Call of Duty: Modern Warfare beta, anteprima

Mentre impazzano le polemiche sull’esclusiva PlayStation 4 di un anno per le Survival Ops, una parte della modalità Spec Ops del gioco, Infinity Ward continua a tirare dritto per la sua strada e a ottimizzare Call of Duty: Modern Warfare in vista del rilascio. Il titolo è infatti atteso sulla console Sony, su Pc e Xbox One a partire dal prossimo 25 ottobre, ma il tempo per produzioni di questo genere vola letteralmente e ogni minuto di lavoro può rivelarsi prezioso.

In quest’ottica nelle ultime settimane si sono svolti dei test cadenzati in due blocchi, che hanno riguardato il comparto multiplayer online del gioco, grazie a una beta ad accesso anticipato inizialmente riservata alla stampa o a chi aveva prenotato il titolo sui vari store aderenti, e successivamente aperta anche al pubblico. La versione di prova ha consentito allo sviluppatore di testare le infrastrutture online e alcune delle modalità più attese dal pubblico, ricevendo in cambio dei feedback dai giocatori che hanno preso parte alle prove che torneranno utili per eventuali ritocchi.

Anche noi abbiamo partecipato alla beta (che ha avuto numeri da record) e di seguito vi diciamo quali sono state le nostre impressioni.

PAROLA D’ORDINE: TATTICA

La beta di Call of Duty: Modern Warfare metteva a disposizione una manciata di modalità accessibili tramite un efficiente quanto rapido matchmaking. Oltre al Deathmatch a Squadre e 10contro10, c’erano Dominio, Dominio per 20 giocatori e Quartier Generale. Le mappe erano invece tre, ovverosia Hackney Yard, Azhir Cave e Grazna Raid, con due varianti notturne, ciascuna delle quali strutturate in maniera differente per dimensioni e composizione, oltre che con la necessità di utilizzare dei visori contro l’oscurità. Ma con un comune denominatore: la presenza di molti edifici ed elementi utili come coperture.

Questo perché la giocabilità di Call of Duty: Modern Warfare, almeno a livello di multiplayer, sembra orientato verso un ritmo un po’ più lento e un’azione meno caotica ma più ragionata, tranne che in quelle modalità più tradizionaliste dove anche per impostazione, è richiesta per forza di cose un altro genere di azione.

Nelle mappe utilizzate per la beta, la presenza di molti ripari e strutture edilizie dentro cui infilarsi per appostarsi o trovare rifugio momentaneo prima di proseguire alla ricerca dei nemici, ha permesso infatti al videogamer di approntare tattiche più ponderate. Questo aspetto del gioco viene ulteriormente evidenziato attraverso una rivisitazione della fisica in funzione di un maggior realismo dei movimenti dei personaggi. Questi, anche a seconda dell’equipaggiamento indossato, risultano più naturali nelle loro azioni, facendo “avvertire” all’utente il peso effettivo dell’avatar all’interno di un ambiente (saltando, arrampicandosi, accovacciandosi o scivolando) o a contatto con degli oggetti, poiché il gioco tiene maggiormente conto della loro fisicità. Lo stesso vale per la pesantezza di un’arma o per il suo rinculo, che condizionano rendimento e mobilità di chi la sta utilizzando.

La cosa potrebbe fare inorridire i fan più hardcore di Call of Duty, che magari prediligono un gameplay più veloce, ma le cose non sono poi così male, e nonostante questi cambiamenti le partite risultano lo stesso avvincenti, cariche di tensione e imprevedibili, ma con uno stampo più realistico. Anche perché come da un po’ di tempo a questa parte il time to kill si mantiene su valori bassi per incentivare i videogamer meno esperti a non mollare subito davanti a un utente più pratico, e perfino le hitbox sono meno “aggressive” anche quando i colpi vanno a segno.

Unica pecca in tal senso è forse da ricercare nel sistema di respawn, che se da un lato torna utile con la nuova telecamera a volo d’uccello, che nella fase di rientro in partita dà una percezione abbastanza chiara sulla posizione della mappa in cui si ritrova, dall’altro commette qualche errore imperdonabile, visto che in certi casi rilascia il giocatore troppo a ridosso del punto della mappa dove si trova magari l’obiettivo. Tutto è andato bene, e il gioco si è mantenuto stabile nella connessione senza incertezze o inciampi a livello di lag né disconnessioni improvvise e crash. Segno evidente che lo sviluppatore ormai ha raggiunto una certa sicurezza nella gestione dei server e nella loro ottimizzazione.

In aggiunta alle mappe è stato poi possibile provare altre funzioni del gioco grazie a una apposita sessione speciale che si attivava a cadenza giornaliera. Tra queste il sistema Gunsmith, che consente di modificare nella struttura ogni singola arma e aggiungere fino a cinque diversi accessori, ognuno con i suoi punti di forza e le sue debolezze. Ciascuno dei tanti accessori da sbloccare che possono essere poi equipaggiati danno accesso a un bonus e a un malus, costringendo l’utente a valutare di volta in volta la soluzione migliore per la sua arma. Nella seconda settimana di prove, la beta ha infine permesso per la prima volta nella storia di Call of Duty il gioco cross-platform tra giocatori Pc e console.

Activision ha infatti deciso di rompere con la tradizione, e una delle novità più importanti da questo punto di vista è il cross-play del multiplayer con l’assenza del Season Pass (con i contenuti maggiori che saranno gratuiti). Come funziona: al momento di accedere alla partita, nella schermata principale, accanto a ciascuno degli altri giocatori coinvolti nella sfida, appare un’icona che segnala su quale piattaforma sta giocando. Anche questo test ha dato segnali positivi in termini di connessione e lag, così come di gameplay: le due nuove modalità, Scontro e Guerra Terrestre, con le relative mappe, hanno dato conferme di quanto avevamo già visto durante la precedente settimana.

COMMENTO FINALE 

La beta di Call of Duty: Modern Warfare conferma l’intenzione di Activision di fare un passo indietro rispetto ai recenti titoli della serie in termini di situazioni, ritornando alle battaglie più attuali e non futuristiche, puntando  di conseguenza su un gameplay più realistico.

Da questo punto di vista ha deciso di premere l’acceleratore su meccaniche sempre adrenaliniche, ma con una maggiore attenzione per la tattica e dunque sulla credibilità di movimenti e situazioni. Elementi questi che, insieme a un ottima infrastruttura online potrebbero garantire il successo di un reboot che si preannuncia essere il primo episodio di una nuova “sotto-serie” interna.

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Starpoint Gemini 3, la nostra Anteprima

Quella di Starpoint Gemini, è una serie di space sim piuttosto longeva, con una fanbase appassionata e molto vicina al talentuoso sviluppatore indie croato Little Green Men. Al primo capitolo, uscito nel 2012 con un giudizio mediocre, segue Starpoint Gemini 2, che sfruttando al meglio l’early access di Steam ha avuto un buon successo. Con Starpoint Gemini Warlords, la saga si evolve andando a toccare seppur superficialmente il genere dei 4X. Insomma, un team di sviluppo eclettico, che tenta sempre nuove strade per divertire ed ingolosire il proprio pubblico. Con Starpoint Gemini 3, uscito in accesso anticipato su Steam il 5 settembre scorso, il team di sviluppo cambia ancora le carte in tavola, creando un sequel diretto con un cambio di prospettiva davvero importante.

A differenza dei suoi predecessori, questo nuovo capitolo si concentrerà maggiormente sulla storia, offrendo un gameplay in prima persona in uno stile che ci ricorda seppur da lontano, Wing Commander.

GAGLIARDI OPPORTUNISTI

Creare una storia che tenga il giocatore incollato allo schermo è difficile, incastonare il tutto all’interno di uno space sim è praticamente impossibile. Questo genere, fonda le sue radici sul gameplay a tutto tondo, lasciando spesso la storia come mero pretesto.

Consci di questo, i Little Green Men hanno assunto Darco Macan, scrittore in orbita Marvel per i romanzi di Star Wars, al fine di scrivere una storia coerente e con personaggi interessanti e sfaccettati. Nonostante l’early access, possiamo dire che la mano dello scrittore già si vede.

Nella nostra storia, impersoneremo il capitano Bold, un simpatico signor nessuno che per una serie di vicende si trova ad essere l’uomo più ricercato dei sistemi conosciuti. I primi minuti di gameplay si passano seguendo un tutorial che ci spiegherà le varie funzioni di controllo, ed introdurrà sia il protagonista che altri personaggi. I richiami al mondo di Star Wars ci sono, a partire dal nostro Bold, che caratterialmente mischia Han Solo a Jabba the Hutt. Parlare ancora della trama significherebbe anticipare qualcosina, per cui evitiamo. Vi basti pensare che i personaggi sono buoni, scanzonati e con battute davvero divertenti.

GAMEPLAY

Seguendo i canoni della serie, anche in Starpoint Gemini 3 il compito del nostro protagonista sarà quello di potenziare la propria nave, seguire la storia, e svolgere missioni ed incarichi che permetteranno di acquisire notorietà all’interno di una delle molte fazioni disponibili. A differenza dei capitoli precedenti però, non comanderemo più navi di grossa stazza (almeno per il momento), ma ci divertiremo a svolazzare su caccia e bombardieri. Ammettiamo che uno dei fattori che ci è sempre piaciuto della serie Starpoint Gemini, è sempre stato quello di offrire un gameplay incentrato sulle grosse “capital”, a cui hanno fatto eco i mitici “titan”, veri e propri colossi.

L’abbandono di questo sistema in favore di meccaniche più da shooter è stato inizialmente spiazzante, ma il risultato è davvero interessante. Siamo sempre stati abituati a poter scegliere fra una pletora di navi differenti, e anche in questo caso non rimarremo delusi, ma con un’importante novità. Ogni caccia sarà interamente personalizzabile tanto nelle statistiche quanto nella grafica. Motori, sensori, ali, armi, sono solo alcuni dei componenti che potremo acquistare e personalizzare, aumentando a dismisura le possibilità offerte al giocatore per costruire il caccia perfeto a seconda delle proprie esigenze.

Le inquadrature a disposizione sono 2, e vanno dalla classica visuale in prima persona, a quella posta alle spalle della nave in pieno stile space sim. Per citarvi qualche esempio, oltre a Wing Commander, ricordiamo il buon Freespace 2. Dopo aver ottenuto la prima nave personalizzabile e iniziato a scorrazzare per la galassia, scopriremo diversi richiami classici della serie, sia a livello grafico che meccanico. L’atterraggio sulle stazioni spaziali e sui pianeti avverrà per mezzo del classico punta e clicca, non appena saremo abbastanza vicini per attraccare. La fase shooter è piuttosto immediata e frenetica, con la possibilità di sfruttare due tipi di armi principali, laser e mitragliatori, più due secondarie per ora riservate al comparto missilistico.

Una fase che ci è piaciuta del gameplay, tratta i relitti delle navi. In pratica, sfruttando la nostra fedele AI a bordo dell’astronave, esploreremo vecchie carcasse perdute nello spazio grazie ad un drone. Le aree a disposizione, al momento appaiono piuttosto spoglie e impersonali, ma siamo sicuri che nei prossimi update queste meccaniche verrà ampliata e migliorata. Rimane comunque un’ottima aggiunta che se sviluppata al meglio, garantirà un’ulteriore varietà al prodotto finale.

Per quanto riguarda l’open world alla base del gioco, c’è già anche se ci aspettiamo ulteriori sviluppi. Secondo le intenzioni dello sviluppatore, le dimensioni del mondo giocabile saranno superiori ai capitoli precedenti, con diverse razze, economie e navi differenti. Per passare da un settore dello spazio ad un altro, sfrutteremo i canonici portali, che come per la serie X sono una presenza fissa all’interno del background di questa serie.

Ultima nota prima della bottom line, il discorso localizzazione. A differenza di tutti i capitoli precedenti, Starpoint Gemini 3 parlerà anche l’italiano. È quasi impossibile che titoli dello stesso genere supportino la nostra lingua, e potremmo azzardare più di qualche lacrimuccia pensando allo spinoff Warlords, quanto sarebbe bello giocarlo nella nostra lingua! Tornando al presente, il fatto che Little Green Men voglia scommettere sul nostro paese è davvero importante, confidiamo che questa sfida venga raccolta dai giocatori del suolo italico, così da supportare uno sviluppatore che una volta tanto punta su di noi.

COMMENTO FINALE

Chiudiamo la nostra anteprima, con sensazioni positive. Starpoint Gemini 3 è un gioco molto diverso rispetto ai titoli precedenti, ma questo punto di rottura ha portato novità difficilmente implementabili in precedenza. La storia di fondo e la caratterizzazione dei personaggi, ci sono piaciuti e si nota chiaramente che dietro a questo lavoro si cela la sapiente mano di uno scrittore.

Scendere su una stazione e farci un bicchierino al bar, o su un pianeta e iniziare qualche dialogo per ricevere una missione, rendono l’universo attorno a noi ancora più vivo di quanto non fosse. È pur vero che ci troviamo di fronte ad un early access, e Little Green Men ha diverso lavoro da fare. Ma una galassia più viva, più navi e personaggi, e magari qualche pensierino alle capital, non fanno che aumentare la voglia di seguire gli sviluppi di questo interessante progetto.

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NBA 2K20, prime impressioni sulla demo

Settembre si avvicina a grandi passi, e con esso l’atteso NBA 2K20 il nuovo capitolo della popolare serie sportiva di Visual Concepts prodotta da 2K Sports, assurta negli ultimi anni al ruolo di migliore simulazione elettronica della pallacanestro americana.

In attesa dell’uscita, fissata come ricorderete, per il 6 settembre, abbiamo giocato la demo rilasciata pochi giorni fa dal publisher per un primo assaggio di quello che poi ci aspetterà nel prodotto finale. Ecco le nostre prime impressioni su NBA 2K20 basata sul nostro provato della versione dimostrativa su PS4.

Buona lettura.

NIENTE DI PARTICOLARE

Diciamo però subito che la demo di NBA 2K20 offriva davvero poco per soddisfare le (prime) curiosità dei fan della serie, visto che in linea di massima si concentrava questa volta sul potente editor del gioco, che in questa edizione ha subito un ulteriore restyling e miglioramento in termini di opzioni, e meno sulla modalità Carriera o sul gameplay.

