Evercade, la nuovissima console di gioco retrò portatile, si arricchisce di una nuova cartuccia: The Oliver Twins Collection, con 11 giochi tra cui: Treasure Island Dizzy, Fantastic Dizzy, Go! Dizzy Go !, Dizzy The Adventurer, Panic Dizzy, Wonderland Dizzy, Mystery World Dizzy e BMX Simulator, FireHawk, DreamWorld Pogie e Super Robin Hood. La cartuccia è un progetto nato tra Codemasters, The Oliver Twins ed Evercade, e tutti i profitti destinati all’ente benefico del National VideoGame Museum. La nuova cartuccia arriverà quest’estate.
LA CARTUCCIA
Con 11 giochi con licenza ufficiale, questa cartuccia porta alcuni dei migliori titoli di The Oliver Twins sul palmare Evercade che è possibile anche collegare anche alla TV tramite HDMI. Inoltre, la cartuccia si unisce a una libreria altre 13 al cui interno è possibile trovare contenuti degli editori Atari, Data East, Interplay, Mega Cat Studios, Namco Museum, Piko Interactive, Songbird Interactive e Technos.
Queste le parole di Philip & Andrew Oliver, sviluppatori di The Oliver Twins:
Eravamo davvero entusiasti di conoscere Evercade. Prometteva di essere un modo fantastico di giocare a giochi retro con licenza ufficiale, sia in movimento che in TV, con le classiche cartucce da collezione. Era ben progettato e un ottimo prezzo. Cosa potrebbe esserci di meglio ?!
Quindi hanno contattato Codemasters e noi per chiedere il permesso per una speciale collezione di Oliver Twins che includesse 11 dei nostri classici giochi da console a 8 bit!
Questo ora lo rende la migliore console retrò ai nostri occhi e siamo davvero contenti che migliaia di persone potranno apprezzare i giochi che abbiamo scritto circa 30 anni fa!
Le persone adorabili di Blaze e Codemasters hanno anche concordato che TUTTI i profitti e i diritti di licenza vanno in beneficenza.
Toby Evan-Jones, vicepresidente di Codemasters, ha affermato:
Siamo incredibilmente lieti di sostenere questo progetto, che aiuta una causa utile mentre celebra anche un IP di gioco veramente classico (e un pezzo della storia condivisa di Oliver Twins / Codemasters. Collaborare con i gemelli e Evercade, per creare questo è stato un vero piacere.
A fargli eco è Andrew Byatt, direttore di Blaze Entertainment:
Quando abbiamo messo insieme questo progetto per la prima volta, avevamo una lista di titoli che hanno influenzato veramente le nostre vite di gioco e Dizzy è stato saldamente in questa lista. Siamo stati fan degli Oliver Twins per tutto il tempo che possiamo ricordare, non solo per i loro giochi di qualità, ma per il loro status leggendario nel settore dei videogiochi. È stato un vero piacere metterli insieme e non vediamo davvero l’ora di rilasciare questa cartuccia. È anche bello che attraverso questo progetto possiamo restituire il gioco comunità con tutti i profitti destinati al National Videogame Museum.
INFORMAZIONI SU EVERCADE
Evercade è una console che utilizza le proprie cartucce di gioco in stile retrò, offrendo un’esperienza di gioco super semplice e istantanea, come ai vecchi tempi. È dotato di uno schermo da 4,3 pollici delle stesse dimensioni della PSP) e di uscita TV.
Gli anni ‘80 dovevano essere davvero splendidi da vivere. Certo, i problemi erano presenti come lo sono oggi ma tutto sembrava una continua scoperta. Nel 1982, grazie alla Commodore, sui televisori di molti appassionati fece capolino un computer che sarebbe diventato il fulcro dell’interesse sui videogiochi ed anche sulla produttività. Il Commodore 64 è un’icona leggendaria che a quasi quarant’anni di distanza vede lo sviluppo e la commercializzazione di nuovi prodotti grazie a publisher ed appassionati. L’elenco di giochi dai quali sono derivati molti dei prodotti odierni, è praticamente infinito. Ci sono però alcuni titoli che trovano posto in una speciale classifica di pietre miliari. Tra questi, il capostipite dei giochi di ruolo post apocalittici: Wasteland.
