L’avventura musicale in stile Dalì, Beat The Game, è ora disponibile su Steam per Pc Windows, Mac e Linux. Lo rende noto lo studio indipendente Worm Animation.
La versione per Xbox One sarà lanciata più avanti nel corso dell’anno. Per accompagnare l’annuncio, lo studio ha rilasciato un trailer di lancio che vi proponiamo. Beat The Game combina ambientazioni e personaggi disegnati a mano con le classiche meccaniche di un’avventura punta e clicca in 3d aggiungendo anche una fase di creazione musicale davvero intuitiva.
Ampiamente ispirato agli artisti surrealisti del ventesimo secolo, come Dalì ed Ernst, oltre che alla moderna musica techno europea, Beat The Game è un’affascinante avventura con un cuore musicale.
“Siamo davvero felici di lanciare le versioni Pc, Mac e Linux di Beat The Game, consentendo ai giocatori di provare l’adorabile quanto bizzarro mondo che abbiamo creato per loro e Mistik – ha dichiarato Cemre Ozkurt, fondatore di Worm Animation – abbiamo usato come base una classica avventura punta e clicca, aggiungendoci una splendida ambientazione e personaggi in 3d, oltre a particolari meccaniche di gioco per la creazione della musica. Speriamo che i giocatori diano libero sfogo al proprio DJ interiore per salvare Mistik”.
Con un background nell’animazione cinematografica, Worm Animation porta i giocatori in un viaggio davvero unico nei panni di Mistik, l’eroe di Beat The Game, per svelare il misterioso universo astratto in cui si ritrova dopo un incidente con la sua moto. Tuttavia, Mistik non è il classico eroe, quanto un vero e proprio autore musicale. Infatti, con l’aiuto del suo fidato registratore, Mistik deve ottenere i vari suoni sparsi nelle visionarie ambientazioni di Beat The Game per creare la traccia musicale definitiva. Lo stimato produttore di musica techno e house, Marc Houle, ha composto la colonna sonora, assicurandosi che il giocatore sia sempre in grado di creare il proprio sound.
Da alcune bacchette scartate al fragore di una pietra sul metallo, le ambientazioni di Beat The Game sono contraddistinte da una serie di suoni e personaggi vivaci. Esplorando questo mondo offuscato e surreale, scoprendo suoni interessanti, i giocatori dovranno creare una libreria di sample sempre più completa. Aprendo il sequenziatore l’audio del gioco prenderà vita, consentendo di usare i suoni in qualsiasi combinazione si preferisca. Da piccoli rulli polverosi a vivaci ritmi house, il sequenziatore intuitivo di Beat The Game si assicura che ogni combinazione suoni bene, aiutando a creare qualcosa che si adatti ai propri gusti.
Destructive Creations e 1C Company ci presentano i Vichinghi, la prima delle quattro fazioni disponibili nel loro strategico in tempo reale chiamato Ancestors Legacy che uscirà nel secondo trimestre dell’anno prossimo su Pc ed Xbox One. Il gioco, infatti, che ricordiamo essere il progetto di Patrice Desilets (il papà di Assassin’s Creed) ha cambiato nome e da Ancestors: The Humankind Odissey, è diventato un più semplice Ancestors Legacy. E con l’occasione sono state diffuse nuove informazioni tra cui un bel video di gameplay.
Essere un guerriero richiede alcuni prerogative importanti. Bisogna essere coraggiosi, si deve resistere al dolore, essere rapidi e bisogna prepararsi a tutti gli inconvenienti che la vita del guerriero comporta. Ma soprattutto non bisogna dimenticare di usare il cervello. Essere in grado di conoscere i propri nemici, di pianificare in anticipo le mosse, di aggirarsi e di adeguare le proprie tattiche quando necessario e sfruttare l’effetto sorpresa. Alla fine, può anche non succede nulla quando si è in guerra e spesso essere intelligenti – non necessariamente forti – determina il proprio ritorno a casa sugli scudi… o sotto di essi.
Con queste premesse, guardiamo l’ultimo video di Ancestors Legagy intitolato “Rebulding Forces”, una clip di 22 minuti con gameplay commentata dagli sviluppatori per guardare l’importanza delle tattiche, le caratteristiche del combattimento unico delle proprie truppe, l’abilità di muoverle in modo accurato o, come il proprio eroe le dirige. Gli sviluppatori hanno mostrato queste sequenze per aiutare gli appassionati a capire meglio le caratteristiche del gameplay.