Niente Preludio o amichevoli, quindi, ma solo una sessione dedicata agli allenamenti dove vengono spiegati i comandi e un’altra, come scritto, riservata alla fase di creazione del proprio alter ego virtuale, con i match relegati in secondo piano, dopo cioè la fase di “costruzione”, per testare l’atleta editato.

Da questo punto di vista si possono realizzare e sviluppare fino a sei giocatori, personalizzandoli sotto tutti i punti di vista, sia estetici che tecnici: sono davvero tanti i parametri fisici e le abilità sulle quali è possibile intervenire per costruire degli atleti unici per ogni singolo videogamer. Capelli, tatuaggi, tipo d muscolatura, ma anche tecniche di base, speciali, capacità di resistere alle pressioni esterne o di eseguire un certo numero di canestri da tre punti sono solo alcuni degli elementi sui quali è possibile operare.

Grazie alla solita tecnologia del Facescan è possibile inoltre sovrapporre il proprio volto a quello del personaggio creato, ma allo stato attuale l’applicazione ufficiale MyNBA2K20 quella attraverso la quale si compie il lavoro di digitalizzazione del proprio volto, non è ancora funzionante al 100%, almeno su Android, tant’è che talvolta o restituisce facce assolutamente sballate o non riesce a connettersi col profilo personale del giocatore sulla console. Una volta soddisfatti del proprio lavoro si può poi salvare l’operato in vista del gioco finale, dove poi riutilizzare i cestiti ideati, e di volta in volta disputare una partita per vedere sul parquet i risultati dello sforzo operato.

ANELLI RITROVATI

A quel punto, nella demo, si può finalmente scendere in campo. Pad alla mano e senza troppi fronzoli con opzioni e quant’altro, ci siamo cimentati in una sfida senza esclusione di colpi, ritrovando immediatamente il feeling coi controlli di NBA 2K19, ma con in più la percezione che comunque qualcosa sia cambiato, ovviamente in positivo. Il gioco, infatti, per quanto non ci sia parso rivoluzioni globalmente nessun aspetto in particolare, sembra comunque davvero migliore nella giocabilità rispetto al suo predecessore, del quale tuttavia pare voler riproporre alcuni aspetti ampliandoli in modo da aumentare ulteriormente il valore di un’offerta che vuole essere in grado di soddisfare anche i palati più esigenti di questo sport.

In queste nostre prime impressioni sulla demo di NBA 2K20 abbiamo notato migliorie al sistema che gestisce i passaggi, così come a quello dell’intelligenza artificiale degli allenatori e degli atleti, che agiscono in maniera più logica e variegata con movimenti più intelligenti e funzionali all’azione in corso, aiutati in questo senso da un nuovo set di animazioni che rende il tutto visivamente più armonioso, e che priva i giocatori virtuali di quei momenti di stasi che ogni tanto sembravano colpire gli stessi nell’edizione passata, magari al termine di un dribbling stoppato dal difensore avversario, giusto per fare un esempio concreto.

Per il resto, le nostre impressioni su questa demo di NBA 2K20 non possono che essere positive anche per la grafica e per il comparto sonoro.

COMMENTO FINALE

Allo stato attuale, e nonostante i limiti della demo di NBA 2K20, tra aggiunte e rifiniture soprattutto nel comparto della fisica della sfera e dei contrasti, il titolo ci è parso come un naturale, ottimo passo in avanti di una formula consolidata. Proprio per queste ragioni siamo molto fiduciosi del fatto che anche in questa edizione la saga cestistica di Visual Concepts e 2K Sports non deluderà i milioni di videogiocatori appassionati di basket statunitense.

Ed aspettiamo con una certa curiosità di giocare con le squadre della WNBA che per la prima volta saranno presenti nel titolo griffato 2K.

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Madievals, il Medioevo in salsa indie, anteprima

Le avventure punta e clicca stanno diventando un affare made in Italy. Da qualche tempo, infatti, questo genere vede sempre più produzioni indie italiane protagoniste. E con tanti risultati apprezzabili. Madievals, il gioco di cui parleremo oggi in questa nostra anteprima, fa parte di una famiglia sempre più allargata: da Tales a Chronicle of Innsmouth, da Detective Gallo a The Wardrobe e così via.

La differenza, però, tra i titoli appena citati e Madievals sta nel fatto che tutti gli altri hanno la classica impostazione in 2d, mentre questa opera ci offre un 3d con visuale in terza persona. Riuscirà questo lavoro in fase di sviluppo da 2fingers per il publisher Daring Touch, a fare breccia?

Abbiamo provato la prima versione del gioco entrata in accesso anticipato su Steam che ha fatto il suo debutto la settimana scorsa. Un prologo interessante che ci permette di buttare giù qualche riga su questa avventura firmata da Raffaele Bonfanti, l’uomo dietro a 2fingers e che da cinque anni lavora al suo progetto.

MY NAME IS STEELKNEE, RUSTY STEELKENEE

Protagonista di Madievals è Rusty Steelknee, un cavaliere sgangherato che si atteggia a cavaliere nero o ad eroe di turno. È molto pieno di sé nella misura – per intenderci – in cui un ignorante colossale è convinto di essere professore con quattro lauree ed otto cattedre.

Per lui, purtroppo, non è così. Ma è la sua fortuna. Almeno videoludicamente parlando. Ne nasce un protagonista che ricorda il mitologico Guybrush Threepwood di The Secret of Monkey Island. E questo è un grande complimento a nostro avviso. Rusty è infatti un tipo normale che diventa eroe sgangherato.

La sua possente e luccicante armatura integrale nascondono un pasticcione nato ma al tempo stesso estremamente simpatico e molto umano viste le sue performance e paure. Egli ha un grande pregio: si getta anima e corpo in (quasi) tutto quello fa.

Il suo obiettivo? Beh quello di trovare inestimabili tesori. Nella fattispecie il suo compito è quello di accaparrarsi la Lampada Idolo custodita all’interno del Tempio dell’Ascensione che si trova nel Regno di Manzasun. Sfortuna per lui, questo tempio si trova in cima ad una montagna impervia. E naturalmente non ci sono i mezzi per salire tranquillamente.

Ma il nostro eroe senza macchia (probabilmente) e con tante paure (ve ne accorgerete fin dalle prime battute, e sarà molto divertente) non si arrende e cerca grazie anche al suo, al nostro, ingegno, di trovare la soluzione ai vari enigmi che l’avventura propone.

UNO STRANO CIMITERO CI FA DA PROLOGO

Braccato dai Troll ed arrivato a Manzasun grazie al suo fedele cavallo Spuffy, il nostro Rusty approda in una zona poco allegra del Regno: il suo cimitero. Qui, senza il suo destriero però, incontra il custode, Macho Turtle, un muscoloso energumeno che è comunque meno burbero di quanto non sembri.

Iniziano qui le nostre peripezie, in un’ambientazione lugubre che – grazie all’eccezionale verve – diventa tutto da ridere. Madievals si presenta anche con tanti anacronismi. L’ambientazione, tipicamente medievale (il titolo dell’avventura gioca con l’inglese tra folle e medioevo) è infatti – in questa primissima fase e non dubitiamo che anche più in là sarà così – piena zeppa di oggetti che non dovrebbero esserci in quel contesto.

Il nostro Rusty, che ricordiamo indossa un’armatura tipicamente medievale, avrà a che fare con scanner visivi, cabine con macchine fotografiche “intelligenti”, frigobar, distributori di lenti a contatto ed altro. Oh, si, ci sono anche gli alieni ed ogni tanto, soprattutto all’inizio, anche le urla da stadio di chi assiste ad una partita di calcio tra i Troll che inseguivano il nostro eroe.

DIALOGHI ED ENIGMI DIVERTENTI

Il pezzo forte di Madievals è quindi il gameplay che risulta piuttosto classico e del tutto simile a quanto già visto in passato. La sua forza però sta nei dialoghi davvero brillanti e negli enigmi che non sempre sembrano portare alla giusta conclusione. Abbiamo detto non sembra.

Le dinamiche sono piuttosto classiche: si scruta l’ambiente alla ricerca di un oggetto o di un’iterazione o si parla con chi è presente. I dialoghi come già più volte accennato sono veramente gradevoli ed intrisi di umorismo e demenzialità brillanti. Più volte ci hanno strappato una risata o quanto meno un sorriso.

I dialoghi sono accompagnati da un buonissimo doppiaggio in inglese che dà ulteriore tono alle frasi. Parlare con il custode o con lo pseudo Spider-Man rievoca alla mente i dialoghi in avventure ben più famose e blasonate. Davvero uno dei punti forti del gioco. Senza se e senza ma. Anche gli enigmi sono gradevoli. Nulla di troppo complicato finora ma piuttosto efficace anche se a volte leggermente macchinoso.

Ma se imparate a pensare come a Rusty entrerete “in gioco” ed il ritmo salirà esponenzialmente. Basta trovare il là e, almeno in questo prologo, nulla è troppo complicato. Come se non bastasse, premendo il tasto H (e chi lo fa, secondo il gioco è una mammoletta… mammoletta… dove abbiamo già sentito questa frase?) si attivano gli hotspot. Si tratta, per chi non lo sapesse, dei punti dell’ambientazione con i quali interagire. Ognuno di essi è segnato con un’icona a forma di scudo con Occhio per guardare, mano per poter prendere o utilizzare o combinare, e fumetto per parlare. Semplice, no?

Giusto ribadire come il gameplay, l’ambientazione ed alcuni orpelli grafici siano un costante rimando a classici dei videogiochi, della letteratura e del cinema.

GRAFICA D’ATMOSFERA, OTTIMO SONORO

Dal punto di vista tecnico, Madievals offre buoni spunti. Stiamo pur sempre parlando di una versione in early access di un prodotto indie realizzato da pochissime persone: tutto può essere migliorato.

Il 3d è di discreto livello anche se i modelli poligonali sono rozzi e le texture altalenanti. Lo si nota anche quando si seleziona il massimo livello grafico qualitativo. A compensare, però, questo lato, ci sono i tantissimi effetti ambientali e particellari che creano atmosfera.

L’interfaccia dell’inventario, a scomparsa, è classica ed è fatta molto bene così come il diario delle “missioni” dove vengono annotate le cose da fare e quelle fatte. Gli artwork presenti sono gradevolissimi. Buone le animazioni ma anche qui migliorabili mentre la fluidità ci sembra già ottimale.

La parte migliore, dal nostro punto di vista, è quella sonora. Se le musiche sono davvero interessanti ed ottimamente integrate con ogni azione, il doppiaggio in inglese ci è sembrato avere una marcia in più.

Il protagonista è ben rappresentato dal tono di voce ed i dialoghi sono caratterizzati davvero bene. Così come quelli con il custode e con le varie entità delle bare del cimitero. E poi c’è Roy Spiderweb…

COMMENTO FINALE

Madievals è sicuramente un’avventura fuori le righe ed a tratti coraggiosa. I motivi sono tanti. In primis andare sul 3d quando le avventure grafiche punta e clicca in 2d rimangono comunque le più appetibili, almeno concettualmente, dal grande pubblico.

Il secondo motivo per cui ci sentiamo di definire coraggiosa l’opera di Raffaele Bonfanti (sviluppatore italiano indie) è per la trama e per come viene narrata . Brillante si, come tante però, demenziale e ricca di anacronismi e richiami alle opere di altri medium. Potrebbe essere motivo di confusione, invece qui fila tutto liscio ed è divertente. Per davvero.

I tanti rimandi potrebbero, inoltre, far pensare che il gioco non abbia una sua identità. La bravura, invece, è stata in questo: Madievals, soprattutto per merito del suo protagonista Rusty, ha vita propria. E non vediamo l’ora di continuare il nostro cammino nel regno di Manzasum per conoscere anche Spoffy, il nobile destriero del protagonista, e gli altri stravaganti personaggi di questa folle, demenziale, anacronistica e divertente avventura grafica punta e clicca.

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Pax Nova, Anteprima di Danny DSC

Grey Wolf Entertainment è una piccola software house fondata nel 2015 con base a Leiria, in Portogallo. È conosciuta dagli appassionati di giochi strategici per lo sviluppo di Dawn of Andromeda. Questo particolare 4X, portava con sé un buon numero di nuove idee, purtroppo con qualche punto debole. Il 9 maggio, insieme al publisher Iceberg Interactive, ha portato su Steam, il nuovo progetto attualmente in sviluppo. Stiamo parlando di Pax Nova, un prodotto che si dichiara subito ambizioso e particolareggiato. DannyDSC ha provato per noi il gioco, e curerà questa anteprima.

STRATI, PIANETI, E MUFFOLE

Ad oggi, il genere dei 4X vanta un buon numero di esponenti, ma il genere ha sempre combattuto una stagnazione quasi congenita. Tra i tanti team di sviluppo che tentano di innovare la formula, i ragazzi portoghesi di Grey Wolf hanno optato per una scelta piuttosto ambiziosa, ne parleremo tra poco.

Trattandosi di un’anteprima, in questa sede non andremo ad approfondire il background alla base di Pax Nova, e ci soffermeremo su ciò che il titolo ha da offrire. Giusto per dare un contesto, quale che sia la fazione selezionata, il gioco partirà nell’anno 2312, nella galassia di Eos.

Ogni fazione che il gioco propone è ben differenziata dalle altre, ed è guidata da un personaggio carismatico. Potremo anche decidere di creare una razza personalizzata, con tanto di nome e stemma. Scesi sul pianeta, ci troveremo davanti ad una mappa con inquadratura isometrica molto simile ai Civilization. Il gioco presenta una griglia esagonale invisibile, ed è facilmente riconoscibile dal sistema di gestione delle città.

La scelta ambiziosa di cui parlavamo prima, è che il gioco non si svolgerà solamente su Eos, ma su un’intera galassia, poiché i “livelli” di gioco sono due, un planetario e uno galattico. Inutile dire che questa scelta rappresenta un bel passo avanti per l’intero genere, visto che la galassia proposta vanta molti pianeti, ognuno che biomi differenti.

INTERFACCIA















L’interfaccia di Pax Nova è pulita e minimale. In alto, una serie di indicatori illustrerà dati riguardanti la tesoreria, editti e sentieri, la ricerca, la diplomazia, e le quest.

In basso, i dati relativi alle unità selezionate. Mentre diplomazia, ricerca e quest sono di uso comune in questo tipo di giochi, vogliamo parlare un momento degli editti e dei sentieri.