Titolo distribuito da Electronic Arts e firmato Interplay, già basterebbe citare questa software house storica per aprire mille dibattiti, che nel 1988 fece capolino per tanti computer dell’epoca non ultimo, appunto, sul C64 ed è questa la versione protagonista della prima parte di questo nostro speciale.
Buona lettura.
POSTAPOCALITTICO, UNA NUOVA SFUMATURA RPG
Nella letteratura e nel campo videoludico, il genere post apocalittico presuppone che in seguito ad una catastrofe di diverse tipologie, ma con speciale riferimento all’autodistruzione insita nell’animo umano, uno o più “fortunati” tentino di sopravvivere su un pianeta che non possiamo più chiamare Terra e che non è più adatto alla vita, quantomeno la nostra.
Nel caso di Wasteland, in seguito ad un olocausto nucleare, zone radioattive coprono la maggior parte del pianeta. Poche gocce di civiltà sono riuscite a resistere stoicamente al richiamo della morte. Purtroppo, i sentimenti più negativi dell’animo umano sono emersi in fretta, portando su quelle che una volta erano strade, gang feroci e prive di scrupoli.
LE TANTE SFUMATURE DI UN MONDO SCONVOLTO
Ma questo “nuovo” pianeta, ha in serbo altre sorprese. Fanatici religiosi, mostri mutanti, robot e persino cyborg, girano per i deserti che separano quei pochi barlumi di società civilizzata. In questo mondo da incubo, dove lacrime di dolore si trasformano in polvere, i coraggiosi Desert Ranger sono l’ultimo baluardo che si erge in favore dei deboli. Come reclute di questa importante fazione, il nostro compito sarà quello di viaggiare nelle “badlands”, vivendo mille avventure e trovandoci a compiere scelte morali e combattere scontri sanguinosi.
All’epoca, leggere manuali di oltre cento pagine e trovarci di fronte al game over erano due consuetudini molto frequenti. Il termine gioco di ruolo era usato principalmente per i primi videogiochi fantasy e per il famoso e cartaceo D&D. Interpretare un eroe in terre dimenticate da Dio era una vera e propria novità, che si innestava in un gameplay tutto sommato semplice a partire dalla creazione del personaggio. Per costruire il proprio alter ego virtuale, bastava aggiungere qualche punto nelle varie statistiche e scegliere qualche abilità.
UNA LIBERTÀ D’AZIONE MAI VISTA
A differenza di prodotti dello stesso genere, Wasteland offre ampia libertà anche in questo aspetto. Niente classi e niente razze, ogni personaggio può imparare tutto e usare tutto. L’unica variabile sul successo è rappresentata dalla connessione tra le abilità e le statistiche che ne fanno uso.
Presa confidenza con il contesto e con i comandi, la progressione nelle varie aree è omogenea, e il ritmo equilibrato. Ovviamente il gioco non seguirà l’avventuriero passo dopo passo e questo porterà facilmente al game over gli stolti che oseranno allontanarsi prima di essere realmente pronti.
Esplorare con intelligenza senza allontanarsi troppo nelle prime fasi si rivelerà una strategia vincente, soprattutto quando dovremo abbracciare i fucili. E andando a parlare del combattimento, il gameplay è rigorosamente testuale come il resto del gioco. Ad ogni turno, il personaggio potrà scegliere di usare oggetti, combattere, difendersi, alternandosi con i compagni e i attendendo le mosse nemiche. Forse l’unico difetto è che si combatte spesso, ma valutando la mole di quest che si dovranno affrontare e i nemici finali, l’impegno è certamente giustificato.
UNA STORIA VERAMENTE APPASSIONATE
Il vero fulcro del gameplay però, non è sicuramente il combattimento, quanto la storia principale e soprattutto l’intero mondo e le tante avventure che ci aspettano. La maggior parte dei giochi di ruolo odierni segue il giocatore agli inizi e propone una difficoltà scalabile, una storia principale che risulta protagonista, o scelte che hanno poco peso nell’economia della storia.