Visioniamo una missione per giocatore singolo dove si farà esperienza in Ancestor Legacy per imparare le basi del combattimento sperimentando il lato furtivo. Questa è una meccanica complessa che non bisogna sottovalutare ed un ingrediente che può rendere il party invincibile. Bisognerà scegliere i bersagli con saggezza ed oculatezza ricordando che alcune unità saranno inefficaci contro altre.
Angestors Legacy con le sue quattro fazioni diverse offre diversi modi per raggiungere il dominio tattico e la superiorità complessiva sul campo di battaglia.
I vichinghi dei regni norreni sono più mobili di altre azioni grazie alla loro fanteria leggera ed alla cavalleria. Sono gli aggressori nel gioco e non dispongono di edifici permanenti che possono essere considerati una vera e propria base.
Le loro tattiche sono basate su una formula di attacco ed è molto efficace. Esistono tuttavia alcuni semplici insediamenti, e vale la pena notare che si basano su campi militari del X-XI secolo. La tribù in quanto tale si basa sui Vichinghi che vivevano nell’area della Norvegia moderna, della Svezia e della Danimarca nel periodo compreso tra il IX e l’XI secolo.
Conosciamo così questo popolo di guerrieri del Nord. Forti, resistenti, impavidi pronti ad attaccare di sorpresa.
SUL GIOCO
In Ancestors Legacy si prende il comando del proprio esercito attraverso una lunga serie di campagne di guerra nell’Europa medievale. Si dovrà scegliere una nazione tra le quattro disponibili: Vichinghi; Anglosassoni, Germanici o Slavi che si potranno utilizzare in tanti modi diversi per conquistare, saccheggiare o distruggere campi nemici, villaggi e città. Solo l’utilizzo completo ed in modo sapiente dell’ambiente può offrire vantaggi strategici e tanti altri dettagli possono fare la differenza tra il trionfo e la disfatta.
Il titolo punta ad offrire una strategia militare in tempo reale storicamente accurata influenzata da eventi accaduti nel Medio Evo. Il gioco combina diverse risorse e tante caratteristiche su vasta scala e ricche di dettaglio grazie all’utilizzo dell’Unreal Engine 4. Si parla anche di un’esperienza medievale sanguinolenta come mai conosciuta grazie alle nuove tecniche di ripresa.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI
4 nazioni giocabili. Single player molto vasto con campagna ispirata agli eventi ed alle popolazioni storiche.
Vittoria o sconfitta. Intense battaglie nella modalità multiplayer in un realismo medievale cruento.
Ingannate i vostri nemici. Opzioni di tattica avanzata che combinano l’utilizzo del terreno, l’esperienza ed il morale.
Visuali con camera cinematica da battaglia. Siate protagonisti ed al centro della brutale azione.
Visuali fedeli. Il gioco sfrutta la potenza dell’Unreal Engine 4 e delle sue caratteristiche in oltre 1.600 animazioni.
Gestione credibile delle risorse e della costruzione dei villaggi.
Ennesimo prodotto uscito dalla sempre fervente fucina di Kickstarter, con una campagna contraddistinta da un discreto successo nonostante l’assenza di nomi illustri, Masquerada: Songs and Shadows si presenta al pubblico come un gdr fortemente story-driven, caratterizzato in particolar modo dalla peculiarità dell’ambientazione e dal pesante accento posto sulla trama. Nonché da un sistema di combattimento tattico che fa risalire la propria concezione – secondo quanto affermano gli sviluppatori di Witching Hour Studios – a veri e propri giganti del genere come Baldur’s Gate, Dragon Age e persino Transistor.
Masquerada era già uscito a settembre 2016 su piattaforma Pc, ricevendo un’accoglienza tiepida ma positiva. Ora, con l’uscita su console PlayStation 4 e Xbox One prevista per l’8 agosto, gli sviluppatori di Witching Hour Studios sperano di poter far conoscere il proprio lavoro ad un pubblico più vasto ed eterogeneo in termini di gusti e aspettative. E lo fanno mettendo in campo un titolo che, a dispetto del budget risicatissimo (circa 60.000 dollari ottenuti grazie alla campagna di crowdfunding già menzionata), può vantare un doppiaggio di qualità altamente professionale che non ha nulla da invidiare a quello di un qualsiasi tripla A – parliamo di nomi come Matthew “Leon Kennedy” Mercer e Jennifer “Femshep” Hale, tra gli altri – e una veste grafica incredibilmente elegante. Ma andiamo con ordine.