Gli editti, funzionano come le leggi, e possono avere diverse ripercussioni sulla nostra politica. Fornire cure gratuite a tutta la popolazione, garantirà un plus alla libertà e alla prosperità dei nostri coloni, ma avrà un costo fisso sia per turno, che per città. Quali che siano le nostre scelte in merito agli editti, avranno poi un’influenza importante per i “sentieri”. Il tipo di sentiero che decideremo di intraprendere con la nostra fazione, avrà impatto sulla diplomazia ma anche sui bonus ad esso associati. Il sentiero di Gaia ad esempio, è incline all’uso di energie rinnovabili, rispetto per l’ambiente, riduzione dell’inquinamento. I sentieri, verteranno anche sul successo di determinate quest. Questo sistema è attualmente ancora acerbo, ma se sviluppato a dovere sarà davvero garantirà una profondità di gameplay davvero importante.

GESTIONE CITTADINA

Per quanto riguarda lo sviluppo delle città, dobbiamo prima fare un excursus sulla mappa principale. Ogni pianeta ha un determinato quantitativo di risorse: si passa da quelle minerarie al cibo, a quelle che garantiscono un bonus alla ricerca.

É importante posizionare la città in modo da sfruttare al massimo il più alto quantitativo di risorse possibili, considerando anche la presenza di fiumi e laghi, utili per l’espansione della nostra capitale. Edificata la prima città, potremo iniziare la costruzione grazie ad un pratico menu posto sulla destra. Ogni struttura, oltre ad un costo, potrà essere sfruttata appieno solo se forniremo un gruppo di coloni (uno slot) per il mantenimento.

Ad esempio, se costruiremo un distretto militare ma non assegneremo del personale, non potremo costruire alcuna unità.  Con il passare dei turni, verranno sbloccati altri coloni che potremo assegnare ad altre costruzioni.

RICERCHE IN PAX NOVA

Le ricerche, sbloccheranno vari bonus che potranno essere passivi, o applicabili a costruzioni che svilupperemo nelle nostre città. Per fare un esempio, una delle nostre farm potrà essere aggiornata per mezzo di tecnologie rinnovabili, che andranno ad aumentare la produzione di cibo, riducendo l’inquinamento.

C’è poi un tipo di ricerca molto particolare, che rappresenta un’altra delle novità proposte dai ragazzi portoghesi. Alcuni tipi di ricerca, principalmente quelle militari, permetteranno di modificare gli armamenti e le armature di tutte le nostre unità.

Potremo aggiornare quelle esistenti per mezzo di un semplice click, e questo cambiamento sarà tanto tangibile in quanto a statistiche, quanto a livello grafico. Unico grosso neo, è che al momento tutte le unità di tutte le razze sono identiche, e questo va a minare pesantemente la varietà. C’è da dire che il sistema di design delle unità è davvero molto interessante, e le potenzialità per qualcosa di veramente entusiasmante ci sono tutte. È necessario però che ogni fazione abbia unità ben diversificate, sia in termini estetici che pratici.

COMBATTIMENTO









Il combattimento è piuttosto classico, e verte sui punti vita, attacco e difesa. Ricerche su armature e armi, potranno aumentare le statistiche delle varie unità, garantendo la sopravvivenza che sulle prime fasi è praticamente impossibile. Abbiamo fatto diverse prove durante le nostre partite, e la fauna locale ci è sembrata da subito decisamente potente e aggressiva. Ricercare unità avanzate e potenziamenti, rappresenta quindi un’ottima strategia nella parte iniziale del gioco. Ogni unità aumenterà anche di livello, dopo un certo numero di combattimenti. A differenza di giochi come Warhammer 40K Gladius, il livello non garantirà accesso anche a particolari abilità, ma solo ad un miglioramento delle varie statistiche. Ci auguriamo che questa possibilità venga aggiunta con i futuri aggiornamenti.

PAX NOVA, SPAZIO ULTIMA FRONTIERA

Il secondo strato di Pax Nova è la controparte spaziale. Costruito uno spazioporto e sviluppata la tecnologia necessaria, potremo arrivare a costruire scout (le unità iniziali) e navi da combattimento, oltre che navi colonia come quella che ci ha portato su Eos. La struttura della fase spaziale è simile alla sua controparte planetaria, ma aggiunge un’ulteriore profondità, anche se al momento il numero di pianeti visitabili al momento è piuttosto limitato.

GRAFICA E SONORO









La colonna sonora è al momento ridotta ad alcune tracce, e se state pensando ad un piccolo Stellaris, siamo ancora lontani.

Tecnicamente parlando, il gioco presenta alti e bassi. L’interfaccia è buona, e la caratterizzazione di ogni fazione è ben proposta a livello grafico, ma le unità sono identiche per tutti, e questo è un punto a sfavore. Le animazioni sono appena sufficienti, e la mappa principale e un po’ tutto il comparto grafico, necessitano di lavoro, sia per quel che riguarda la varietà, che per la pulizia delle immagini.

L’anima c’è, ed in un titolo di questa portata, la grafica può anche passare in secondo piano. Ma Stellaris ha cambiato tutte le carte in tavola, ed oggi è la pietra di paragone per ogni 4X di stampo fantascientifico. Il discorso sulle unità poi, per noi è in cima alla lista.

COMMENTO FINALE

Questo primo assaggio di Pax Nova ci ha presentato un gioco decisamente interessante, e con un potenziale enorme. I due piani di gioco che vanno ad intersecarsi durante il passaggio dei turni, sono una strada che in pochi hanno tentato di percorrere, spesso fallendo.

Grey Wolf però, ha già dimostrato che il sistema funziona. L’organizzazione delle ricerche e dei potenziamenti è molto interessante. Affiancato ad un sistema che prevede unità diverse per ogni fazione, garantirà ore ed ore di divertimento. La gestione delle città è profonda, grazie anche al grande numero di variabili. Insomma, pur con alcuni difetti congeniti di un early access, guardiamo con ottimismo verso un prodotto che se sviluppato con cura e senza fretta, dirà la sua.

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Field of Glory Empires, Anteprima

Si può dire tutto, ma non Slitherine non sia una software house con sfumature eclettiche. Il publisher inglese propone titoli a ripetizione e, ultimamente, non ne sbaglia una. Immaginiamo una riunione di lavoro del team per decidere su qualche nuovo progetto puntare. Qualcuno avrà parlato di quanto fosse bello il sistema di combattimento e la parte tattico/strategica di Field of Glory II, un altro avrà proposto di cambiare genere, puntando su un grand strategy game. Poi, un terzo (sicuramente il più folle), avrà esordito con un’idea pazzesca: “perché non applichiamo ad un buon grand strategy game il sistema di Field of Glory II? “.

Sicuramente il silenzio è calato nella stanza, e qualcuno avrà anche detto che era impossibile. Eppure tutti, erano colpiti da questa idea. Prima uno schizzo, poi qualche parola, fino ad un’idea di fondo. Ma c’era un problema: a chi affidare un compito così difficile? Realizzare un buon grand strategy game è già difficile, ma qui si parla di armonizzarlo con il combattimento tattico e profondo di Field of Glory II. E chi poteva essere meglio attrezzata ed esperta di Ageod?

La software house francese, vanta una lunga serie di titoli strategici a carattere storico, e lavorare su un progetto così ambizioso dev’essere stato decisamente affascinante. Siamo così arrivati all’annuncio di quello che probabilmente è uno dei progetti più ambiziosi del publisher britannico, Field of Glory Empires. Un 4X (avete capito bene, non solo un grand strategy game, ma anche 4X) ambientato nel periodo di Roma antica. Il fascino di un periodo storico con tanti appassionati, unito ad un sistema di gioco profondo, attraente, moderno e complesso.

E il sistema di combattimento di Field of Glory II (qui da noi recensito), vengono i brividi solo a pensarci. Slitherine però, conscia della portata del progetto, ha deciso di sfruttare il periodo di sviluppo anche come fase di testing (e far schizzare l’hype alle stelle), creando una serie di sfide che i giocatori devono completare entro un certo limite temporale, con tanto di invio di screenshots per “validare” la propria partecipazione. Il titolo non ha ancora una data d’uscita, e nel futuro sono attese altre sfide. DannyDSC, non si è tirato indietro, e indossata una comoda toga e recuperata una corona d’alloro, ha curato questa anteprima.

MISCHIAMO ALCUNI INGREDIENTI…

Se avete letto la recensione di Field of Glory II, saprete che il titolo non solo ci ha convinto, ci è proprio piaciuto. Uno strategico tanto profondo quanto immediato, eppure non semplice, ma davvero appagante. Però, aveva un punto debole, la campagna. Questa, infatti, era un po’ dispersiva ed impersonale anche se non cambiava di una virgola la qualità del prodotto. Ageod è ben conosciuta tra gli appassionati di strategici, soprattutto quelli di livello “advanced/expert/grognard”.

Impossibile dimenticare Alea Jacta Est, un prodotto non perfetto, ma che garantiva ore ed ore grazie ad un numero di scenari elevato, e una profondità tattica degna di un boardgame. Per chi fosse interessato, è possibile recuperarlo anche in italiano, cosa rarissima per questo tipo di prodotti. Eppure, sia Field of Glory II che Alea Jacta Est, avevano nella campagna il loro punto debole. Ma se unissimo la mappa del secondo, con il gameplay del primo, modernizzando l’interfaccia, e con un sistema di produzione/reclutamento più immediato, cosa avremmo davanti?

Abbiamo volutamente “sintetizzato”, ma quello di qui parliamo, è Field of Glory Empires. È bene precisare una cosa: sebbene il prodotto sia un grand strategy game di stampo “moderno”, è richiesta dedizione, pazienza, voglia di sbagliare ed imparare. Siamo in serie A signore e signori. E ad ottimi livelli.

INTERFACCIA CHIARA



















Trattandosi di un’anteprima, ci focalizzeremo su ciò che il gioco offre, considerando che il prodotto è una beta. C’è, quindi, tutto il tempo di migliorare, cambiare, reinserire in corsa. Parlando dell’interfaccia, la mano di Ageod si vede tutta, anche se in questo caso il passo avanti è netto.

L’interfaccia è snella, pulita e chiara. In alto a sinistra, i pulsanti uscita, opzioni, salvataggi. Al centro, i valori di tesoreria, forza lavoro, diplomazia, lo stendardo della fazione controllata che dà accesso ad ulteriori menu. Sulla parte più a destra, il menu che fornirà un riassunto delle varie regioni, il quantitativo di metallo a nostra disposizione, e i punti legacy, di cui discuteremo più avanti. Ancora a lato, il tasto che ci permetterà di finire il turno. Ogni messaggio relativo all’impero, verrà ridotto ad icona sul lato destro dello schermo, mentre in basso troviamo la mini mappa, con tutti i filtri relativi a rotte commerciali, fazioni, e molto altro. In basso a sinistra, abbiamo l’icona “console”, dove verranno riepilogate tutte le mosse e le informazioni importanti che sono accadute nel turno precedente, specialmente quelle nemiche.

Questo menu, di default ridotto ad icona, e va aperto solo quando serve, lasciando quindi come protagonista, ma bella mappa di gioco. Questo, permette al giocatore un ampio controllo sulla plancia, non invasa da una valanga di menu o popup. Più semplice di così è impossibile, eppure con pochi click si ha a portata un impero fatto anche di decine e decine di regioni. È così difficile fare un’interfaccia chiara e immediata nel 2019? Per Slitherine e Ageod no, e ne siamo felici.

GESTIONE DELL’IMPERO









Passiamo ora in rassegna, il controllo delle provincie e la produzione. Ogni provincia può avere una roccaforte e può essere migliorata per mezzo di una lunga serie di costruzioni. Un acquedotto, aumenterà la salute della popolazione, aumentando la nostra forza lavoro.
Un mercato, produrrà entrate aggiuntive ad ogni turno, mentre un allevamento di bestiame, garantirà il cibo necessario al mantenimento dei nostri cittadini.

Ogni costruzione però, graverà sulle nostre infrastrutture, quindi è importante decidere con molta attenzione cosa costruire e cosa evitare. Nella schermata di riepilogo della città, troveremo icone con vari indicatori attribuiti alla difesa della provincia, alla lealtà e alla composizione della popolazione, al livello di decadenza di cui parleremo più avanti, ai livelli di cibo, infrastrutture, e molto altro.

La schermata è talmente chiara, che in pochi minuti avrete una panoramica sulle necessità più importanti, e su cosa investire in futuro. Precisiamo che è possibile costruire un edificio per volta, quindi ogni azione va pianificata con attenzione. Il reclutamento delle unità, varierà anche in base alle materie prime e alle strutture a disposizione della provincia di appartenenza. Non potremo reclutare unità di cavalleria senza un maneggio, e le caserme sono un requisito base delle unità avanzate. In questo gioco, tutto è interconnesso, e questo aumenta molto sia la profondità, che l’immedesimazione.

DIPLOMATIA






Come in tutti i grandi giochi di strategia, la parte diplomatica ha un ruolo molto importante. E anche qui, la beta di Field of Glory Empires, non delude.

E fin da ora abbiamo tutte le classiche opzioni che accompagnano questo tipo di giochi: dall’alleanza alla guerra, del “regalino” per aumentare la propria reputazione alla richiesta di collaborazione. La relativa schermata, ci mostra, oltre al tipo di relazione, anche il tipo di governo e i trattati che quella fazione ha firmato.

LEGACY & DECADENCE






I concetti di Legacy e Decadence, sono due facce della stessa medaglia. I punti Legacy, determineranno il nostro successo alla fine del gioco, e si basano sugli obbiettivi raggiunti, il numero di regioni controllate, eventuali meraviglie costruite.

Il concetto è tanto semplice quanto interessante. Anche se la nostra fazione dovesse ad un certo punto cadere per mano nemica, il raggiungimento di vari obbiettivi e la costruzione di determinati edifici, potrebbero comunque vederci vincitori alla fine dello scenario. Al contrario, possedere tre quarti di mappa ma senza alcun tipo di politica “sociale”, potrebbe portarci alla sconfitta.

La Decadenza, che a sua volta è la contrapposizione del progresso, è dettata dalla mancanza di scuole, e di luoghi di culto in cui la popolazione possa professare il proprio credo. Un’espansione troppo veloce e priva di attenzione alla salute e ai desideri della popolazione, aumenterà questo valore. Un livello di decadenza troppo alto, potrà portare la popolazione alla guerra civile. Questi due concetti, spesso vengono proposti sotto altre forme in diversi 4X. Ageod ha fatto sue queste esperienze, per portare un concetto storicamente attendibile e realistico, superbo.