Il lato rivoluzionario di Wasteland risiede proprio nella possibilità di affrontare ogni situazione in modi diversi, dettati sia dalle scelte del giocatore che dalle abilità dei propri compagni.
Il mondo aperto e molto vasto, vede lo scorrere del tempo in modo realistico. Facendo un esempio, muovendoci da un punto ad un altro della mappa del mondo farà scorrere il tempo molto più velocemente rispetto allo spostamento tra un edificio ed un altro della stessa città. Questo fattore, risulta particolarmente importante per la riuscita delle quest.
Inoltre, il mondo persistente era sviluppato così che se un giocatore usciva da un’area per tornarci in un secondo momento, l’avrebbe trovata nello stesso stato in cui l’aveva lasciata. Dato che i dischi rigidi erano ancora rari nei computer domestici nel 1988, ciò significava che il disco di gioco originale doveva essere copiato per primo, come indicato dal manuale, uno dei più completi ed utili nella storia dei videogiochi.
COME ERA IL GIOCO
A quei tempi, quando la scheda video non era quella all’interno della periferica ma la nostra fantasia, per aumentare l’immedesimazione del giocatore gli sviluppatori trovavano sempre modi stravaganti e intelligenti. Nel caso di Wasteland, Interplay propose un sistema che prevedeva la lettura di alcuni paragrafi del manuale venduto insieme al gioco.
Molti di questi brevi scritti, se letti in sequenza andavano a formare un racconto unico, che pur non essendo legato alle vicende di gioco, costituisce una lettura interessante e decisamente accattivante sia per gli appassionati che per i giocatori. All’interno del manuale si trovavano anche indizi su come risolvere determinate quest. Ultimo fattore d’utilizzo del manuale, era un rudimentale sistema di protezione da copia. Questo portava i giocatori non in possesso del gioco originale a digitare password errate rimanendo bloccati.
CINQUE ANNI PER REALIZZARE WASTELAND
Interplay ci mise ben cinque anni per sviluppare questo prodotto, ma l’impegno profuso fu ampiamente ripagato dal tripudio del pubblico e della critica. Nonostante l’atmosfera cupa e oscura, il mondo di gioco di Wasteland offriva molte battute di spirito, e tante sfumature morali. Divenne quasi immediatamente la pietra di paragone per la maggior parte dei titoli usciti successivamente.
Per finire questo capolavoro, servono non meno di una sessantina d’ore, e per l’epoca era qualcosa di incredibile. È un gioco fantastico a tutto tondo, che ogni appassionato che si rispetti dovrebbe quanto meno provare. Anche se sono passati tanti anni, Wasteland non ha mai perso il successo acquisito, che lo ha fatto diventare una vera e propria icona. E soprattutto, non è mai stato dimenticato dal suo creatore Brian Fargo.
BRIAN FARGO FONDA INXILE E POI…
A fine ottobre del 2002, a capo della sua nuova compagnia, inXile, Fargo acquisì i diritti del gioco da Konami. E così, nel 2012, il team di sviluppo americano decise quindi di rivolgersi direttamente ai fan. La software house propose a metà marzo di quell’anno una campagna di crowdfunding su Kickstarter con l’obbiettivo di racimolare un milione di dollari. In pochissimo tempo la voce si diffuse (in due giorni venne raccolta la cifra minima di 900.000 dollari per realizzare il sequel) e gli appassionati portarono nelle casse di inXile il triplo della cifra, andando a sfondare i 3 milioni. Wastelannd 2 è un buon seguito, ma questa è un’altra storia.
Sulla falsariga dell’operazione The Bards Tale Trilogy, una riedizione della campagna originale, inXile ha sviluppato anche la il remake di questa pietra miliare, disponibile dal 25 febbraio su Steam ed Xbox One. Questa versione è da tenere in particolare considerazione per noi italiani, visto che oltre ad una grafica completamente nuova e una colonna sonora estesa, il gioco offre anche una localizzazione completa nella nostra lingua.