CANZONI, OMBRE E MASCHERE
La grande città di Ombre, pesantemente ispirata alla cultura veneziana rinascimentale, fa da sfondo alla totalità delle vicende del gioco. Si tratta di una città-stato dall’elevato potere culturale e soprattutto militare, quest’ultimo ottenuto grazie soprattutto all’utilizzo delle Mascherine, ovvero delle maschere speciali che, quando indossate, conferiscono al proprio utilizzatore una grande varietà di poteri magici a seconda delle proprie inclinazioni – possono essere quindi, a seconda di chi le usa, basati sui classici quattro elementi filosofici: fuoco, acqua, aria e terra. Tali mascherine, come si può facilmente immaginare, sono rare e perciò assai preziose: ne è risultata una vera e propria divisione sociale tra “Masquerada”, coloro che fanno uso di Mascherine, solitamente membri dell’esercito e della classe politica e dirigenziale, e “Contadani”, ovvero tutti gli altri componenti della società; si tratta di una stratificazione sociale semplice e tuttavia pesantemente marcata, che nel corso del gioco verrà esplorata nelle sue sfaccettature, nelle sue contraddizioni e soprattutto nelle sue conseguenze.
Gli eventi del gioco prendono avvio già dal breve ma intenso tutorial: centro degli eventi è Cyrus Gavar, leader di una ribellione di Contadani alla ricerca di migliori condizioni di vita, destinata però ad avere un finale esplosivo quanto tragico. Protagonista vero e proprio del gioco è, infatti, il fratello di Cyrus Cicero Gavar, ritornato in città dopo l’esilio della propria famiglia seguito al termine della ribellione. Il nostro Cicero, dopo essere stato insignito del grado di “Inspettore” (una sorta di agente al servizio della corona), viene incaricato di indagare su un caso di persona scomparsa. Masquerada, dunque, inizia così, con un intreccio che non si distingue particolarmente per originalità o carisma dei suoi personaggi, pur se ben tratteggiati, bensì per l’unicità e la particolarità della propria ambientazione.
La trama di Masquerada prosegue regalando momenti sufficientemente epici e dosando bene le rivelazioni che si susseguono in quantità e qualità, mentre il tutto è sostenuto da un impianto narrativo che, pur non facendo del coinvolgimento il proprio punto di forza a causa di alcuni cali di ritmo, si poggia in modo quasi ostentato su un’ambientazione che è colma di dettagli e peculiarità. La città di Ombre, infatti, è – come già accennato – assai ispirata alle atmosfere del 500-600 italiano in generale e veneziano in particolare, con colori ricchi e sgargianti, un grande accento posto sull’arte e sul decorativismo, e una incredibile pletora di nomi propri espressi in una lingua vagamente italianeggiante. La cosiddetta “lore” di Masquerada è a dir poco ricchissima, e le prime ore saranno devolute dal giocatore quasi solamente all’assimilazione di nozioni, conoscenze, fatti storici e nomi propri di questa ambientazione, traboccante di “vissuto” come poche altre e dotata di un ricchissimo background culturale.
Tutta questa cornucopia storiografica è portata alla vita grazie ad un sapiente utilizzo di una telecamera isometrica su un piano 2D fisso, cosa che permette di utilizzare magistrali sfondi prerenderizzati e asset esteticamente coloratissimi, il tutto inframezzato da una grafica in cel-shading ben realizzata, da modelli dei personaggi sufficientemente dettagliati e da pannelli in stile fumetto che si occupano di proseguire la storia. Il tutto funziona bene, anche se nel caso della battaglia è facile perdersi, causa l’imponenza eccessiva dell’effettistica utilizzata. A coronare il tutto interviene una colonna sonora ottimamente realizzata, che riesce a sottolineare bene i momenti salienti della trama e i combattimenti, pur risultando a volte un po’ ripetitiva.
UN GIOCO DIVISO DALLE SUE ISPIRAZIONI
Masquerada si descrive come un GDR tattico, e sebbene la parte narrativa sia senza dubbio abbastanza forte da giustificare tale nomenclatura (con un dovuto distinguo, che faremo tra poco), purtroppo bisogna notare come il combattimento non riesca minimamente a seguire gli stessi standard: il gioco si fonda sull’utilizzo di tre personaggi controllati dal giocatore, ognuno dotato di una serie di abilità attivabili con un periodo di cooldown; tali capacità riempiono a poco a poco una barra che, una volta portata al massimo, sblocca un potere particolarmente potente, preferibilmente da usare solo nelle situazioni più disperate. È presente un abbozzato sistema di sviluppo basato sull’utilizzo di punti esperienza per potenziare in diversi modi tali abilità, tuttavia manco dei veri e propri alberi di sviluppo che possano portare alla costruzione di “build” diversificate: inevitabilmente, la progressione dei poteri seguirà un iter uguale per tutti i personaggi, con ben poche decisioni veramente importanti concesse al giocatore.
