The Last Guardian, Recensione PlayStation 4

The Last Guardian è uno di quei giochi che all’inizio, quando lo annunciano (nel 2007 e per PlayStation 3) ti fa ben sperare nel futuro del tuo passatempo preferito, ma poi viene rimandato una, due, tre volte e addirittura lo stesso produttore non pubblica più notizie a riguardo fino all’inquietante “non è una priorità aziendale” del 2014, affermazione dei portavoce Sony fortunatamente smentita, nel corso dell’E3 del 2015, quando proprio la conferenza PlayStation 4 del colosso nipponico aprì il palcoscenico.

Dopo un ulteriore ritardo di circa tre mesi – dal 12 settembre al 7 dicembre – The Last Guardian, altro travagliatissimo progetto originariamente pensato per PlayStation 3 e poi dirottato su PlayStation 4 (come Final Fantasy XV) è arrivato. Molti non ci speravano più, altri ci hanno sempre creduto come uno strano atto di fede, dogmatico quasi. Altri ancora si chiedono se ne sia valsa la pena attendere ben nove anni.

DOPO ICO E L’OMBRA DEL COLOSSO: ECCO TRICO

The Last Guardian è il terzo prodotto del fu Team ICO, originariamente uno studio interno a Sony, che adesso si chiama genDESIGN e fa capo a Fumito Ueda, il designer che ha concepito questa sorta di trilogia. E’ risaputo, infatti, che tra le tante gatte da pelare che hanno flagellato lo sviluppo di The Last Guardian, si inserisce l’ormai storica frattura tra Ueda e Sony, con cui ha proseguito cordialmente, da collaboratore esterno, le ultime fasi del progetto.

Hanno preceduto The Last Guardian due giochi, entrambi pubblicati su PlayStation 2: ICO e Shadow of the Colossus. Sebbene non si possa parlare di una trilogia vera e propria, tutti e tre i giochi condividono qualcosa, anche solo lo stesso pianeta in cui sono ambientati. E ci sono dei velati riferimenti, sempre, a qualcuno o qualcosa che hanno stimolato sedicenti esperti a congetturare fino ad una strana trilogia, tre episodi che avvengono nello stesso sfondo narrativo, ma a diversi anni di distanza.

The Last Guardian narra di Trico, o meglio, di quello che sembra essere l’ultimo animale di razza Trico sul pianeta. Questo è uno strano incrocio tra un volatile (ha il becco e le piume), un felino (salta con l’agilità di un gatto), reagisce come un cane e di certo ci sono riferimenti ad altri mammiferi che non abbiamo identificato. Trico, all’inizio è incatenato e ferito ma il provvidenziale intervento di un ragazzo, risvegliatosi al suo fianco e ricoperto da strani tatuaggi, lo rimette in libertà. Il giocatore controlla il ragazzo da una prospettiva in terza persona, può gestirne un po’ la telecamera e tramite semplici input può forzare Trico ad eseguire certe azioni. Quando i gesti non bastano, basta fare quello che vogliamo che Trico faccia (per esempio, arrampicarsi su qualcosa) perché questo si metta a copiare, soddisfacendo i nostri scopi.

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Gli scopi gravitano tutti intorno al superamento di aree più o meno strette e più o meno sospese nel vuoto. A volte è sufficiente aggirare gli ostacoli. Altre volte occorre esplorare, trovare una leva, aiutarsi con la grande mole di Trico per raggiungere punti altrimenti impossibili. Non mancano le parti un po’ più movimentate, ma sono in misura molto minore rispetto ai momenti di respiro, ragionamento ed esplorazione. Niente bastoni con cui picchiare strane ombre (come in ICO) né cavallo e cavaliere, spada e arco (Shadow of the Colossus) per salire in groppa a titaniche avversità per abbatterle.

L’ARTE DI SAPER PARLARE CON IMMAGINI E SUONI

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Quel che ha sempre distinto i giochi firmati Fumito Ueda da qualsiasi altra produzione nipponica o di altra nazionalità è la capacità, di questo designer, di emozionare a livello viscerale grazie ad un sapiente uso di immagini, suoni e musica, con abilità che non ha eguali o – forse ed indagando meglio – davvero pochi. In generale, tecnicamente, fila tutto liscio, sebbene non possiamo lodare una fluidità estrema bisogna riconoscere che le ambientazioni, gli scorci e il design dei livelli sono tutti altamente apprezzabili.

