La Starter Edition di For Honor è disponibile

Dopo il recente lancio della Stagione cinque di For Honor, nota come Age of Wolves, con tanto di introduzione dei nuovi server dedicati per Pc e console, Ubisoft annuncia la For Honor Starter Edition, disponibile solo per Windows Pc su Steam e Uplay. Il prezzo è di 14,99 euro.

Per chi ancora non conosce il gioco, questa nuova edizione è un ottimo modo per mettere alla prova le proprie abilità con una gamma selezionata di eroi. La Starter Edition includerà:

  • Tre eroi Avanguardia completamente sbloccati: il Guardiano, il Razziatore e il Kensei saranno già sbloccati (e quindi giocabili e personalizzabili) all’inizio del gioco.
  • Tre eroi di lancio della fazione selezionata dai giocatori: tre eroi giocabili aggiuntivi saranno assegnati ai giocatori in base alla fazione scelta al primo lancio della Starter Edition (Cavaliere, Vichingo, Samurai). Gli appassionati potranno progredire e accumulare bottini con questi eroi, tuttavia le personalizzazioni diventeranno disponibili una volta che gli eroi saranno “reclutati” per 8.000 pezzi d’acciaio (la valuta in-game) ciascuno.
  • Dodici restanti eroi: i giocatori potranno anche sbloccare completamente i sei eroi disponibili al lancio per usarli nel gioco e personalizzarli per 8.000 pezzi d’acciaio ciascuno. Mentre i sei eroi rilasciati nelle stagioni post-lancio saranno interamente da sbloccare per 15.000 pezzi d’acciaio cadauno.

La Starter Edition è compatibile con il Season Pass e i contenuti aggiuntivi esistenti. Chi intende ottenere lo stesso accesso agli eroi giocabili della Standard Edition può farlo acquistando l’All Heroes Bundle per 50.000 pezzi d’acciaio. Qui la nostra recensione.

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Warhammer: Vermintide 2, Recensione Pc

Pochi giorni dal suo esordio su Pc Windows, torniamo a parlare di Warhammer: Vermintide 2 dopo aver dato le nostre prime impressioni a ridosso del primo giorno di pubblicazione.
Il videogioco in questione, lo ricordiamo, è un cooperativo in prima persona sviluppato dagli sviluppatori indipendenti di stanza in Svezia, Fatshark Games autori anche del primo episodio.

Ecco la nostra recensione che segue le nostre prime impressioni qui pubblicate.

LA FINE DEI TEMPI

Dopo aver salvato un’intera regione del Reikland dalla piaga degli Skaven, gli eroi di Vermintide devono difendere i reami degli uomini da una nuova minaccia: una terribile alleanza tra gli Skaven, uomi-topo assetati di sangue e pronti a devastare tutto il mondo civilizzato e i Guerrieri del Caos devoti al dio della pestilenza Nurgle, che più di ogni altra cosa desiderano la rovina del mondo per come lo si conosce.

Fuggendo miracolosamente alla prigionia degli Skaven, l’elfo Kerillian, il nano Bardin, il mercenario Markus, il Cacciatore di Streghe Victor e la piromante Sienna uniscono le forze, si arroccano su un’inespugnabile fortezza e grazie a dei portali spazio-tempo effettuano delle scorrerie in lungo e in largo, guidate dalla voce della strega Olesya che di volta in volta spiegherà agli eroi (guidati dai giocatori) il da farsi.

Questo, in parole estremamente povere, il canovaccio che gravita intorno alle gesta di chi gioca, che prende il controllo di uno dei cinque eroi, forma un gruppo di avventurieri di massimo quattro elementi e va in missione pericolosissima per il bene dell’umanità. Al termine delle missioni si ottengono bottino e punti esperienza, per rendere gli eroi sempre più potenti, temibili, resistenti alle infinite orde di Skaven e Caos.