Il combattimento in sé vorrebbe, in teoria, riecheggiare il gameplay dei classici titoli in tempo reale con pausa tattica, alla Neverwinter Nights o Baldur’s Gate, ma le battaglie si risolvono presto in mischie confuse senza capo né coda, a meno di non utilizzare in maniera eccessiva la pausa tattica offerta dal gioco per microgestire i propri personaggi. La velocità degli scontri, decisamente interessata, non permette di seguire con cognizione di causa lo svolgersi degli eventi, e più in generale la bassa difficoltà di tutto il titolo (anche al massimo livello di sfida selezionabile) conduce inevitabilmente all’assoluta mancanza di interesse da parte del giocatore, complice anche un design degli incontri ripetitivo che li porta a rassomigliarsi un po’ tutti, fatta eccezione per un paio di boss fight.
Il lato ruolistico è però il vero, illustre assente. Masquerada si pone come un titolo decisamente lineare, quasi al punto da restituire sensazioni da visual novel giapponese: la maggior parte dei momenti di gioco consiste nel far proseguire i personaggi controllati lungo corridoi spogli di qualunque elemento interagibile (fatta eccezione per qualche occasionale entrata nel codice o qualche nuova Mascherina con specifici effetti bonus). Manca, in pratica, tutto ciò che distingue un GDR in senso stretto – che sia equipaggiamento, decisioni da prendere (la trama è immutabile dall’inizio alla fine), interazioni con i personaggi non giocanti e via di questo passo – e ciò non può che fare di Masquerada una esperienza di GDR tra le più “leggere”, e a momenti davvero inconsistenti, che è possibile trovare sul mercato.
COMMENTO FINALE
L’esperienza offerta da Masquerada è di quelle magari affascinanti all’inizio, ma che poi risultano facili da dimenticare. La mancanza di vera profondità meccanica o complessità ruolistica e la linearità di trama e personaggi non possono salvare un intreccio sia pur gradevole e una presentazione artistica, estetica e sonora assolutamente meritevole. Masquerada è una delusione, perché sacrifica un’ambientazione ottimamente realizzata e ricca di carattere sull’altare della semplicità e della mancanza di coraggio, anche se sicuramente la mancanza di fondi sostanziali non ha aiutato gli sviluppatori. Così com’è, il gioco è poco di più di una visual novel (e nemmeno molto lunga) inframezzata da qualche combattimento noioso.
Pregi
Trama piacevole con un intreccio godibile. Presentazione estetica magistrale e sonora. Doppiaggio di tutto rispetto con tanti grandi nomi.
Difetti
Scontri confusi e troppo facili. Esperienza decisamente lineare e poco complessa. Assenza totale di sistemi di sviluppo, equipaggiamento e ruolismo.
Una delle caratteristiche più belle nel mondo dei videogiochi è quella di tuffarsi in mondi fantastici, in grado di regalare momenti di distrazione nonché una sana esperienza al di là della qualità finale del prodotto.
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles, titolo indie firmato dal microstudio indie australiano Prideful Sloth, ci porta nel vastissimo mondo di Gemea, una isola colorata, ricca di tante cose da fare.
Il primo gioco firmato da questa piccola software house è un’avventura sandbox a metà tra Zelda (la parte iniziale ricorda molto da vicino le dinamiche di alcuni titoli della serie) e Minecraft per le cose da fare.
Uscito lo scorso 18 luglio su Steam e PS4, Yonder prova a conquistare i giocatori con la sua semplicità. Sarà in grado di riuscirci? Noi vi raccontiamo la nostra esperienza.
UN NAUFRAGIO CI PORTA IN MONDO COLORATISSIMO
Il gioco inizia su una graziosa imbarcazione a vela (una sorta di galeone in stile Playmobil per intenderci) che però affonda dopo essere stata colpita da un nubifragio. Il nostro eroe (o eroina, si potrà scegliere all’inizio) si ritrova su Gemea, una terra lussureggiante molto vasta al punto da comprendere spiagge tropicale e cime innevate.