Trico si comporta come un gigantesco gatto o, meglio, come un cane. Una volta che prende confidenza, ottenuta la sua fiducia, sarà il più valente alleato in qualunque momento, fosse anche solo quello di sconforto perché non troviamo la via d’uscita. La tenerezza di cui è capace, quando per la prima volta si mette su due zampe per raggiungere una balconata, perché siamo in alto e non riesce a seguirci con lo sguardo è disarmante. Come lo è quando si fa prendere dall’ira, attacca le vuote armature che vogliono rapirci e dobbiamo accarezzarlo per lunghi, intensi, istanti prima che i suoi occhi si addolciscano nuovamente e la terrificante bestia mangia-uomini torni ad essere il più affettuoso esemplare della sua specie.

In tutto questo, un’orchestra sinfonica accompagna le vicende di Trico e del ragazzo con musiche mai fuori luogo e sempre dal ritmo giusto, per aiutare l’immagine a far breccia nel cuore anche per mezzo delle note musicali. Mentre i versi di Trico o le incomprensibili parole del ragazzo, cariche di tenerezza, provano a placare gli istinti dell’animale.

ISTINTO E RAGIONE

Il contrasto fra istinti primordiali, forza bruta opposti a debolezza fisica e logica tipiche di un essere umano è sempre al centro delle avventure di chi gioca a The Last Guardian. Trico è il massimo esponente dei primi, è un animale, è puro istinto e se non fosse per il nostro alter ego non andrebbe molto lontano, se non chissà dopo quanto tempo. E’ tanto grande quanto forte e questo torna utilissimo contro i nemici, peccato che la sua furia – colpa dell’istinto – sia incontrollata e dobbiamo riportarlo a miti consigli piuttosto in fretta.

Il ragazzo, nostro alter-ego, è debole fisicamente, non è un guerriero ed è piccolo e fragile. Basta una caduta da un posto troppo in alto per farlo claudicare, dolorante, per un po’ di tempo. Basta pochissimo perché perda l’equilibrio o caschi a terra. Ma può esplorare con maggiore disinvoltura rispetto all’ingombrante Trico, può azionare leve, può dar fondo alla logica per uscire da situazioni apparentemente disperate.

Talvolta, nel gioco, si trova uno scudo che riflette una misteriosa luce azzurrina. Questa luce, se indirizzata nei punti giusti, permette allo strano duo di aprirsi la strada grazie ad una tempesta di fulmini che viene evocata dalla coda di Trico. Basta abbassare lo scudo perché la tempesta cessi di sfolgorare e bruciare tutto quello che tocca.

In fasi più avanzate, dopo aver dato a Trico più pasti e dopo avergli dato prova del nostro buon cuore, egli si fiderà così tanto di noi da emularci e da rispondere a comandi leggermente più complessi del semplice richiamo. All’inizio, infatti, possiamo solo invocarlo affinché si avvicini oppure ci raggiunga. Con lo scudo possiamo evocarne i fulmini dalla coda senza il suo consenso, ma più avanti dobbiamo forzarlo a compiere un lungo balzo in avanti, in alto salto in alto, star seduto per dar tempo ad una leva a pressione di azionarsi del tutto, di dare testate ad un’ostruzione che ci sbarra la strada.

L’AMICIZIA E LA FIDUCIA PIU’ FORTI DEI LIMITI E DEI DIFETTI

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Semplice nel complesso, anche piuttosto scorrevole una volta presa confidenza con il sistema di controllo e di comandi. Tuttavia anche The Last Guardian non è esente da alcuni neo che ne pregiudicano una valutazione globale largamente positiva – e per i quali molti lamentano che l’attesa non sia valsa la pena.