L’inglese dell’epoca non è particolarmente complesso paragonato ai giorni nostri, ma godersi questo titolo in italiano non ha prezzo, come del resto qualsiasi gioco di ruolo dove troviamo molti dialoghi.
E detto questo, vi diamo appuntamento alla seconda parte di questo nostro viaggio in una delle serie più importanti della storia dei videogiochi.
Non si può negare che allo sviluppatore Volition piacciano le sfide più ardue. Dopo essere sopravvissuto alla bancarotta di ben due produttori (InterPlay prima e THQ dopo), a suon di validissimi titoli è riuscito a ritagliarsi un posto tra quei creatori di videogiochi che, se non ci fossero, bisognerebbe inventarli. Il loro ultimo sforzo creativo, Agents of Mayhem, arriva dopo aver detto praticamente tutto sul tema Saints Row, che dopo Gat out of Hell di ultima generazione si sta prendendo un anno sabbatico.
Se in passato ci siamo divertiti sui vari Red Faction, The Summoner, FreeSpace e The Punisher, lo dobbiamo a loro. Agents of Mayhem approda su Pc, Xbox One e Ps4 lo scorso 15 agosto: un po’ Saints Row e un po’ Battleborn a primo sguardo, ma – per fortuna – abbastanza lontano da entrambi.
MAYHEM CONTRO LEGION
Dodici agenti (che diventano quattordici con i bonus pre-order) provenienti da tutto il mondo vengono ingaggiati dall’agenzia Mayhem per fermare definitivamente i loschi piani della Legion, una lega di super-cattivi del tutto intenzionati a portare rovina e devastazione sul pianeta. Il teatro della battaglia per le sorti dell’umanità è una futuristica Seul, capitale della Corea del Sud, metropoli sempre a metà strada fra il futurismo più geniuno e un occhio di riguardo per il passato.
Dopo un frenetico tutorial in cui, oltre ai primi tre personaggi ci vengono mostrati i rudimenti del gameplay, eccoci arrivare alla base dell’agenzia Mayhem, tra un intermezzo a cartoni animati e l’altro che richiama più il mondo del fumetti Marvel che un qualsivoglia universo cinematografico o videoludico. La base Mayhem è chiamata A.R.K. ed è simile, in quasi ogni cosa, al più famoso Helicarrier degli agenti S.h.i.e.l.d della “Casa delle Idee”. Da qui possiamo gestire agenti, equipaggiamenti, missioni principali e secondarie, abilità degli operativi e mandare avanti alcune trame della storia che – senza troppe pretese – funge più da pretesto per dar fuoco alle polveri che a lasciare un messaggio profondo. L’intento dei giochi Volition di ultima generazione, d’altronde, hanno il grande merito di voler divertire e ci riescono benissimo, mettendo un po’ sotto tono la parte narrativa.
FRA TRINE E WARFRAME MA SEMPRE IN SOLITARIA
Agents of Mayhem è un videogioco dedicato al giocatore singolo. Non aspettatevi multiplayer cooperativo o competitivo, niente che possa ricordare da vicino Borderlands, Battleborn e tanti altri. Tuttavia non abbiamo potuto fare a meno di notare la presa in prestito di elementi di gioco da Trine e da Warframe.
Dalla piccola grande perla dei Frozenbyte Studios segnaliamo la possibilità di cambiare personaggio in corsa, durante le missioni, per alternarne l’utilizzo e – soprattutto – sfruttarne le peculiarità quando la situazione richiede una competenza più specifica. In altre parole: tutti sanno sparare, ma c’è il soldato con fucile d’assalto e granate che si presta bene nelle azioni più affollate, c’è il grande guerriero – che sembra uscito dal ghetto di New York – che può subire più colpi prima di andare a tappeto ed è armato con armi più pesanti. Ci sono le veloci, agili e sprintose donzelle armate di doppia pistola, gatling ed altri strumenti di devastazione, che spesso portano con sé più abilità di supporto e di tecnica che al solo fine di distruzione. Se avessimo bisogno di “hackerare” un computer, insomma, dovremmo lasciarlo fare a chi di competenza, tutto sommato.