Un posto da sogno con gente davvero gentile che però è in pericolo. Una forza oscura e misteriosa, il miasma, minaccia la vita quotidiana in questa terra da sogno. Inizieremo così il nostro viaggio a Gemea con tantissime cose da fare, costruire ed inventare ma anche molta gente da aiutare per ricostruire un mondo che seppur bello è stato comunque colpito pesantemente.
GAMEPLAY ALL’INSEGNA DEL VIAGGIO E DELLA NON VIOLENZA
In Yonder: The Cloud Catcher Chronicles ci sono tantissime cose da fare. Il punto forte del gameplay è la quantità di quest, tutte volte sostanzialmente a raccogliere questo o quell’elemento per riparare o costruire di tutto. Da utensili a vere e proprie costruzioni. Si potrà addirittura ampliare delle fattorie ed allevare gli animali ma si dovranno sudare le fatidiche sette camicie.
Si cucineranno piatti sempre più elaborati e si pescherà. Si collezioneranno ricette e progetti per realizzare ingredienti e strutture di ogni genere, il tutto per migliorare la vita dei gentili abitanti di Gemea ma anche per soddisfare le richieste di enormi totem sparsi per le varie location.
Tutto all’insegna della non violenza. Non ci sono combattimenti nel nostro viaggio alla ricerca degli spiriti che sono le uniche creature in grado di poter aiutare questa terra tanto bella quanto colpita.
Il nostro pellegrinare sarà molto lungo ma per fortuna la scoperta di numerosi paesaggi sempre vari e belli anche può essere considerato un ottimo carburante per andare avanti. Potrebbe non servire del tutto, come vedremo più avanti, ma vedere certi scorci può dare emozioni. Troviamo diversi tipi di ambientazioni che offrono varietà con tantissimi posti e luoghi da scoprire. A Gemea troveremo una decina di biomi diversi, infatti da fare sembrare questo territorio più un continente che un’isola.
Ed il tempo per le nostre missioni lo gestiremo noi. Potremo andare liberamente ovunque (a patto, magari, di avere anche le risorse per sbloccare un ponte da riparare o altro), scambiare e costruire oggetti sempre più interessanti (e qui la similitudine con Minecraft ed anche col più recente Dragon Quest Builders) per risolvere rompicapi e così via. In Yonder, i giocatori potranno diventare esperti di antichi mestieri: falegnami, cuochi o addirittura sarti e queste abilità aiuteranno il nostro personaggio ad andare avanti in questa avventura che può durare dalle 10-11 ore (se si tira dritto fino in fondo senza fermarsi) a tempi infinitamente più lunghi se si non si ha fretta. Esistono anche missioni procedurali che allungano ulteriormente la longevità. Ci sono anche missioni speciali per entrare nelle gilde e quindi ci si può specializzare in questo o in quel ramo o in tutti. Le missioni sono tantissime ma generalmente si andrà avanti ed indietro per raccogliere, scambiare, materiali e poco altro rischiando di rendere ripetitivo il tutto.
La spinta, come accennato, può essere quella di scoprire nuove location, ma non tutti sono avvezzi a questo. Inoltre è interessante far notare come l’unica forma di commercio sia il baratto. Sarà utile quindi, tenere nel proprio inventario (zaino, tanto per cambiare), ogni risorsa raccolta, soprattutto le più rare, da scambiare con i mercanti sparsi per il mondo di gioco. Questo però può essere un problema: non si potranno vendere gli oggetti realizzati (craftati) e raccogliere quello che serve davvero per sbloccare determinati passaggi può essere problematico e può costringere il giocatore a fare avanti ed indietro in lunghe ricerche.
In sostanza, girovagare per il colorato mondo di Gemea può essere presa come una simpatica passeggiata lontani dallo stress grazie ad un gameplay compassato, votato più alla contemplazione, alla scoperta ed alla riscoperta di vecchi mestieri artigiani e dei rapporti di buon vicinato col prossimo. Una sorta di “vacanza” dove ci si dedicherà più alla agricoltura raccogliendo frutti o piantando semi o ancora alla pesca che ad altro. Il gameplay si può racchiudere qui ed è gestito da una buonissima interfaccia molto intuitiva. Altro dato positivo è il fatto che Yonder: The Cloud Catcher Chronicles sia tradotto piuttosto bene in italiano anche se ogni tanto si evince qualche errore. Nulla di grave per fortuna.