IMPERI IN GUERRA












Il lato “battagliero” del titolo, vive di due anime e non vedevamo l’ora di parlarvene. Reclutato e preparato il nostro esercito, andremo ad affrontare il nemico passando dalla visuale principale ad una a volo d’uccello. I valori che determineranno la disfatta o la vittoria, varieranno in base ai rifornimenti. Ma anche alle statistiche delle unità, e in caso di assedio, al morale e alla stanchezza di entrambe le parti. Le nostre truppe verranno posizionate in falangi orizzontali in automatico, e fronteggeranno la fazione opposta in una serie di schermaglie a turni.

Non avremo alcun controllo diretto in questa fase. Sarà il nostro acume logistico/strategico a predisporre un’armata superiore a quella avversa. Leggendo queste parole, penserete che quello di cui abbiamo all’inizio dell’articolo, sia fumo negli occhi. E invece no. Nel caso fossimo alle prese con una battaglia davvero importante, e volessimo intervenire direttamente sul campo di battaglia, non dovremo far altro che esportare il relativo file su Field of Glory II, combatterla, e poi caricare il risultato su Field of Glory Empires.

Questa funzione non è solo comoda, è davvero unica. La maggior parte dei grand strategy games vede due unità corrispondenti agli eserciti fronteggiarsi per poi passare ad altro, ma qui potremo intervenire in prima persona. È chiaramente una chicca indirizzata agli appassionati, ma data la grandissima profondità di Field of Glory II, una feature del genere è tanto bella quanto utile. Ricordate che le falangi sono orizzontali? Cosa accadrebbe se caricassimo il file su Field of Glory II e usassimo la cavalleria per attaccare alle spalle la fanteria? Purtroppo non abbiamo ancora avuto occasione di provare quest’opzione, ma non vediamo l’ora di metterci le mani sopra.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE, QUELLA FURBA



L’AI del gioco è furba, dannatamente furba. Nello scenario di Cartagine, siamo andati in contro a quella che sembrava una sparuta compagnia di pirati, salvo poi venire completamente annientati dai loro amici che ci aspettavano in una provincia adiacente.

Abbiamo fatto anche altre prove. Ad esempio, abbiamo lasciato la provincia di Septa incustodita, per vedere se il nemico ne avrebbe approfittato. Non ci ha pensato nemmeno un turno, e l’ha conquistata in un batter d’occhio. Anche il comportamento durante la fase diplomatica è coerente, segno che lo sviluppatore ha portato una beta già ben rodata sotto questo punto di vista.

FUNZIONALE, È BELLO

Tecnicamente, il titolo è bello da vedere, anche se non eccelle: la mappa di gioco è ampia, con tante regioni, ed è possibile anche ruotarla. Ma le province sono graficamente simili ed un po’ di varietà in più non guasterebbe.

Plauso, invece, per le unità. Tutte diverse, graficamente ben caratterizzate, e con animazioni semplici, ma tutto sommato gradevoli, ed in piena linea con Field of Glory II, da cui Empires eredita una porzione della grafica di gioco durante la battaglia. Prova che non servono dlc a pagamento per fare unità diverse. Per quanto riguarda il sonoro, il tema principale è orecchiabile e ispirato, mentre le quattro tracce riservate a questo scenario, seguiranno le nostre avventure senza annoiarci, pur rimanendo nella media. Certamente il titolo ha molto più da offrire che non siano grafica e sonoro, ma le unità sono un valore aggiunto inestimabile, soprattutto di questi tempi…

COMMENTO

Field of Glory Empires, è un progetto ambizioso, interessante, coraggioso. L’idea di portare le battaglie sui campi di Field of Glory II è una delle feature che attendiamo con più impazienza. Ma possiamo dire senza ombra di dubbio che questo prodotto ha un’anima molto marcata.

L’immedesimazione e la gestione dell’impero sono tanto immediati quanto profondi ad ogni schermata, comprese quelle lunghe e dettagliate d’aiuto, traspira di passione e attenzione per i dettagli. È un prodotto per gli appassionati di storia, di strategia, e anche di tattica (appena sarà possibile esportare i file). Inoltre, è un 4X, non un semplice grand strategy game.

E casomai non lo avessimo già scritto, parliamo di una beta. Confidiamo in una futura versione finale anche boxata, magari come la splendida edizione proprio di Field of Glory II. E ora, quali saranno le sfide da affrontare in futuro? Purtroppo non ci è dato saperlo, ma non vediamo l’ora.

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There Was a Dream, Anteprima

Il movimento indie italiano lancia segnali ottimistici. Sono tanti gli studi che stanno facendo molto bene. Cartel Games, Hammer&Ravens, Wisdom Games, Fantastico Studio, sono solo alcuni dei cosiddetti “indiedev” che con i loro progetti e la loro passione, vogliono proporre buoni prodotti pur con budget limitati. Il titolo di cui parleremo oggi è There Was a Dream, sviluppato dal duo italiano Keydare Project.

Si tratta di un gioco di ruolo survival molto particolare che è già disponibile sulla piattaforma itch.io. DannyDSC ha provato il gioco e ci ha fornito questa anteprima.

SIAMO FATTI DELLA STESSA SOSTANZA DEI SOGNI

I sogni, sono esperienze di una vita passata? O desideri e paure inespresse? O forse, il sogno è un viaggio in un’altra dimensione?
La nostra giovane Claire, ha 26 anni, e dopo una lite con i genitori, decide che è arrivato il momento di vivere da sola.
Cambia città, e la solitudine è la sua unica amica. Forse è proprio “lei”, insieme ad una casa spoglia e del tutto impersonale, a far riemergere nella nostra eroina una scintilla sopita da tempo. Tempi felici, in cui i sogni di una piccola bambina la facevano volare tra le stelle, accarezzare creature dalle fogge più uniche, e viaggiare in terre color oro e smeraldo. Quei luoghi, Claire li aveva già visitati da bambina, con i suoi nonni, ed ora, è tornata. Come può essere possibile?
La risposta a questa domanda la fornirà Xehor, membro di una razza non specificata che abita da tempo questo luogo incantato. Gli abitanti del reame incantato sono in pericolo, e vengono rapiti senza motivo apparente. Starà a Claire e al suo compagno far luce su questo mistero, tra mille avventure ed un mondo che aspetta solo noi.

UNA PIACEVOLE BREZZA ESTIVA












Avviato il gioco, Xehor ci aspetta sulla spiaggia, pronto a fornirci i primi rudimenti su quello che dovremo fare. There Was a Dream è un gioco di ruolo survival, con una mappa open world da 4 chilometri quadrati. In questo tipo di prodotti, specialmente se sviluppati da software house indipendenti, il primo problema è spesso rappresentato da un mondo ampio ma vuoto, spazi aperti ma impersonali. Fughiamo subito il primo dubbio, perché questo prodotto ha un level design ispirato e ben congeniato.

Ogni parte della mappa è studiata con molta attenzione, e gli spazi aperti sono lasciati ad aree dove lo sviluppatore ha voluto dare al giocatore una forte sensazione di libertà. Già dalla partenza, su una spiaggia soleggiata, avremo a disposizione una pratica guida posta sul lato sinistro dell’interfaccia, mentre sul lato destro verranno riepilogate le quest e gli obbiettivi. Claire avrà a disposizione una serie di “armi” e di strumenti. Una cosa che abbiamo gradito, è che le armi, non sono affatto quello che ci si potrebbe aspettare.

Per farvi un esempio, la prima arma a disposizione sarà un fantastico sturalavandini ultimo modello. Gli strumenti sono di vario tipo, e vano dalla classica torcia, ad un mirabolante ombrello che ci permetterà di planare. Tutto quello che abbiamo elencato, come per quanto riguarda la conformazione dei livelli, non è messo a caso, a funzionale. Lo sturalavandini ci permetterà di difenderci, ma anche di attaccare mostri che forniranno materiali per il crafting e cibo. L’ombrello, ci permetterà di raggiungere zone altrimenti inaccessibili, la torcia illuminerà il buio di una notte senza fine.

E questi sono solo alcuni esempi di ciò che potremo usare durante la nostra avventura. C’è poi da parlare della componente survival e del crafting. Claire e Xehor hanno bisogno di cibo per continuare a correre, e il cibo verrà ricavato dai frutti degli alberi, o come dicevamo sopra dalle creature.












Quando Xehor è al nostro fianco, assumerà la forma di un piccolo gatto nero, che da solo vale il prezzo d’acquisto del titolo. Potremo anche controllarlo, ad esempio quando dovremo raccogliere cibo per il suo sostentamento. Il concetto di survival non si applicherà solamente alla nostra sopravvivenza, ma anche alla fase di costruzione della nostra casa. Avete letto bene, potremo mettere radici, creando un vero e proprio appartamento dalle forme che più ci piacciono. La fase di costruzione è ben fatta e anche molto divertente, soprattutto grazie ad un tocco grafico davvero azzeccato.

Ovviamente, la raccolta di risorse e materiali richiede spazio, e grazie allo zaino a nostra disposizione, avremo un colpo d’occhio immediato sull’inventario.
A differenza di molti altri titoli che propongono la classica schermata a griglia quadrata, qui il nostro zaino non sarà solo un orpello grafico, ma lo apriremo per valutarne il contenuto. All’interno del diario invece, potremo consultare le quest attive, la mappa di gioco e le statistiche della nostra eroina. I ragazzi di Keydare Project però, non si accontentano mai, e ad ogni update aggiungono qualcosa di bello e strabiliante.

Avete mai sognato di prendere un treno voltante? Potete farlo. Avete voglia di prendervi cura di un cavallo, e poi gareggiare? C’è anche quello. E dato che parliamo di corse, è possibile anche guidare veicoli, facendo attenzione a non rimanere senza carburante lungo il percorso, come è successo a chi redige questa preview. Insomma, c’è tantissima carne al fuoco e il duo italiano si sforza tantissimo per sistemare bug, migliorare la stabilità e le prestazioni, e seguire i feedback della community. Ma fate attenzione, perché il sogno può anche diventare un incubo, e nel mondo di There was a Dream, dovrete affrontare anche quello.

GRAFICA E SONORO












Parlando del lato tecnico, la grafica di gioco stupisce per la qualità. Gli ambienti sono vari, ricchi di particolari, con spiagge che si alternano a foreste, montagne, città. Unico neo, è forse un effetto “bloom” davvero troppo marcato, e performance che appesantiscono in modo ingiustificato le performance di gioco. Ad esempio, sul nostro fidato Asus G752 il gioco risulta piuttosto pesante, costringendoci a ridurre il dettaglio grafico, così da avere una fluidità migliore.

Nulla di particolarmente grave, considerando che il gioco, attualmente in fase alpha, viene regolarmente aggiornato e migliorato. Per quel che riguarda la colonna sonora, il tema principale è splendido, mentre le musiche di contorno al momento risultano un po’ povere, ma anche qui, vale il discorso fatto prima.







COMMENTO FINALE

Questo primo assaggio di There was a Dream, è davvero positivo. La grafica di gioco, ispirata alla campagna italiana, è ricca di dettagli e i livelli sono sviluppati con cura.

Siamo solo in alpha eppure la quantità di cose già fatte è immane. Dal crafting alla caccia, dalle quest alla costruzione della propria casa, dal solo esplorare alla personalizzazione del personaggio. Insomma, tanta carne al fuoco e ben cucinata, che necessita solo di qualche lavoro sulle perfomance, così da rendere questo gioco ancor più sorprendente. Ma se questa è solo un alpha, cosa ci aspetterà nella versione finale?

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The Last Hex, Anteprima

I giochi di carte, hanno radici profonde e molto variegate, soprattutto per i ragazzi più giovani. Ma anche chi ha superato i famosi “enta” (ah, che brutta bestia, ndr), ricorderà Magic The Gathering. Da questo genere, in campo digitale, negli ultimi anni sono nati ed evoluti i “deck builder”, giochi con meccaniche di vario tipo, ma con un unico comune denominatore, la creazione di un mazzo con cui procedere nell’avventura.
Questo tipo di prodotti è spesso associato ai giochi di ruolo (deckbuilding rpg), e più propriamente ai roguelike. Il titolo che vi presentiamo oggi, The Last Hex, è l’opera prima dello sviluppatore americano That Indie Studio. Il gioco, uscito in accesso anticipato su Steam ieri, 10 maggio, si propone come un deckbuilding rpg profondo e variegato. DannyDSC lo ha provato così da proporci le sue primissime impressioni.

SPACCHETTIAMO?

Quando il sottoscritto era giovine giovine, uno dei ricordi più belli giocando a Magic, era la fase di “spacchettamento”. Andare a comprare nel negozio di fiducia la sudata nuova busta, era un evento settimanale. Purtroppo, chi scrive l’articolo non era in buona compagnia, perché, all’epoca, in pochi giocavano con le carte. Ma a lui non importava, perché oltre ad aver voglia di giocare, adorava leggere i testi delle carte, e godere di quei disegni fatti da veri maestri della grafica. Purtroppo, quel negozio di fiducia, oggi non c’è più. È sparito tanto tempo fa, ed in parte, anche la passione per i giochi di carte, o almeno, era quello che pensavamo.

La possibilità di provare e scrivere un articolo su questo gioco, è stata tanto casuale quanto felice. L’editore di “The Gazette of Independent Gaming”, uno dei nostri compagni di ventura nel mondo indie, ci ha messo in contatto con lo sviluppatore, e voi vi domanderete perché. Rispondiamo velocemente: Ilvideogioco.com è uno dei pochi giornali online del nostro Paese impegnati in prima linea e fattivamente su questo fronte ed, inoltre, lo sviluppatore in questione, Luigi Garnuccio, ha chiarissime origini italiane. Era ovvio che ci saremmo occupati di questa prova. Finita questa fase introduttiva, è ora di parlare del prodotto in questione, The Last Hex.

L’INIZIO DELLA QUEST





The Last Hex, è un gioco che va a miscelare la componente rpg roguelike, con meccaniche da deckbuilding. Detto così sembra impersonale, e anche poco chiaro, quindi proprio per questa preview, andremo a concentrarci su questi aspetti.

Prima però, dobbiamo spigare il perché il nostro eroe, parte all’avventura. Ebbene, un’armata di non morti ha invaso il regno, e vuole conquistare la capitale.