Ci è capitato, all’inizio del gioco, di dover ricaricare perché Trico, semplicemente, non rispondeva ai nostri banali input. Una volta abbiamo dovuto ricaricare perché il grosso pennuto si rifiutava di mangiare (pur avendo dichiaratamente fame e pur essendoci posti ben lontani per lasciarlo in pace). Subito dopo, fermi in una zona adiacente alla prima, dovendo arrampicarci sulla schiena di quello per raggiungere un punto palesemente messo lì per essere attraversato, non siamo riusciti a smuoverlo nonostante i ripetuti (e opportunamente distanziati nel tempo) richiami per attirarlo a noi: Trico si era semplicemente “bloccato”. E per sbloccarlo siamo ricorsi al caricamento dell’ultimo check-point, che ha risolto il problema.

La gestione della telecamera non ci è sembrata molto buona, spesso questa sembra rispondere a input che non sono dati da chi gioca, perché vuole inquadrare sia il nostro alter-ego che il suo compagno. A volte questa fatica a seguire le movenze del ragazzo e in alcuni casi è partita una scena di intermezzo che voleva farci vedere cosa combinava Trico mentre noi eravamo indietro, ma questa viene interrotta bruscamente senza alcun motivo.

Altro dettaglio non di poco conto, da dover evidenziare, è che The Last Guardian è un gioco lento e che richiede pazienza. Non potendo controllare direttamente Trico, ma dovendo dipendere dai suoi tempi di ricezione degli ordini, dobbiamo armarci di santa pazienza prima di ottenere un risultato, oppure per scoprire che quello che avevamo in mente, purtroppo, non serviva a superare l’ostacolo. Molti di quelli che sono abituati a giocare titoli più frenetici quali gli sparatutto in soggettiva, i giochi di corse o giochi d’avventura e azione (God of War, Tomb Raider, Assassin’s Creed e compagnia assortita) troveranno The Last Guardian, semplicemente, ingiocabile e “palloso”.

COMMENTO FINALE

The Last Guardian è un videogioco di avventura e puzzle ambientali in terza persona che mette il giocatore nei panni di un ragazzino dal passato misterioso. Questi deve fare in fretta ad ingraziarsi un gigantesco e temibile Trico: essere mezzo volatile e mezzo mammifero famoso per essere un “mangia-uomini”. L’unione delle due forze permette ad entrambi di proseguire il cammino in un dedalo fatto di trappole, trabocchetti e sezioni platform.

Fortunatamente per lui, nonostante i tanti anni di ritardo (era previsto per il 2011), The Last Guardian si presenta su PlayStation 4 pressoché in linea con la visione del suo ideatore, creatore e del team di sviluppo. Nonostante l’intelligenza artificiale di Trico, a volte, faccia cilecca, la sensazione di giocare qualcosa di profondamente atipico ed altrettanto ambizioso è palpabile ad ogni istante di gioco.

Le scelte stilistiche, gli scenari, i giochi di luce ed ombra, la gestione dell’illuminazione artificiale e naturale, i fili d’erba e le piume di Trico, fino al drappeggio delle vesti del giovane protagonista sembrano tutte studiate e niente appare lasciato al caso. The Last Guardian centra il suo motivo d’essere: un viaggio tra due esseri che, grazie alla fiducia reciproca – prima – , e all’amicizia – dopo – riescono ad affrontare tutto quello che le avventure gli presentano. Un bel messaggio, quello dell’unione che fa la forza, anche tra esseri profondamente diversi tra loro: un messaggio senza tempo che, grazie ad un videogioco, può raggiungere più persone.

Il nostro timore è che non raggiungerà mai quelli che si limitano a giocare qualcosa di frenetico, esplosivo ed adrenalinico. The Last Guardian non è niente di tutto questo, sebbene possa essere altrettanto emozionante. E’ fatto per chi ha pazienza e ha voglia di accendere il cervello per districarsi in semplici enigmi ambientali, superabili con la forza oppure con un po’ d’astuzia o semplice logica.

 

Pregi

Il “tocco di Ueda” c’è, si vede e si può anche toccare tramite il joypad. Artisticamente unico ed inconfondibile. Musiche ed effetti sonori d’atmosfera. Ci si affeziona presto a Trico e all’amicizia tra lui ed il protagonista. Animazioni, nel complesso, convincenti e ben fatte.

Difetti

Sporadici glitch grafici. A volte occorre riavviare dall’ultimo salvataggio perché non si innescano le azioni e le reazioni di Trico. Ritmi lenti e molto diluiti. Richiede estreme dosi di pazienza in certi punti.

Voto

8,5

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