UNA GRAFICA DELIZIOSA MA CON QUALCHE DETTAGLIO OSCURO, UN’OTTIMA COLONNA SONORA
Siamo al lato tecnico di Yonder: The Cloud Catcher Chronicles e qui il discorso va approfondito senza, tuttavia incorrere in tecnicismi inutili. L’antico Unity è l’engine che muove e gestisce Gemea, il mondo di gioco. Questo offre scorci deliziosi. Gli sviluppatori hanno davvero fatto un ottimo lavoro sfruttando molto bene le peculiarità di questo motore.
L’aspetto generale è incantevole. I paesaggi sono davvero molto belli ed immergono il giocatore a Gemea nel migliore dei modi. C’è tantissima varietà nell’aspetto grafico con tante ambientazioni diverse. Graziosissime le architetture delle strutture, molto tondeggianti, ma degni di nota sono anche il clima dinamico ed il ciclo giorno-notte.
Nel gioco la luce del sole si alternerà con il buio delle nubi e dei vari effetti climatici. Improvvisi acquazzoni con folate di vento, sono una delle tante chicche che il gioco propone assieme ad un’alternanza di sfumature molto belle che vengono regalate dal susseguirsi di albe e tramonti. Anche il cielo notturno è uno spettacolo mentre si noterà che al nostro passaggio, i ciuffi d’erba si muoveranno. Le folate di vento faranno smuovere le foglie quando ci troveremo in prossimità degli alberi.
Generalmente ci troviamo di fronte a paesaggi da cartolina. Sia che si tratti di zone rupestri o selvagge sia che si tratti dei numerosi villaggi di Gemea. Non ci è piaciuta, invece, la caratterizzazione dei personaggi. Davvero troppo scarna. Sarà stata una scelta stilistica, per carità, ma non ci ha convinto per niente. Alcuni modelli poligonali degli animali selvaggi, inoltre, ci sono sembrati troppo spigolosi nonostante la loro “rotondità concettuale”. In sostanza gli animali hanno forme tondeggianti e generalmente mai aggressive, concettualmente fatte con linee morbide ma la resa in gioco è completamente diversa con tanti spigoli vivi.
Inoltre, ogni tanto, la telecamera non aiuta facendo traballare la visuale comoda visuale in terza persona. Ci sono anche alcuni effetti pop-up (in sostanza vedremo aggiungere dettagli al paesaggio in modo improvviso ed innaturale). Nulla comunque di grave, per carità, ma è giusto segnalarlo.
In sostanza, se da lontano ci incanta con paesaggi cartooneschi e fiabeschi, da vicino ci fa un po’ riflettere anche per mancanza di dettagli su texture ed altro.
Ottime, invece sia le musiche strumentali che danno un tono “epico” al nostro cammino che gli effetti sonori. Quest’ultimi sono dinamici e cambieranno di intensità a seconda della nostra posizione e distanza dalla fonte.
COMMENTO FINALE
Yonder: The Cloud Catcher Chronicles è molto carino. E’ un action adventure ambientato in un mondo fantastico dove il clima di buon vicinato e l’assenza di violenza accolgono i giocatori in un viaggio che può divertire molto.
A patto che non si sia amanti degli hack and slash o degli splatter. Se lo siete cercate altro. Il lavoro di Prideful Sloth è probabilmente rivolto ai più piccoli e ci sentiamo di consigliare questo gioco proprio a loro o a chi ami i ritmi lenti, il gusto della scoperta e che si divertano a raccogliere, barattare, e realizzare oggetti sempre più grandi e complessi o a pescare o a gestire fattorie.
Passa quasi in secondo piano il lato tecnico che pur essendo di buon impatto ha comunque delle ombre. I paesaggi offrono diversi scorci deliziosi, ci sono tante chicche come una buona resa degli effetti ambientali ma appena si va al dettaglio, le spigolosità e la mancanza (strana) di dettagli nelle espressioni dei personaggi o nelle forme degli animali, ci lascia un po’ perplessi.
Il gameplay è piuttosto immediato, semplice ed offre anche una discreta varietà con tante cose da fare che però può tradursi in noia per i giocatori più smaliziati che magari cercano altro.