Ad ogni turno, le orde di non morti guadagnano terreno, e si fanno sempre più minacciose. Il nostro compito, sarà quello di partire per la quest della vita, e sconfiggere il re dei non morti, salvando il regno. Cliché abusato, e sicuramente non originale, ma funziona sempre, e mai come in questo caso, si armonizza bene nel contesto di gioco. All’inizio di ogni partita, sceglieremo la classe del nostro eroe senza nome.

Ogni classe ha carte e statistiche di partenza differenti, come anche la quantità d’oro a disposizione. Ad esempio la forza, determinerà il quantitativo di danno massimo di ogni carta, ma avere un’alta arcana, ci permetterà di giocare più carte nello stesso turno. Le classi di partenza sono davvero tante, ognuna con i suoi punti pro e i suoi contro, e un’abilità innata unica.
Ad esempio, il contadino riceverà 25 monete per ogni esagono esplorato. La creazione del proprio personaggio, è al momento limitata al cambio di ritratto, ma ci auguriamo che in futuro venga aggiunta qualche possibilità di personalizzazione.




Durante una chiacchierata con lo sviluppatore, è emerso che uno degli aspetti che verrà implementato nei futuri aggiornamenti, sarà la personalizzazione del mazzo iniziale.
Questa notizia, farà sicuramente felici, tutti quei appassionati che sfruttano parte del tempo nella creazione del mazzo perfetto per il proprio stile di gioco. Il nostro eroe, avrà anche un equipaggiamento, che avrà importanti ripercussioni durante la partita. Elmo, armatura, un’arma principale ed una secondaria, un anello, un ciondolo ed un artefatto. Ogni elemento potrà avere bonus riguardanti il danno, una quantità di vita aggiuntiva, la possibilità di giocare più carte durante il turno, e molto altro.

Durante i nostri gameplay abbiamo fatto diverse prove, e possiamo dire senza ombra di dubbio che la varietà è assicurata.  Queste attrezzature potranno essere acquistate nelle varie città sparse nella mappa, acquisite durante alcuni eventi, o sconfiggendo i boss durante il percorso. Insomma, per una personalizzazione che appare scarna ad una prima occhiata, c’è molto su cui lavorare giocando.

BISACCIA, SPADA E PROVVISTE




Scelto il personaggio, il gioco ci proporrà una veloce carrellata di quella che è la mappa. Il percorso da affrontare, si snoderà su una plancia orizzontale con griglia esagonale, dove ogni casella proporrà un combattimento, un evento o una città.
Ci ha ricordato molto, lo stile dei giochi di ruolo “con carta e penna”, e lo stesso sviluppatore vede The Last Hex, come un Dungeons & Dragons con meccaniche da gioco di carte, piuttosto che il contrario. Inoltre, ogni partita sarà unica perché la mappa è generata proceduralmente e gli esagoni posizionati casualmente. Tale caratteristica, renderà ogni partita unica.

Durante le nostre prove, abbiamo notato che l’algoritmo atto alla generazione delle mappe lavora molto bene, perché ogni avventura è iniziata in modo diverso. Ovviamente prima o poi si noterà una certa ripetitività, ma il risultato è davvero buono. Gli eventi sparsi nella mappa possono portare ad un nuovo oggetto da equipaggiare, punti ferita, combattimenti, oro, e altro. Nelle città invece, potremo riposare per ripristinare la salute, acquistare carte e pozioni, migliorare le proprie caratteristiche, e come detto sopra, acquistare nuovi oggetti per il nostro equipaggiamento.

CORNI DA GUERRA



Il combattimento è a turni. Il nostro eroe (e il nemico), pescherà una serie di carte, che potrà giocare per un numero massimo in base alle proprie caratteristiche. Le carte si dividono in offensive, difensive, e istantanee. Quelle offensive si riferiscono agli attacchi, le difensive saranno “lo scudo” che ci permetterà di non subire danni alla salute in caso di attacco nemico, mentre quelle istantanee potranno eliminare i malus negativi, curare il veleno, curare la salute, o danneggiare l’avversario. Ad ogni turno le carte non utilizzate andranno nel cimitero, e se ne pescheranno di nuove. Questo fattore è molto importante dal punto di vista strategico. Sfruttare un attacco subito o aumentare la propria difesa?

Inoltre, ogni nemico che affronteremo ha un suo mazzo speciale, che verrà reso visibile solo dopo averlo sconfitto. La fase di combattimento è tanto veloce quanto pragmatica, sia nelle fasi iniziali che in quelle avanzate. Si ha sempre l’impressione di sfidare i propri limiti, e di affrontare nemici sempre più forti. È un gioco punitivo, e anche se di tanto in tanto l’AI evita di darci immediatamente il colpo di grazia, arriva. Inizialmente, eravamo partiti con un approccio tutt’altro che concentrato, pensando di goderci la partita nella fase iniziale, sicuri che il bello sarebbe venuto dopo.

Tutt’altro, il bello è venuto subito e un lupo ci ha portato al game over dopo pochi turni. Il gioco non permette salvataggi manuali, e questo significa che alla morte del personaggio, corrisponderà l’inizio di una nuova partita. Durante il nostro miglior gameplay, siamo arrivati fin quasi al limitare dell’orda di non morti, per poi arrenderci ad un drago, decisamente troppo forte per noi.
Il combattimento poteva volgere a nostro favore, se avessimo tenuto un pugnale che ci garantiva l’uso di una carta aggiuntiva per turno. L’acquisto di una spada che donava ad ogni attacco danni da fuoco ci sembrava strategicamente utile, ma in questo particolare caso ha decretato la nostra disfatta. Il bello è che ad ogni run, si impara sempre qualcosa.

CHE BEL PANORAMA

 

La grafica in cel shading è semplice e leggera, ma funzionale e gradevole. Ogni esagono è ben determinato e riconoscibile, e carte e nemici sono ben differenziati.
Al momento le animazioni sono un po’ sottotono, e quelle degli attacchi e degli incantesimi sono molto simili, a parte qualche eccezione. Ma trattandosi di un early access è più che normale. Piccola menzione per la soundtrack, che anche se non eccelle nel numero di tracce, è davvero orecchiabile e rilassante.

COMMENTO FINALE

The Last Hex è una piccola perla grezza. Sviluppato con passione e con un obbiettivo preciso, ha nella giocabilità e nelle meccaniche il cuore dell’esperienza. È un gioco profondo, con molte variabili e che non va mai preso sottogamba.

Può sembrare punitivo, e a tratti lo è, ma questo è un pregio, non un difetto. Grafica e sonoro sono piacevoli, ma al momento risultano più un contorno. Le mappe procedurali sono sempre diverse, e la grande mole di classi, carte ed equipaggiamenti garantiscono ore di gioco. Per essere un accesso anticipato, questo progetto indie parte proprio con il piede giusto.

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Nauticrawl, Anteprima

Il mondo indie nostrano, mostra anche se con una certa lentezza, che anche dalle nostre parti è possibile sviluppare prodotti interessanti e ricchi di spessore. Non solo Milestone con i suoi titoli motoristici, ma un vero e proprio microcosmo di piccoli sviluppatori. O altri validi esponenti come 34BigTings (Redout) o Naps Team (Gekido, Iron Wings) o anche PsychoDev (Chrnonicle of Innsmouth) e MixedBag (Forma8) solo per citarne qualcuno, hanno saputo tenere alto il tricolore.

Andrea Interguglielmi, sviluppatore di Nauticrawl, dungeon crawler pubblicato da Armor Games, insieme a The Gazette of Independent Gaming (GOFIG), ci ha invitato a provare la prima beta di questo interessante titolo. DannyDSC ci parla con una interessante anteprima di questo particolare titolo che ha già la sua pagina su Steam e dovrebbe debuttare nel corso di quest’anno.

Buona lettura.

QUANDO NETHACK, INCONTRA JULES VERNE E FRANK HERBERT

Un mondo a noi sconosciuto. I protagonisti della nostra storia, rubiamo un nauticrawl (un incrocio tra un ornitoptero di Dune e il sottomarino di Ventimila leghe sotto i mari) con cui potremo esplorare lande desertiche, affrontare pericoli, vivere mille peripezie e avventure.

Questo è, più o meno, il concept che fa da base al gioco, ma in questa anteprima non ne parleremo. Ispirazioni, similitudini, parti storiche, saranno tutte affrontate in sede di (succosa) recensione.

Vi basti sapere che la breve introduzione con tanto di colonna sonora d’accompagnamento, sono pura poesia artistica (chi dice che i giochi non siano arte, a molto spesso sbaglia), che ci ha immediatamente catturato.

ACCENDI, SCAPPA E… SCOMPARI



Approdati nel nostro veicolo, il primo impatto è freddo come il ghiaccio. Non sappiamo perché abbiamo rubato questo veicolo, non sappiamo la nostra storia, non sappiamo dove andare, ma soprattutto, non abbiamo una sola idea di come far funzionare il tutto.

Ci troviamo di fronte ad un abitacolo con una serie di leve, pulsanti e comandi. Ma come riuscire a muoverci? Come possiamo fare il primo passo in questo mondo che vogliamo a tutti i costi esplorare? La miglior risposta che possiamo darvi è che si va per tentativi, ma sempre con coerenza. Nauticrawl non è un titolo casual, vuole che il giocatore presti attenzione a tutto, ma proprio tutto. E va preso seriamente, sia per quanto riguarda la conduzione del nostro veicolo, sia per l’esplorazione.

Attivata la leva che farà accendere il mezzo, una breve guida posta sullo schermo a fianco di quello che sembra un radar, ci darà alcune indicazioni sui comandi. È bellissimo perché anche se le informazioni sono scarsissime, ci sentiamo davvero immedesimati nel contesto di gioco. Non c’è un tutorial che spiega passo dopo passo come lavarsi i denti: avete solo una lista delle funzioni del mezzo, il resto dobbiamo capirlo da soli.

Mentre iniziamo a toccare tasti, leve e schermi come fossimo tornati bambini, notiamo in alto a fianco della leva di accensione del veicolo, un segnalatore formato da una serie di “celle” con sotto una linea. Mentre procediamo nell’esplorazione dei comandi, le celle pian piano si spengono, e la linea aumenta passando dal colore blu, all’arancione. Capiamo immediatamente che quei indicatori non rappresentano il mezzo che si sta muovendo, ma qualcosa che sta esaurendo la carica. Presi dall’angoscia iniziamo a smanettare tutte le leve cercando di accendere i motori mentre lo schermo a fianco del radar ci continua a dire “engine set to 70%, 80%, 20%”.

Non riusciamo ad accendere il mezzo. La corsa contro il tempo purtroppo non da esiti positivi, e all’esaurimento della batteria si apre un piccolo sportellino, posto proprio sopra il radar. Ci impediva di premere un pulsante rosso, ora disponibile, che ovviamente premiamo senza indugio. Veniamo “accecati” da una luce, e catapultati nel menu principale.

Bene, la prima lezione che abbiamo imparato è che quando si esaurisce la batteria, si attiva il tasto di autodistruzione. Ma perché? Non potevamo scendere dal mezzo e cercarne un altro? O non possiamo? Queste domande sono ancora senza risposta, e forse sarà così anche nella versione finale. Decidiamo di ripartire, quindi tornati nel nostro abitacolo, questa volta cerchiamo di essere più veloci e tenere la barra relativa alla quantità di energia in uso sempre sul blu.

Scopriamo che quando consumiamo troppa energia, le celle si consumano più in fretta, mentre se teniamo il consumo a livelli bassi, abbiamo più tempo. Ma ancora non sappiamo come accendere i motori, ne sappiamo come muovere il mezzo.

Abbiamo capito che possiamo gestire sia la “potenza” del motore, sia quanto carburante assegnare ad esso. Il radar ci mostra dove siamo, e c’è uno schermo che riepiloga il nostro inventario, e anche una serie di informazioni salvate su una sorta di notepad. Ma al momento nulla è serbato in quei archivi, probabilmente saremo noi che durante l’esplorazione svilupperemo una sorta di diario personale. Siamo già esplosi diverse volte, tuttavia non vogliamo arrenderci. Ad ogni nuova partita i nostri movimenti si fanno più fluidi, veloci, sicuri. Poi veniamo colti da una lucetta proprio sopra la leva della gestione del motore, e decidiamo di premerne il pulsante. Non accade niente.

Frustrazione, accidenti ma è possibile che non riusciamo a capire come fare? Teniamo il pulsante premuto più per rabbia che per ragionamento, e come spesso accade quando non si ha più nulla da provare, il rombo e quel “tun tun tun” classico dei motori a combustione, ci conferma che il motore, ora è acceso. Vittoria! Tripudio! Ce l’abbiamo fatta! Ora è il momento di “giocare”, partiamo per esplorare e che i tesori abbondino nella nostra stiva…

CI CREDEVATE SUL SERIO?



Acceso il motore del Nauticrawl subito ci spingiamo avanti ed indietro, ma ci dimentichiamo come “girare”, come voltarci. Questo ci porta ad altre due/tre autodistruzioni, ma alla fine ricordiamo l’indicazione riferita ai tasti “A” e “D”, e godiamo di un’altra piccola vittoria. Grazie al nostro radar, ci muoviamo nella mappa ma c’è un problema, la porta che troviamo è sempre chiusa, e non riuscendo ad aprirla, rimaniamo bloccati.

Questo ci porta a consumare carburante, batterie, e all’inesorabile autodistruzione. È anche vero che dopo ogni game over, siamo sempre più veloci, consumando meno energia e propellente. Scopriamo che la quantità di carburante è legata alla quantità di tempo che dovremo aspettare prima di compiere un salto nella vastità del deserto che vogliamo a tutti i costi esplorare. E scopriamo che la percentuale alla quale i motori verranno portati, sarà equivalente alla distanza percorsa dal salto stesso.

Ma quella porta rimane sempre chiusa. Anche in questo caso, si va a tentativi, e scopriamo ben presto che un monitor posto ancora più a destra ci fa anche da “navigatore”, e che possiamo interagire con una serie di menu per attivare comandi, o requisire materiali. Riusciti ad aprire la porta, ci addentriamo con sempre più sicurezza tra i livelli che vengono mostrati dal radar, senza uscire fuori dal nostro abitacolo.