Di Warframe, invece, ricorda molto la struttura a missioni. Sebbene siano tutte ambientate a Seul e d’intorni, dopo ogni incarico si ritorna sulla Ark a fare debriefing, a ottenere ricompense, ad investire materiali di risulta per potenziare armi ed abilità e tanto altro ancora.
Ovviamente si può accedere al pannello degli incarichi per selezionare una nuova missione o una nuova indagine. Quello che lascia l’amaro in bocca è che tutto si può fare in solitaria, senza essere affiancati da amici ed è un peccato, perché la quantità di cose da fare è semplicemente enorme e si fa in fretta a saziarsi di così tanti contenuti. D’altra parte, tutto questo, giova alla longevità del titolo e alla sua rigiocabilità: passano decine di ore prima di giocare tutto quello che il titolo offre. Ne passano un centinaio a voler sbloccare ogni singolo elemento presente, per la gioia dei completisti.
Nulla da segnalare sul fronte dei difetti. Non abbiamo colto gravi rallentamenti grafici (il motore di gioco è perfettamente scalabile per essere fruito anche in configurazioni pc vecchie di qualche anno), non abbiamo riscontrato pesanti bug che ci hanno costretto a riavviare il gioco o impedito di finire una missione. Ad onor del vero, giocando con scheda grafica AMD, siamo incappati in un crash, probabilmente dovuto a driver non ancora aggiornati.
COMMENTO FINALE
Agents of Mayhem è un videogioco in terza persona, open world, d’azione e avventura con elementi presi in prestito dai videogiochi di ruolo, sviluppato da Volition Inc per Deep Silver. Disponibile per Pc, Xbox One e Ps4 dallo scorso Ferragosto, l’ultima fatica degli sviluppatori di Saints Row non si discosta molto dagli illustri predecessori e trae i fili della trama proprio da Gat out of Hell, ultimo esponente della serie.
Contrariamente a Saints Row, qui si prendono le parti di un’agenzia anticrimine Mayhem costituita da super-soldati tanto eccentrici quanto talentuosi. Sboccati, spacconi e arroganti come pochi al mondo, ma anche efficienti ed efficaci nel mettere i bastoni tra le ruote ai super-cattivi della fazione Legion.
Al fianco di una realizzazione tecnica di tutto rispetto e, tutto sommato, ispirata, si aggiunge un sistema di gioco fondato sull’azione più pura, esplosioni, raccolta di risorse, forgia di equipaggiamenti, passaggi di livello e cambio di personaggi in corsa (si entra in azione a gruppi di tre). Un po’ Trine, un po’ Warframe, un po’ Saints Row ma tutti, decisamente, Agents of Mayhem.
I contenuti di gioco sono semplicemente innumerevoli e le ore di gioco garantite per portare a compimento tutto quello che il titolo offre sono tante e garantite. Unico grande neo a tanta quantità è l’assenza di una modalità multigiocatore che possa ricordare i fasti di Borderlands: qui si gioca soltanto in solitaria e le uniche cose da condividere solo delle missioni rivolte alla community, che deve cooperare (ciascuno da casa propria) per far registrare ai server di gioco questo o quel primato. Altro tallone d’Achille, a tanta quantità super-concentrata nella metropoli di Seul, è la reiterazione di situazioni, il ripetersi di certe missioni che a qualcuno potrebbe non piacere totalmente.
Pregi
Visivamente ispirato. Doppiaggio originale, musiche ed effetti sonori convincenti. Frenetico, divertente e di facile apprendimento. Enorme molte di contenuti sbloccabili. Dissacrante stile Saints Row ancora presente e in grande spolvero.
Difetti
Poco vario nelle situazioni. Tante cose da fare e sbloccare in poca varietà di ambienti. Niente multiplayer.