Abbiamo apprezzato Yonder: The Cloud Catcher Chronicles per la sua filosofia e non nascondiamo che ci ha regalato attimi di spensieratezza. Forse, però, avrebbe giovato qualche missione di combattimento magari non violento (non per forza bisogna eliminare i nemici) per ravvivare l’azione. La ricerca degli spiriti per salvare Gemea può essere rilassante, a tratti divertente, ma può anche risultare vuota e priva di una vera e propria sfida. Tuttavia, questo titolo, sa regalare – se visto nella giusta ottica (è pur sempre una produzione indie con limiti di budget) – ore di spensieratezza ed evasione da ritmi certamente più frenetici di altri titoli similari.
Pregi
Gemea offre scorci incantevoli per un vasto mondo da esplorare. Buon utilizzo dell’Unity. Tante cose da fare. Gameplay immediato. Regala ore di spensieratezza non violenta.
Difetti
Design dei personaggi poco dettagliato. Manca il quid all’azione. Dopo qualche ora cose da fare si somiglieranno.
I giochi rievocativi vanno sempre di moda. Ed il ricco mondo indie favorisce la realizzazione di questo tipo di titoli che, in diverse occasioni riescono anche a farsi apprezzare.
Torniamo così a parlare di Blossom Tales: The Sleeping King. Si tratta di un action adventure con sfumature gdr sviluppato da Castle Pixel e da FDG Entertainment GmbH & Co. KG., disponibile da fine marzo scorso su Steam per Pc Windows.
Il progetto ha avuto uno sviluppo lungo e si affacciò su Kickstarter nel 2014 senza però successo: furono raccolti poco più di 20.300 dollari a fronte di una richiesta di 45.000. Il gioco si ispira ampiamente a The Legend of Zelda: A Link to the Past, storico titolo del 1991 per Super Nintendo, riproposto poi nel 2003 su Game Boy Advanced. Considerando, tuttavia, che non ci sono troppi titoli “alla Zelda” su Pc, Blossom Tales: The Sleeping King si propone di colmare un grande vuoto con un prodotto vivace. E questo grazie anche all’esperienza di FDG Entertainment che con Oceanhorn, altro titolo che si ispira a Zelda (The Wind Waker), ha avuto un buon successo.
Riusciranno, quindi, gli sviluppatori a mantenere le attese ed a confermare quanto di buono abbiamo notato nelle Prime Impressioni?
NONNO MI RACCONTI UNA FAVOLA DOVE SIA IO LA PROTAGONISTA?
Il tutto inizia col classico racconto della favola tra nonno e nipote, tra le calde e protettive mura di casa. Lily, questo il nome della protagonista, ed il suo fratellino si svegliano di buon’ora per farsi raccontare una storiella dal nonno.
Storia che narra di una bambina appena nominata cavaliere della Rosa che, però, fin da subito deve affrontare un’emergenza vitale del regno: il buon Re è stato addormentato da un incantesimo del fratello cattivo, il mago Crocus.
Inizia da qui il lungo viaggio di Lily alla caccia degli ingredienti per realizzare una pozione in grado di risvegliare il povero Re. L’azione entra nel vivo subito ed attraverso i racconti del nonno con i quali Lily ed il fratellino Chrys di tanto in tanto interagiscono per cambiare alcuni aspetti della storia. Ad esempio è possibile se un villaggio possa essere attaccato da arcieri o da goblin. Di tanto in tanto saremo noi, grazie al carattere impulsivo di Lily che si immedesima nella storia, cambieremo alcune sfumature. Piccole cose ma possibilità comunque interessante.
La storia è tutta qui. Non c’è molto altro da aggiungere.
QUEL BUON SAPORE DI RETRO’ CON UN GAMEPLAY SNELLO
Come già spiegammo nella nostra anteprima, Blossom Tales: The Sleeping King ha fin da subito un’impronta retrò. Grafica in pixel art, menu piuttosto semplici, e musiche in stile chiptune ci fanno tornare indietro all’inizio degli anni ’90 quando questo tipo di comparto tecnico era nella norma.
La scusa del racconto ci porta in un mondo coloratissimo dove Lily è la nostra protagonista indiscussa. Il gameplay è uno dei punti forti della produzione. Il titolo è immediato: i combattimenti sono in tempo reale e snelli: basta premere i pulsanti C, Z ed X per determinate azioni quali attacco, utilizzo dello scudo e lancio di oggetti. Al classico binomio spada-scudo si aggiungono altri tipi di armi ed incantesimi più o meno potenti man mano che andremo avanti con la storia e le tante quest secondarie che si traducono nel raccogli questo, consegna quello e così via. Alcune sono interessanti ma altre sembrano tratte direttamente dai più classici dei mmorpg e senza troppa ispirazione.