Prima o poi ci avventureremo in qualche landa desolata come in Vagrus? Incontreremo carovane e mostri che abbiamo sognato solo da bambini, quando nostro nonno ci raccontava qualche storia? Anche qui, non possiamo rispondervi, ma la mente vaga durante l’esplorazione, mentre cerchiamo di evitare torri armate che ci attaccano, danneggiando lo scafo, ed incontriamo relitti di vecchi mezzi e casse, che porteranno nella nostra stiva, l’agognato carburante che servirà tanto quanto l’acqua serve all’uomo per vivere. Troveremo anche tecnologia che ci permetterà di gestire al meglio il nostro mezzo, parti di ricambio, e diari personali.

Questa parte, l’esplorazione, è davvero ben fatta ed accattivante. Poco importa se non possiamo uscire dal mezzo, poco importa se non vediamo fisicamente i nostri nemici. Il radar e le icone in pieno stile Nethack tanto bastano per immedesimarci ancor più in questo gioco.

Claustrofobia, gioia, rabbia, frustrazione, esaltazione, sono alcune delle emozioni che ci faranno da compagne di viaggio lungo il nostro percorso, che arriverà fino a… a dove? Purtroppo non possiamo rispondervi, perché trattandosi di una beta, la storia è appena abbozzata. Ma il concept è davvero entusiasmante, e capiamo benissimo le ragioni che hanno spinto Armor Games a supportare lo sviluppatore.

Ecco, forse la parte più frustrante di Nauticrawl è il fatto di andare per tentativi, il più delle volte a vuoto, per poi morire. Qualcosa però si apprende sempre, e quando ricomincia, si è sempre migliori e meglio preparati rispetto alla partita precedente. Il gioco non aiuta per niente, ma questa è parte dell’esperienza o il fatto che ci troviamo di fronte alla prima beta? Noi crediamo che la verità stia nel mezzo, e quindi la risposta migliore che ci sentiamo di darvi è, “sì” in entrambi i casi. Questa beta vuol farci familiarizzare con i comandi, indicando allo sviluppatore bug e punti da migliorare.

Ma sicuramente, il gioco vuole spingere noi a provare a riprovare, usare la testa e ragionare su quello che facciamo. Stare attenti a non sprecare nulla, esplorare con attenzione ogni angolo anfratto. Facendo attenzione ai nemici, ma con coraggio, avventurarci tra le dune, con in cuore la speranza di trovare un relitto colmo di rifornimenti e tecnologie che ci aiuteranno nel proseguo della nostra avventura.

COMMENTO FINALE

Nauticrawul è un prodotto molto interessante. Qualche miglioramento è auspicabile, come ad esempio leve “fisiche” per ruotare il nostro mezzo, ma se dovessimo decidere tra un’esperienza più user friendly e questa, ammettiamo di essere propensi per la seconda opzione. Sempre più titoli ad oggi guidano su ogni cosa rendendo il gamer un vero utente, un mero strumento alle finalità del gioco stesso.

Quindi apprezziamo sempre, prodotti che vogliano un giocatore pronto a spendere tempo per pensare, invece che per premere a raffica i pulsanti. Non ci resta altro da fare che aspettare la nuova beta, consci che l’opera di Andrea Interguglielmi, ha davvero qualcosa da dire tanto per l’ambientazione e il concept, quanto per l’esperienza che vuole trasmettere al giocatore.

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Legendary Eleven, prime impressioni

Il paragone tra il calcio moderno e quello degli anni ’70 ed ’80 è sempre incalzante. Soprattutto per chi ha cominciato a respirare aria di pallone in quel periodo e cominciava a seguire le gesta dei miti di quei tempi da Pelè a Maradona, da Cruijff a Mazzola, da Rivera a Riva, per continuare con Platini, Boniek e concludere a stelle meno conosciute ma altrettanto iconiche come Challe (peruviano dal tiro fortissimo e dal dribbling secco).

Bene, Legendary Eleven, gioco firmato da Eclipse Games è su Steam in early access e punta proprio – anche senza licenze ufficiali – a far rivivere l’emozione e l’adrenalina di quel tipo di calcio, magari più lento nei ritmi, meno atletico (probabilmente) ma con la stessa magia. Perché se si tocca bene quel pallone, anche se lo si fa alla metà della velocità odierna, si riesce sempre a dare emozioni.

Il titolo di Eclipse Games, quindi, ci fa immergere in questa atmosfera. Ecco le nostre prime impressioni.

ARCADE PURO MA CON STILE

Il gameplay di Legendary Eleven è decisamente arcade. Ma con stile. In tutti i sensi. Il fatto che lo stile non sia simulativo non significa che le regole non esistano. Anzi: falli, calci di punizioni, ammonizioni, espulsioni e fuorigioco sono sanzionati. Possiamo quindi parlare di un arcade moderno, come è giusto – aggiungiamo noi – che sia.

Il ritmo è elevato ed i giocatori in campo possono anche risentire della stanchezza. In Legendary Eleven è possibile sfruttare passaggi filtranti ed anche fare degli sprint decisivi per tentare di anticipare l’avversario e concludere a rete.

Ne nascono trame di gioco interessanti con conclusioni spettacolari. L’intelligenza artificiale è decente perché raramente fa errori pacchiani mentre le possibili combinazioni per trovare la rete sono davvero tante. Esistono anche i supershots, un po’ come quelli che vedevamo in Football Champ (leggendario arcade di Taito uscito ad inizio anni ’90 e conosciuto anche col nome di Hat Trick Hero).

Si tratta di conclusioni quasi imparabili che nascono dalla pressione prolungata del tasto specifico quando appare sul giocatore la scritta “super shot”. Quando riesce, il nostro atleta si prodiga in una acrobazia poderosa liberandosi di forza o di classe delle marcature e lasciando partire una bordata che nove volte su dieci (almeno nelle nostre prove) si infila in fondo al sacco. Una mossa spettacolare che ricorda il famoso gol di Manuel Negrete in Messico-Bulgaria ai Mondiali del 1986 anche se quello fu frutto di un’azione fatta di prima e conclusa al volo.

A dare ulteriore profondità e pepe al gameplay è la possibilità di utilizzare dei bonus supplementari dati da alcune carte che possono essere selezionate prima del calcio di inizio. Possiamo sfruttare in certi momenti la possibilità di avere – ad esempio – arbitri più permissivi (e colpire gli avversari in scivolata senza problemi disciplinari se si sbaglia il tempo di entrata), o utilizzare lo sprint più a lungo e così via.

Interessanti, ma non rivoluzionarie le meccaniche di tiro dai calci da fermo, si sfrutta un mirino e si cerca di rilasciare la potenza di tiro nella tempistica migliore. Questo per ottenere il risultato più efficace. Stesso dicasi per i calci d’angolo e per i rinvii dal fondo. I rigori portano la visuale in terza persona ed hanno una meccanica simile ma a quanto sembra, in futuro, gli sviluppatori rivedranno questo sistema per i tiri dagli undici metri. Ah, ultima nota, come nota di coerenza segnaliamo che i portieri toccheranno (pareranno) i retropassaggi dei compagni con le mani. Tale regola, infatti, venne introdotta nel 1992. Se qualcuno dovesse segnalare la cosa come errore farebbe un grandissimo torto.

Il gioco è piuttosto divertente e coerente con i valori in gampo che ci sono sembrati equi. Legendary Eleven si basa sulle nazionali. Colossi come Germania Ovest (già), Italia, Brasile, Argentina ed Uruguay sono molto forti con valutazioni attorno alle cinque stelle (o quattro). Al momento sono presenti 36 formazioni ma in futuro se ne aggiungeranno altre secondo la roadmap pubblicata qualche giorno fa su Steam dagli autori. Consigliamo di giocare il titolo a livello più difficile perché offre il meglio di se. Gli altri due livelli sono oggettivamente facili. Li ci aspettiamo un lavoro di bilanciamento che possa rendere la sfida più stuzzicante. I portieri, invece, fanno il loro ma a volte fanno alcune ingenuità alternando interventi strappa applausi e molto eleganti.

SCENARI, COPPA DEL MONDO, COPPE CONTINENTALI…

Legenday Eleven offre un discreto quantitativo di contenuti. Oltre alla classica partita amichevole, si possono giocare partite online, partite di Coppa Del Mondo nonché organizzare tornei continentali (Europei, Coppa D’Asia, D’Africa). Ci sono anche gli scenari (Partite Leggendarie nel menu principale, ndr), ossia partite che hanno fatto la storia della Coppa del Mondo partendo dal ’70. Peccato che, stranamente, manchi la partita del Secolo, ossia la semifinale di Messico ’70 tra Italia e Germania finita 4-3 per noi.

Troviamo però alcune partite importanti come ad esempio il derby tedesco da Germania dell’Ovest e DDR nel ’74, la tanto chiacchierata partita tra Argentina e Perù del 1978 (vinsero i padroni di casa per 6-0, risultato ampio che permise loro di raggiungere la finalissima davanti al pubblico di casa, ndr), o la storica vittoria dell’Algeria sulla Germania ai Mondiali dell’82 e tanti altri match nei quali bisogna conseguire un determinato risultato. Ah, si, c’è Italia-Brasile 3-2.






Nondimeno, Legendary Eleven ha anche un editor per le squadre dove è possibile modificare nome, attributi (giostrandoli però attraverso un massimale predefinito: in pratica si possono ridistribuire i punti esistenti tra le varie abilità) e caratteristiche fisiche come l’altezza, i baffi, la barba ed i vari (e stravaganti) tagli di capelli. Piccola nota di colore: abbiamo aperto l’editor sulla nostra nazionale con tanti giocatori bassi, o meglio alti 1,70 o poco più. Al giorno d’oggi l’altezza media è sicuramente aumentata di almeno una decina-quindicina di centimetri. Una piccola chicca per segnalare la coerenza di gioco.

UNA GRAFICA CON STILE

Eclipse Games ha svolto un lavoro dal punto di vista tecnico. Possiamo affermarlo fin da ora. Il lato visivo è senza dubbio quello più appariscente con le figure sinuose e stilizzate dei giocatori che si muovono molto fluidamente in campo.

Le animazioni sono molto buone così come gli effetti particellari. Belli anche i dettagli delle varie superfici di gioco. In Legendary Eleven è possibile cimentarsi in match in diverse condizioni climatiche: pioggia, nuvoloso, sera e neve oltre che, naturalmente, in condizioni normali. Tutte rese molto bene dal buon lavoro di questo team indie. La visuale aiuta a godere sia del lato tecnico (ed artistico) che dal punto di vista prettamente del gameplay. Peccato che ci sia solo uno stadio al momento e che nei replay si noti troppo un uso eccessivo dell’anti-aliasing.

È proprio il lato artistico che sorprende in Legendary Eleven al punto di diventarne un vero e proprio biglietto da visita. Il titolo, infatti, è piuttosto gradevole da guardare.

Buonissime anche le musiche di gioco e gli effetti sonori.







COMMENTO FINALE

Legendary Eleven può essere una vera e propria sorpresa. Strizza l’occhio al passato trattandosi di un gioco di calcio che si ispira ai miti degli anni ’70 e ’80. E lo fa con un suo stile particolare, artisticamente interessante.

Gradevole dal punto di vista visivo (grazie proprio ad uno stile peculiare e ad un lavoro fin qui molto pulito), il titolo è anche gradevole sul fronte del gameplay. Nulla di rivoluzionario ma è un arcade fin qui ben strutturato dove si può trovare la via della rete in diversi modi. Di potenza, di astuzia o in modi spettacolari. Il gioco è divertente, non ha tante pretese se non quella di far passare qualche ora in allegria. Certo, se aggiungessero una modalità carriera come si usa oggi non sarebbe male ma sarebbe comunque una componente da studiare bene per integrarla in un contesto che fino ad ora funziona senza grossi fronzoli.

Se si vede come titolo prettamente arcade allora date una chance a Legendary Eleven che potrà solo migliorare in questo percorso di early access (inserire Italia-Germania tra e partite leggendarie sarebbe anche cosa dovuta). Idem se si vede come un tributo al calcio vecchio stile degli anni ’70 ed ’80. Se volete una simulazione accurata, invece, cercate altro. Siamo curiosi di vedere come evolverà il titolo e cosa gli sviluppatori di Eclipse Games potranno offrire col gioco completo.

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Pc Building Simulator, l’early access chiude il 29 gennaio

Pc Building Simulator lascerà la fase di accesso anticipato il 29 gennaio. The Irregular Corporation, editore e sviluppatore indipendente brittanico, sta apportando gli ultimi ritocchi per poter rilasciare la versione finale.

Il titolo è diventato una completa simulazione che permette ai giocatori di imparare a costruire il proprio personal computer.

La fase di accesso anticipato ha ricevuto aggiornamenti costanti sin da marzo dello scorso anno. Questi  hanno permesso a The Irregular Corporation di aggiungere una serie di nuove caratteristiche. Tra queste ricordiamo il raffreddamento a liquido personalizzato, la gestione dei cavi, l’overclocking, oltre 200 nuovi componenti su licenza. L’aggiunta di ulteriori componenti e nuovi aggiornamenti sono già pianificati per i prossimi mesi e il termine della fase di Accesso Anticipato non comporterà la fine di nuovi contenuti per Pc Building Simulator.

Dopo un ottimo periodo in accesso anticipato, dove abbiamo potuto contare su un incredibile supporto dalla nostra community, siamo davvero entusiasti di dare inizio a un nuovo capitolo della storia del nostro gioco, ora che le principali funzioni sono state completate. Una volta terminato il periodo di Accesso Anticipato, speriamo di condividere la gioia dell’assemblare un pc con il maggior numero di persone possibile.

Cosi ha dichiarato Stuart Morton, di The Irregular Corporation.

Pc Building Simulator consente ai giocatori di gestire il proprio laboratorio per riparazioni di computer e prendersi cura di tutto. Dalla semplice diagnosi o agli aggiornamenti di routine fino alla creazione di computer su misura. Grazie a un catalogo sempre in espansione, si potrà realizzare la propria configurazione nella modalità Free Build utilizzando componenti reali di case di produzione partner come AMD, ASUS, CORSAIR, EVGA, Fractal Design, GIGABYTE, MSI, NZXT e Razer e scoprire quanto sia performante utilizzando la simulazione di un software di benchmark come 3D Mark.

Il prezzo, prima del termine della fase early access il 29 gennaio, è di 19,99 euro.










