedremo la nostra flotta crescere, come in Pirates di Sid Meier; non vedremo il nostro piccolo brigantino diventare una leggenda dei Sette Mari con nuovi cannoni, nuove vele e nuovi speroni come in Black Flag; non vedremo la possibilità di poter cambiare nave, ottenere nuove e più potenti armi, protezioni più efficienti dai colpi avversari.
A VOLTE COLORO CHE LO AMANO NE PARLANO MALE
Sea of Thieves è un sandbox propriamente detto. Un’enorme vasca piena di sabbia (ed acqua… del resto siamo a mare, ndr) in cui possiamo fare e disfare tutto quello che vogliamo e possiamo. Le uniche differenze che intercorrono tra i giocatori sono quelle che possono esserci tra uno che la sabbia non la sa scolpire e uno che riesce a fare le opere più impressionanti. In altre parole: in Sea of Thieves è solo l’abilità di ciascun giocatore, la capacità di sfruttare ogni elemento di gameplay meglio degli altri, a fare la differenza. Il gioco non offre né promette vantaggi specifici a pagamento, gratuiti o da trovare che essi siano.
I limiti di Sea of Thieves, oltre che mentali di ciascun giocatore, sono tutti legati al numero di contenuti offerti al momento della sua pubblicazione. Esattamente come gli illustri titoli già citati (No Man’s Sky ed Elite Dangerous su tutti), con il tempo e gli aggiornamenti non mancheranno i contenuti aggiuntivi che possano portare in dote più varietà. Diversamente dal chiacchieratissimo lavoro di Hello Games, però, Rare ha sempre optato per un approccio meno campanilistico e le sirene delle aspettative non sono mai state esagerate. Si è sempre parlato di un sandbox ma la curiosità di capire come avrebbero sviluppato contenuti e progressione dei personaggi era alta: scoprire che di progressione dei personaggi non ce ne sia e i contenuti sono appena abbozzati non è stata fonte di grande gioia.
Resta un punto fondamentale: Sea of Thieves scrive una nuova pagina nel tomo della storia dei giochi pirateschi, ma (confidiamo) impiegherà mesi, forse anni, a scrivere il suo capitolo per intero. Solo tra qualche tempo si potrà avere un quadro completo dell’opera ma tirare le somme adesso ci obbliga a fermarci a quello che abbiamo tra le mani: pregevole fattura, profumo buonissimo ma pochissima sostanza, pochissimo arrosto. Almeno al momento del lancio. Confidiamo in un periodico e massiccio intervento degli autori nel corso del tempo. Cosa che sicuramente avverrà per impinguare i contenuti.
COMMENTO FINALE
Sea of Thieves è un videogioco in prima persona (totalmente assente la terza persona) ambientato in fantasiosi Caraibi e sviluppato da Rare Software per Xbox One e Pc Windows 10.
Tecnicamente è di una fattura pregevolissima, graficamente adotta uno stile che ricorda produzioni Disney o il terzo Monkey Island. Il motore grafico scelto è piuttosto scalabile, assolutamente fluido e il lavoro svolto per l’ottimizzazione rasenta la perfezione così che anche configurazioni non proprio recenti possano eseguire il gioco senza indugi. Il comparto sonoro è un fiore all’occhiello della produzione e la possibilità di suonare le melodie insieme ai membri della ciurma è quella finezza in più che alza l’asticella della produzione.
Joypad o tastiera alle mani, Sea of Thieves deve scendere a più modesti compromessi, offrendo un sandbox estremamente rilassate, votato alla comunicazione e alla cooperazione. La totale assenza di indicatori (di missione, di uno stato di avanzamento, dei progressi di qualcuno o qualcosa) è un’assenza che spiazza i videogiocatori più navigati e certamente più abituati a titoli che prendono per mano e accompagnano oppure registrano ogni più disparata statistica. Lontano da Sid Meier’s Pirate, Assassin’s Creed IV Black Flag, Elite Dangerous, No Man’s Sky (concettualmente forse il titolo più simile), Sea of Thieves si arrocca su un favoloso atollo caraibico, non deserto ma certamente piattino.
In vista di ulteriori (promessi ma mai spiegati) aggiornamenti che possano rimpolpare di cose da fare, Sea of Thieves si attesta come un bellissimo videogioco sandbox in cui il giocatore viene chiamato a fare il pirata “freelance” o il membro di un piccolo equipaggio. Navigare, esplorare, accumulare ricchezze e dar fondo ad esperienze totalmente estemporanee. Gli sviluppatori ci hanno consegnato un gioco “vuoto” nel senso che siamo noi giocatori quelli che devono “inventarsi” le cose da fare, perché non ci verrà mai data la pappa in bocca.
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