Anche qui il titolo è molto semplicistico, praticamente immediato. Peccato però che manchino i testi in italiano per cui la nostra azione è stata un po’ rallentata dalla traduzione per fare le cose giuste. Per fortuna le indicazioni non sono così complicate ed anche con un inglese basilare si può venire a capo della situazione. Ad ogni modo il diario (log) ci darà opportunità di rileggere dialoghi e trama delle quest.
Non si dovrà, comunque, solo combattere ma l’esplorazione sarà importante anche per raccogliere quante più monete possibili e non solo per non parlare della risoluzione di brevi enigmi più o meno elementari che si alternano con l’azione.
In ogni action adventure che si rispetti, infatti, ci sono diversi enigmi e puzzle da risolvere. Alcuni davvero basilari come lo spostamento di blocchi per sbloccare pedane a pressione, altri – invece – basati sull’utilizzo delle armi, fino ad arrivare a qualcuno che impegnerà la nostra memoria a breve termine come ad esempio il ricordo di una sequenza di note per aprire portali ed altro.
PIXEL ART E CHIPTUNE D’AUTORE
Blossom Tales. The Sleeping King può vantare senza dubbio un interessante comparto artistico. Tecnicamente si tratta di un lavoro relativamente facile: ci troviamo, come già detto, di fronte ad un gioco con grafica in Pixel Art con un vasto mondo di gioco visto dall’alto. Ormai quasi abusata dalle produzioni indie ma se è ben fatta come in questo caso la si accetta ben volentieri. Pixel Art si ma non per questa povera di dettagli, anzi. Non mancano gli effetti ambientali, trasparenze, piccole finezze come le orme bagnata che si dissolvono all’uscita di piccoli stagni o la possibilità di tagliare l’erba alta che ci rallenta nei movimenti per non parlare degli ottimi effetti atmosferici, luci ed ombre tutto al loro posto con colori accesi.
Ottima anche l’interfaccia piuttosto spartana che però favorisce l’immediatezza dei comandi. Sembra di trovarsi di fronte al classico The Legend of Zelda: A Link to the Past o comunque ad un titolo realizzato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 arricchito dalle numerosissime finezze grafiche e da una fluidità certamente invidiabile rispetto alle potenzialità tecniche dell’epoca. Ottima anche la varietà di ambienti, da dungeon oscuri a foreste, cittadelle, grotte, e molto altro.
Ottime le animazioni. Anche il sonoro svolge la sua parte con brani in chiptune davvero ben realizzati ed incalzanti firmati da Joshua “Visager” Brechnerche ha realizzato oltre una quarantina di tracce per questo gioco.
COMMENTO FINALE
Blossom Tales: The Sleeping King ha sostanzialmente tutte le carte in regola per essere un grande omaggio ai primi Zelda ed a quei titoli di metà anni ‘80, inizio anni ‘90 che ne ricalcarono il cammino e lo stile.
Artisticamente il gioco è molto interessante mentre il gameplay è piuttosto snello. L’unico appunto che muoviamo a questo gioco firmato dagli indipendenti di Castel Pixel e da FDG Entertainment è che il gameplay, per quanto equilibrato non vada in fondo fino all’ultimo. Alcuni tipi di quest sono ripetitivi e mancano di personalità. Qualche altro dettaglio supplementare ed una trama meno lineare (anche se a scusante bisogna sempre ricordare che si tratta di una storia per bimbi narrata da un nonno per i suoi nipotini) avrebbero senza dubbio giovato così come la presenza dei testi in italiano che chiediamo a gran voce. Nelle Prime Impressioni abbiamo avuto più sussulti.
Complessivamente, però, il gioco ci è piaciuto molto perché è stato in grado di farci tuffare in quel magnifico periodo degli anni ’80 e ’90 pur consapevoli che l’operazione nostalgia sia riuscita in buona parte ma non del tutto. Il perché è presto detto: si ispira davvero troppo a Zelda mentre avrebbe potuto osare di più sotto quasi tutti i punti di vista. Ha però diversi pregi: è immediato ed è adatto ai più piccoli mentre il sistema di combattimento che all’inizio era sembrato un po’ impreciso è invece molto equilibrato.
Pregi
Artisticamente notevole. Tecnicamente interessante. Gameplay fluido. Del tutto adatto ai piccini. Chiptune che si sposa bene col mondo di gioco.
Difetti
A lungo andare le quest sono quasi ripetitive. Manca l’italiano (non influisce sul voto). Si ispira troppo a Zelda.