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Rising Lords, Anteprima

Il panorama degli indie a sfondo strategico è ricco di diversi titoli interessanti ma l’approccio di Rising Lords, prima fatica dello sviluppatore indipendente Argonwood, merita di essere osservato da vicino. Il motivo è presto detto: nasconde un potenziale davvero superiore alla media.

Abbiamo colto l’opportunità di provare la prima alpha (un ciclo di alpha testing chiuso solo per tester e personale interno) di questo strategico medievale. Gioco, ricordiamo, presente su Steam e dedicato agli utenti Pc. Un titolo dove tattica e pianificazione degli attacchi sono al centro del gameplay. Il gioco è stato provato per noi dal nostro DannyDSC.

ESAGONI E SCACCHI

Al momento, l’alpha concede la possibilità di provare battaglie veloci contro l’intelligenza artificiale (o IA se preferite) di gioco o sfide personalizzate scegliendo tra una delle mappe a disposizione. Avviata la partita ci troveremo di fronte alla mappa di gioco formata da differenti esagoni collegati tra loro.

Ogni esagono, rappresenterà una pianura, una collina, una montagna invalicabile, una palude, una foresta o un paesino, tutte con i bonus e i malus che comportano a seconda dell’unità che vi risiederà.

Come prima scelta, sarà nostra cura piazzare il generale d’armata accorpato ad una delle unità presenti in gioco, quali al momento cavalleria leggera, guerrieri armati di spada, arcieri. Ogni unità ha dei valori che andiamo ad analizzare di seguito: Attacco, Difesa, Morale ed Iniziativa.

Attacco e difesa si spiegano tranquillamente da soli, mentre è utile soffermarci sul morale e l’iniziativa. Il morale è determinato dalla presenza o meno sul campo del generale, e dalla possibilità che il nemico conquisti la nostra città.

Nel caso il nostro generale dovesse per qualche motivo cadere durante una battaglia, il morale delle nostre truppe scenderà, andando a diminuirne il fattore Attacco. Lo stesso accadrà nel caso il nemico vada a conquistare la nostra capitale. Per quel che riguarda l’iniziativa invece, determina quale delle nostre unità muoverà per prima. Più iniziativa quindi, permettere a questa o quell’unità di muoversi ed eventualmente attaccare prima delle altre. Scopo del gioco, sconfiggere l’armata nemica.

L’ARTE DELLA GUERRA

Dopo il breve excursus sulle unità e la mappa di gioco, si passa all’azione. Posizionato il generale la partita inizierà e ad ogni turno a seconda del fattore iniziativa, si andranno a muovere le unità. Posizionare il nostro esercito in caselle che possano fornire bonus (arcieri sulle colline e cavalleria leggera sulle pianure, giusto per fare due esempi) sarà fondamentale per un buon esito dello scontro.

L’AI di gioco è davvero furba e cerca continuamente di attirare le nostre unità in imboscate o nel raggio dei propri arcieri/balestrieri. Insomma, troveremo una CPU molto attenta anche nel posizionamento delle proprie truppe.

Plauso quindi ad Argonwood che già in questa alpha ha portato in gioco un’intelligenza artificiale interessante. e piuttosto raffinata. Infatti, non bara, fornisce un grado di sfida davvero elevato anche a livello medio, e si comporta in modo intelligente.



Ma non finisce qui, perché oltre alle truppe, il gioco prevede un sistema di carte che possono letteralmente cambiare l’esito di uno scontro portandoci ad una insperata vittoria dopo aver perso due unità all’inizio della guerra, o portandoci ad una sconfitta che fino a qualche minuto prima sembrava impossibile. Ad ogni turno, sia il giocatore che l’intelligenza artificiale pescheranno una carta che può rendere un’unità invincibile al prossimo attacco, ignorare i malus di un terreno, aumentare il morale di tutte le unità adiacenti al generale, e così via.

Un uso saggio e ponderato delle carte sarà cruciale per portare a casa la vittoria, tenendo bene a mente che la CPU, potendo fare lo stesso, userà ogni mezzo per intralciare i nostri piani, rendendo ad esempio un’imboscata pianificata con attenzione “nulla”, sfruttando la carta che rende quella determinata unità (di cui volevamo sbarazzarci a tutti i costi) invincibile.

Il ritmo di gioco, nonostante pianificazione e uso delle carte, è davvero veloce ed una partita si completa anche in una decina di minuti, cosa che rende Rising Lords tanto strategico quanto frenetico e veloce nel suo svolgimento, adatto quindi anche per brevi sessioni.

GRAFICA 2D CARTONNESCA E GRADEVOLE





Il gioco tradisce la sua natura indie, quindi scordatevi grafica 3D, foto realismo e panorami mozzafiato. Il piano di gioco come le unità sono in 2d, ma gli sviluppatori hanno puntato ad uno stile cartoonesco molto colorato che rende il tutto davvero gradevole. Le animazioni, seppur poche e limitate, si sposano bene con i movimenti delle truppe. Si plaude a qualche dettaglio che ci fa apprezzare lo stile medievale di Rising Lords.

Plauso alla colonna sonora, che pur in questa alpha presenta pochi brani ma davvero orecchiabili ed incalzanti, mai troppo ripetitivi che si sposano bene con l’atmosfera di gioco.

COMMENTO FINALE

Ci è piaciuta questa prima prova? Assolutamente si! Il gioco è solo un’alpha, quindi tutto può essere migliorato, ampliato, sistemato. Gli sviluppatori hanno più volte dichiarato che Rising Lords sarà orientato alle sfide in multiplayer. Dettaglio, questo, che renderà felici tutti quei utenti che non vedono l’ora di sfidare a singolar tenzone, altri giocatori online.

Inoltre, a grande richiesta della community, verrà implementata anche una campagna in singleplayer, così da accontentare anche chi preferisce godersi il titolo per conto proprio. Cosa che oggettivamente darà valore in più perché nonostante tutto, le campagne in single player sono sempre ben accettate da molti utenti. Complimenti ad Argonwood, nella speranza che il tutto continui così e che si possa espandere in tempi non troppo lunghi. L’appuntamento, quindi, dovremmo riproporlo per la beta con una nuova anteprima ma è chiaro che terremo sempre questo titolo indie sott’occhio.

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Interstellar Space Genesis, Anteprima

Gli strategici ad ambientazione fantascientifica rappresentano una fetta sempre più ampia di pubblico interessato ad evolvere ed espandere la propria “civilità”.

Il nostro DannyDSC ha scovato Interstellar Space Genesis e lo ha giocato in anteprima per noi. Si tratta dell’opera prima di Praxis Games, software house fondata da Adam Solo. Lui è una figura molto famosa e molto conosciuta tra gli appassionati di 4X e strategici in generale a tema spaziale.

Scopo della software house è quello di proporre un titolo che riporti in auge il genere dei 4X a turni sulla base del mitico Master of Orion 2, evergreen che conta una folta schiera di appassionati ancora oggi a molti anni di distanza dalla release. In questo primo “assaggio”, non andremo ad approfondire la base su cui poggiano i desideri e gli obbiettivi del team di sviluppo (quello ce lo teniamo per la recensione), ma ci soffermeremo sulla alpha che Adam Solo in persona ci ha gentilmente donato. Il titolo, lo ricordiamo, si trova su Steam in accesso anticipato e dovrebbe arrivare in versione “completa” (tra parentesi perché al giorno d’oggi i giochi non sono mai completi all’uscita, ndr), su Pc nel secondo quadrimestre del 2019.

Ecco le nostre prime impressioni. Buona lettura.

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA





Avviato il gioco e scelto nuova partita, la prima scelta che dovremo compiere sarà quella della razza con cui prenderemo parte alla nostra conquista spaziale. In questa alpha abbiamo 4 razze, ognuna, naturalmente, con le sue peculiarità ed una caratterizzazione ben precisa, utile ad immedesimarci al meglio nel contesto di gioco.

Al momento, oltre alla razza potremo decidere il nome del nostro presidente, quello della nostra fazione, il nome del sistema con il quale partiremo, ed il relativo colore associato. Interessante l’aggiunta di due abilità speciali, che si attiveranno dopo aver raggiunto alcune opportune condizioni.

Decisa fazione, nomi e colore, potremo scegliere la dimensione della galassia che ci ospiterà, il livello di difficoltà, ed il numero di giocatori che si opporranno alla nostra ascesa tra le stelle. Al momento il massimo è quattro, ma confidiamo che tale numero possa aumentere man mano che il gioco verrà ampliato.

SI COMINCIA…




Quando saremo soddisfatti delle scelte fatte, non ci resterà altro che iniziare la partita. L’interfaccia di gioco, cuore pulsante dell’esperienza, è molto chiara, con icone in basso a destra che ci ricorderanno quali passaggi dobbiamo fare prima di poter completare il turno di gioco.

Ad ogni turno, potremo ricercare nuove tecnologie da un albero davvero molto ramificato e completo, esplorare nuove porzioni di spazio attorno a noi al fine di scoprire nuovi pianeti abitabili o utili risorse, costruire strutture e navi spaziali, avamposti su pianeti e su cinture di asteoridi, e altro ancora.

Le cose da fare sono davvero moltissime, ma grazie ad una schermata panoramica posta sulla sinistra dello schermo, avremo un colpo d’occhio sui pianeti da noi colonizzati, i pianeti scoperti, flotte e risorse strategiche. Questa schermata andrà però rivista poiché con l’avanzare dei turni di gioco, la gestione dei pianeti ma soprattutto quella delle flotte risulta al momento un po’ confusionaria, e bisogna prenderci la mano. Ci auguriamo che nelle future versioni venga resa più snella, così da permetterci un pieno controllo del nostro impero senza impazzire per cercare questa o quella nave.

In alto a sinistra, avremo una schermata riepilogativa molto completa dove troveremo l’ammontare della nostra tesoreria, i punti ricerca utili per sviluppare nuove tecnolgie, i punti cultura che ci serviranno per acquisire alcune abilità quali ad esempio quella di permetterci un viaggio più veloce tra le stelle, e poi le risorse: Elio, Antimateria, Neutronio e Materia Oscura.

Queste risorse, strategicamente fondamentali per il nostro impero, potranno essere acquisite per mezzo della colonizzazione. Servono, ovviamente anche la costruzione di avamposti speciali che andranno ad estrarle, o commerciate con le altre razze. Ci vorranno diversi turni e anche qualche partita per prendere la mano con le meccaniche di gioco, ma dedizione e pazienza sono alla base di un po’ tutti i 4X, quindi nulla di insormontabile.

COMBATTIMENTO E DIPLOMAZIA






Quando entreremo in una zona nemica o incontreremo qualche creatura spaziale che non vede l’ora di fare delle nostre navi il suo pranzo, si andrà in battaglia. La visuale cambierà fornendoci una schermata in 2d dove muoveremo le nostre navi e potremo usare le armi a nostra disposizione per colpire il nemico. Anche in questo caso, il tutto sarà scandito da turni.

L’esecuzione è piuttosto semplice ma è fondamentale aver sviluppato nuove tecnologie (sia offensive che difensive) per riuscire a vincere una battaglia, soprattutto contro creature spaziali, che ad oggi sono davvero letali.

Presto o tardi incontreremo una delle altre razze che abitano la nostra galassia di gioco. Come in tanti altri 4X, ci verrà data l’opportunità di proporre trattati commerciali e minerari, collaborazioni sulla ricerca scientifica, e ovviamente trattati di pace nel caso fossimo in guerra con questa o quella fazione. Il dialogo è fondamentale, ma se siamo in condizioni di forza, può non essere un male cercare di acquisire qualche tecnologia o moneta sonante da una delle razze con cui interagiamo.

ASPETTO GRADEVOLE MA LIMITATO






Il team di sviluppo è Indie, ed Interstellar Space Genesis non tradisce la sua origine. La grafica di gioco seppur gradevole si attesta su livelli medi, con poche texture e quasi nessuna animazione. L’intera esperienza si svolge sulla mappa di gioco.

Ed anche se ammettiamo il desiderio di poter dare un’occhiata più a 360° sui pianeti che abbiamo colonizzato nella relativa schermata (e la speranza di vedere una rotazione dei pianeti nella mappa di sistema come in Distant Worlds), il tutto risulta gradevole. A patto, però, di non aspettarsi vette grafiche di titoli da ben altro budget (e obbiettivi) quali Stellaris. Questo gioco non fa della grafica il suo biglietto da visita, ma è il gameplay a farla da padrone.

Come per la grafica, la colonna sonora risulta gradevole e orecchiabile, anche se ci aspettiamo più varietà nella versione finale.

COMMENTO FINALE

Interstellar Space Genesis è ancora in fase Alpha ma appare già molto interessante. Può diventare il classico gioco con il famoso ritornello “ancora un turno e smetto”.

La difficoltà sembra già ben calibrata su livelli alti ma è chiaro che siamo ancora all’inizio. Abbiamo apprezzato un discreto comparto tecnico e delle buone musiche che però tendono a ripetersi dopo qualche turno. È più importante, in questo genere di produzioni, il gameplay e sotto questo aspetto, ripetiamo, il titolo sembra essere sulla buona strada. Siamo curiosi di vedere che strada prenderà lo sviluppo di questo titolo. La mano di Adam Solo sembra già esserci e se tanto ci da tanto potremmo quanto prima cimentarci in un piccolo grande capolavoro.

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‘90s Football Stars, Anteprima

Da sempre il calcio ha raccontato storie, fatto vivere partite leggendarie e sfornato campioni che sono rimasti nell’immaginario collettivo, idoli delle folle. Non sono rari i dibattiti su quale decennio sia stato il più spettacolare. Ed ognuno di noi, figlio dei propri tempi, ha detto la sua.

Per chi vi scrive, il periodo più interessante è stato senza dubbio tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’90. Ma è chiaro che, come qualsiasi parere – anche se espresso al meglio – questo sia opinabile. Ad ogni modo, un piccolo team indie argentino chiamato Purple Tree, ha realizzato un gioco calcistico che si ispira alle stelle (e non solo) degli anni Novanta. Si chiama ’90s Football Stars ed è distribuito dall’etichetta indipendente polacca Klabater che ha pubblicato pochi giorni fa il titolo su Steam in early access. Il gioco, lo ricordiamo, è stato annunciato ad inizio dello scorso giugno  a pochi giorni dall’inizio dei Mondiali di Russia vinti poi, per la cronaca, dalla Francia.

Noi vi parleremo delle nostre prime impressioni, joypad alla mano (e palla al piede) di questo titolo che omaggia quel periodo ma anche alcuni arcade dell’epoca. Non è un retrogame ma è un prodotto che li osanna. Il primo impatto è divertente ma al tempo stesso abbiamo notato come il prodotto sia ancora grezzo. Ma bando alle ciance ed ecco cosa ne pensiamo.

Buona lettura.

QUELL’ATMOSFERA GIA’ VISTA, QUANDO ERAVAMO ADOLESCENTI

‘90s Football Stars vanta fin da subito un impatto interessante ed in grado di far rievocare i tempi che vuole riportare in auge. Caricato il gioco, si ha la sensazione di tornare indietro ad i primi anni ’90 e quindi prendere la macchina del tempo per piombare nel 1992. Anche quell’anno (come questo 2018 che sta per salutarci) per la nostra Nazionale fu funesto: mancammo la qualificazione agli Europei di quell’anno che a sorpresa vennero vinti dalla Danimarca di Laudrup e soci.

Ma generalmente quel periodo è florido di stelle che ‘90s Football Stars omaggia in ogni modo possibile ed immaginabile. Sono (ancora) gli anni di Gullit, Valderrama, Maradona (ovviamente) e di altre stelle di prima grandezza. Della grande Danimarca, dell’esplosione della Colombia, del ritorno del Brasile e delle alterne vicende di Italia (che però in questi anni ’90 ai mondiali uscì solo ai rigori perdendo un titolo contro il Brasile) e di tante altre nazionali.

La grafica, di cui parleremo a breve, omaggia parecchio quel periodo con una palette di colori accesa e degli effetti distorsione che ricordano le vecchie VHS. Nondimeno troviamo riferimenti ad alcuni titoli del passato, tra questi ci viene in mente Football Champ (soprattutto per il gameplay).

CONTENUTI IN DIVENIRE, ROAD MAP IN OTTO TAPPE

Questa prima versione del gioco in early access ci permette di giocare amichevoli, una coppa internazionale e partite classificate. Si seleziona la modalità desiderata e la nazionale desiderata. Al momento sono 32 le squadre presenti e manca l’Italia ma il gioco avrà anche i nostri Azzurri nonché altre selezioni.

La coppa internazionale è simile alla Coppa del Mondo: si giocano tre partite del girone ad eliminazione e poi partite ad eliminazione diretta dagli ottavi di finale a seguire.

Gli sviluppatori ed il publisher, però, stanno lavorando sodo sui contenuti e sul gameplay. La settimana prossima uscirà il primo aggiornamento che includerà l’aggiustamento di bug ed a di giocabilità nonché l’arrivo di cinque squadre nuove tra cui l’Italia. Il secondo update includerà altre cinque nazionali nonché i consueti aggiustamenti al gameplay ed il fix dei bug. Poi arriveranno anche ulteriori contenuti come divise speciali, palloni. Verso le ultime tappe dell’early access, sono previste anche l’aggiunta della modalità Capitano (Captain mode) e la beta della modalità Online.

La modalità Capitano permette di selezionare il proprio calciatore preferito e di fargli fare una carriera in tutto e per tutto. Siamo molto curiosi, oggettivamente.

GAMEPLAY MOLTO ARCADE






Il gameplay è senza dubbio uno dei tratti distintivi di ‘90s Football Stars. Gli sviluppatori hanno puntato senza dubbio ad un approccio arcade estremo. In primis si gioca sette contro sette e non in undici contro undici. Questo varia già molto la giocabilità. Inoltre non ci sono falli in mezzo al campo, né fuorigioco. La scivolata scorretta è sanzionata solo in area di rigore. L’arbitro, infatti, fischierà il penalty e si tirerà dagli 11 metri cambiando anche visuale.

I comandi sono intuitivi mentre al tiro, cross ed ai passaggi si aggiunge lo scatto. Quando si è in difesa si possono effettuare scivolate (occhio, però, a non farle nella propria area), ma anche spingere clamorosamente l’avversario. Sembra un po’ – ne avevamo parlato in precedenza – Football Champ anche se li i falli erano più brutali ed erano contemplati anche i calci di punizione.

Ma non finisce qui. L’enfasi arcade è data anche da alcuni bonus che si attivano durante la partita. Parliamo della Super Speed che per qualche secondo concede uno sprint illimitato a tutti i nostri giocatori, del Super Tackle e Power Up. Proprio a tal proposito, se il distacco tra le due squadre è almeno di tre reti, si attiva la “Double Goal Mode”, ovvero la prossima segnatura varrà due reti e quindi è possibile trovarsi – se la squadra in svantaggio riesce a concretizzare – improvvisamente sul 3-2 anziché sul 3-1 o andare addirittura sul 5-0. È probabile che vengano aggiunte altre modifiche al gameplay.





I ritmi sono molto veloci mentre i passaggi non sono molto precisi al momento. Se da un lato può essere un vantaggio, dall’altro diventa complicato fare belle azioni manovrate. Inoltre auspichiamo una maggior precisione nei tiri: troppo sovente non si ha la cognizione di dove si sia indirizzato il pallone. È vero che, però, si tratta di una prima build e che è comunque un gioco arcade. Da aggiustare l’intelligenza artificiale degli avversari e soprattutto dei portieri (anche il nostro) che vengono battuti sovente da colpi di testa da fuori area con palla rimbalzante…

Ad ogni modo il titolo è divertente fin da ora e con le dovute limature sarà in grado di offrire molto di più. A tratti sembra di giocare a Virtua Striker di SEGA dei primi anni 2000. Il motivo è semplice da spiegare: l’impatto col pallone è simile.

VHS, COLORI ACCESI, LOOK RIVEDIBILI… BEN TORNATI NEGLI ANNI ‘90

Dal punto di vista grafico, il lavoro di Purple Tree è già interessante e sicuramente caratteristico. Già dai menu si evince lo stile che ci riporta ai raggianti (e magari ruggenti) anni ’90. Sia lo stile delle linee nonché i colori sgargianti e la possibilità di usufruire di un filtro VHS che sporca ulteriormente l’immagine ad hoc sbavandola come se fosse una registrazione datata, fanno molto anni ’90.

In campo usufruiamo di una visuale da destra verso sinistra a tre quarti simile a quelle degli arcade dell’epoca: Football Champ, Tecmo World Cup 90, e così via. I calciatori sono ben stilizzati con modelli 3d che sembrano utilizzare il cell shading. Troviamo alcuni effetti extra gradevoli come la nuvoletta di polvere quando si effettua lo scatto, pioggia e neve ben implementate anche se non influiscono sul gameplay. Buonissime anche le ombre e le animazioni.




Tante le caricature dei manager e delle stelle di quel tempo. Riconoscibili Diego Armando Maradona e molti suoi colleghi, tutti con i nomi storpiati.

Di impatto e di ottimo livello il sonoro. Gli effetti sonori ambientali sono buoni, ma i brani della colonna sonora sono ottimi ed orecchiabili. Ci sono davvero piaciuti.

COMMENTO FINALE

’90 Football Stars si presenta con una prima versione in accesso anticipato su Steam di discreta fattura. Il gameplay è senza dubbio migliorabile ma pur se grezzo riesce a divertire a sprazzi. Gli sviluppatori, però, dovranno lavorare molto sugli aggiustamenti sull’intelligenza artificiale che deve sicuramente essere potenziata. I portieri sono capaci di miracoli clamorosi ma anche di pericolosissimi cali di zucchero ingiustificato.

Può passare qualche errore di piazzamento (non diciamo di eliminarli del tutto, ma almeno di limarli lievemente) ma subire gol col pallone che rimbalza dopo un colpo di testa da più di 20 metri no. Auspichiamo una miglior precisione nei passaggi ed anche nei tiri: almeno sette volte su dieci si ha la sensazione di tirare a casaccio.

Per il resto siamo curiosi sugli aggiornamenti futuri e nutriamo speranze per un gameplay migliorato e per la modalità Capitano (Captain mode). Sicuramente un gioco da tenere d’occhio se si vuole riassaporare il gusto degli anni ’90. Si tratta, ad ogni modo di un titolo che sicuramente non può essere paragonato né a Fifa, né a PES ma che può far rivivere momenti allegri grazie anche ad un gameplay divertente e – si spera – più maturo.

L’articolo ‘90s Football Stars, Anteprima proviene da IlVideogioco.com.

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Eons of War, Prime Impressioni sulla Beta

Il genere degli strategici ha radici profonde nell’ambito del gaming. Partendo da giochi come Civilization, Command & Conquer, Age of Empire, Stacraft, Master of Orion 2 e molti altri, si arriva ai giorni nostri dove il genere continua a produrre buoni titoli con diversi spunti interessanti.

Per chi non è avvezzo al genere, i giochi strategici possono essere a turni ed in tempo reale. Questi due sono i due sottoinsiemi principali, dai quali partono poi ramificazioni di vario tipo che andranno ad identificare questo o quel titolo.

Eons of War, fa parte della famiglia dei videogiochi strategici a turni. Lo sviluppatore indie Vasinov Games, ci ha concesso la prova sulla versione preliminare (attualmente in beta chiusa). Ed ecco che il nostro Danny DSC ha giocato il titolo e ci racconta le sue sensazioni. Ricordiamo che il gioco è uscito lo scorso maggio su Steam in early access per Pc Windows, Mac e Linux.

UN PO’ DI GAMEPLAY



Lo sviluppatore americano è partito subito con un’idea molto chiara su quello che vuole proporre al pubblico. Uno strategico a sfondo spaziale veloce ed immediato che fa del pragmatismo e dell’arguzia nel dispiegamento delle proprie forze, il cardine del gameplay.

Superato il menu iniziale (al momento è disponibile solo la modalità skirmish, ma in seguito verrà implementata una campagna ed il multiplayer) avvieremo la nostra mappa libera dove potremo decidere diversi parametri. Si va dall’estensione della galassia, alla quantità di pianeti disponibile per ogni giocatore, al numero di avversari, alla quantità di risorse ed eventuali punti d’interesse e altri piccoli bilanciamenti. Avviata la mappa ci troveremo nella schermata principale che sarà anche la plancia dalla quale sferreremo gli attacchi e partiremo per la conquista dello spazio.

Quale che sia la quantità di pianeti di partenza, il numero di avversari, e l’estensione della galassia, i valori che dovremo tenere a mente sono: Energia, Popolazione, Minerale.

Questi tre parametri determineranno la possibilità di aprire tunnel spaziali verso altri mondi o punti d’interesse, la “forza” dei nostri attacchi e la possibilità di accedere a potenziamenti per le strutture che andremo a costruire. Già all’inizio della partita sarà fondamentale scegliere oculatamente cosa costruire e potenziare prima. Soprattutto nelle mappe di media e piccola dimensione. Il perché è presto detto: gli avversari si dimostreranno subito decisamente aggressivi. Scegliere di potenziare la nostra produzione di energia senza provvedere ad una giusta acquisizione di minerali ci impedirà di aggiornare le nostre strutture, che a loro volta, producendo meno risorse ci impediranno di progredire, facendoci trovare scoperti ad eventuali attacchi.

Il gameplay è piuttosto veloce, soprattutto perché in questa build preliminare il numero di costruzioni è limitato, l’unico attacco disponibile è quello deciso dalla “forza bruta” della popolazione a disposizione in un sistema, e anche il comparto ricerche si completa dopo una ventina di minuti. Però l’idea di base è di avere uno strategico con un buon grado di sfida (soprattutto nel multiplayer) senza rinunciare all’imediatezza di un gioco come Risiko (titolo dal quale Eons of War prende spunto in larga parte).

Gli spunti che rendono Eons of War davvero interessante, partono dalla possibilità di costruire dei tunnel spaziali tra sistemi distanti, dandoci quindi la possibilità di pianificare strategie e attacchi anche a sorpresa che possono risultare micidiali. Ovviamente anche i nemici possono fare la stessa cosa. Bisognerà, quindi, stare attenti e valutare i pro ed i contro. I tunnel ci permetteranno anche di spostare la popolazione (le truppe) tra pianeti vicini già collegati, e qui la pianificazione sarà davvero importante.

Altra peculiarità di Eons of War è la quantità di turni che portano un sistema a diventare una supernova o un buco nero. In pratica, andando a guardare la schermata delle informazioni di uno dei nostri sistemi, troveremo una voce che ci indicherà entro quanti turni il sistema si trasformerà in una nova o in un buco nero. Questo avrà effetti molto importanti sia nel sistema stesso che in quelli adiacenti. Il motivo è semplice: nel momento in cui la stella collasserà, il sistema rimarrà sempre di nostra proprietà ma potrà risultare vuoto, o con solo uno o due potenziamenti rimasti. I sistemi adiacenti invece, perderanno popolazione, e quindi forza (sia in attacco che in difesa, questo valore vale per entrambi).

La caratteristica sopracitata è davvero una bella trovata (e sempre veloce) perché nel momento in cui mancherà un turno alla trasformazione di una delle vostre stelle, farete di tutto per spostare la popolazione altrove, e se uno dei sistemi adiacenti è in mano nemica, potreste usare la cosa a vostro vantaggio attendendo che l’esplosione danneggi quel sistema così da poterlo attaccare senza sforzi. Per la serie, non tutti i mali vengono per nuocere. Oltre a questo, la trasformazione garantirà un nuovo afflusso di minerali che ci permetteranno di ricostruire le difese. E così si potranno anche seguire i miglioramenti necessari alla sopravvivenza della nostra gente.

TECNICAMENTE PARLANDO

Il comparto tecnico ci sembra adeguato al contesto. La grafica non fa gridare al miracolo ma è efficace e fa il suo dovere senza troppe complicazioni. Il sonoro che accompagna le nostre azioni ci pare abbastanza buono. C’è davvero poco da aggiungere sotto questo aspetto. Il titolo si basa sostanzialmente sul gameplay e non punta a stupire per la sua beltà. In sostanza Eons of War punta molto al sodo ed al gameply.




COMMENTO FINALE

Ovviamente stiamo parlando di una beta, quindi molto verrà migliorato, implementato e modificato. Ma già da queste battute iniziali si capisce come il titolo abbia una sua identità molto marcata. Caratteristica che affiora grazie anche al gran lavoro di Vasily Vasinov, lo sviluppatore del titolo. Eons of War ha davvero buone potenzialità.

L’articolo Eons of War, Prime Impressioni sulla Beta proviene da IlVideogioco.com.

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