TECNICAMENTE INVIDIABILE



Approfondendo il discorso tecnico intorno a Warhammer: Vermintide 2, occorre spendere alcune parole di conforto per tutti quelli che (come noi) provarono la Beta a ridosso del giorno di lancio lamentando vistosi cali di fluidità e scarsa ottimizzazione. La versione ufficiale non soffre assolutamente nulla di tutto questo, è molto fluida e soprattutto una gioia per gli occhi anche se a livello di dettaglio medio.

E’ tecnicamente bellissimo da vedere ma, soprattutto, solido. Senza difetti macroscopici di programmazione nemmeno nei riguardi della (relativamente sempliciotta) intelligenza artificiale. Dai campi di grano delle fattorie del Reikland, passando dalle antiche foreste elfiche, senza dimenticare miniere, fortezze ancestrali, città in rovina. I modelli dei nemici sono estremamente ben realizzati e animati, la stessa cura per i dettagli è stata messa per i cinque protagonisti delle disavventure del gioco: il nano, l’elfo, il mercenario, il cacciatore di streghe e lo stregone non sono mai stati così belli e cattivi.

TRA OVERWATCH E KILLING FLOOR

Sul fronte del gioco, Warhammer: Vermintide 2, non è da meno. Padroneggiare le abilità di ogni singolo personaggio è semplicissimo (ricorda molto il feeling provato durante le prime partite di Overwatch) e anche la sensazione fisica dei colpi sferrati o degli effetti di certe abilità è ottimamente reso. I personaggi, inoltre, sono perfettamente caratterizzati e la loro interpretazione è affidata a professionisti che non sfigurerebbero in produzioni ben più blasonate.

Le modalità di gioco sono poche, seppur varie: partita veloce, partita personalizzata, partita “sfida” e partita “Twitch”. Quest’ultima in particolare, ci spinge a riflettere su quanto divertenti possano essere certi giochi se affidati ad un sistema interattivo che coinvolga il pubblico. In Vermintide 2, infatti, gli spettatori decidono di che morte devono morire gli avventurieri giocatori, decidendo gli eventi nefasti che li attendono ad ogni zona delle mappe affrontate.

Partita dopo partita, si accumulano punti esperienza ed equipaggiamenti che permettono di rendere i personaggi sempre più efficienti. Un albero di abilità selezionabili e tre classi di combattimento per ogni protagonista spostano ancora più in là l’asticella della varietà, rendendo Vermintide 2 praticamente inappuntabile sotto ogni punto di vista.

Cosa si può obbiettare ad un gioco che fa dannatamente bene quello che si propone di fare? Scavando un po’ oltre la buonissima scorza si può ammettere che non gode di un’intelligenza artificiale all’avanguardia (sia quando controlla i bot alleati che i nemici) e nelle fasi più concitate si capisce ben poco quello che si può fare o che si sta facendo a causa dell’enorme numero di elementi a schermo.

La totale assenza di una visuale in terza persona esclude, a priori, una bella fetta d’utenza: quella che soffre fisicamente la visuale in prima persona e quella che non gradisce questa particolare prospettiva. Essendo un gioco che fa della cooperazione il suo punto focale, rinunciare a questa e non comunicare con i compagni produce un’esperienza per nulla ideale, a tratti frustrante.

Peccato, infine, per la localizzazione in italiano fatta in un modo così approssimativo al punto di essere tragicomica.

COMMENTO FINALE

Warhammer: Vermintide 2 è un gioco d’azione cooperativo, in prima persona, con elementi di gioco di ruolo e ambientazione medievale fantasy, aderente ai canoni della narrazione “End Times” del gioco da tavolo Warhammer Fantasy Battle del produttore Games Workshop. E’ disponibile per Pc Windows ma le versioni per PlayStation 4 e Xbox One sono già in lavorazione e arriveranno nelle case di tutti gli interessati quando il gioco sarà pronto, come da buona tradizione Fatshark (lo sviluppatore indipendente del gioco).

E’ uno dei videogiochi cooperativi in prima persona più veloci e divertenti che ci sia mai capitato di provare. Avvincente, esaltante, ben realizzato e assolutamente consigliabile. I contenuti di gioco vengono rilasciati con lenta ma inesorabile costanza, garantendo varietà e continuazione dell’esperienza. Ma se non si è in grado di cooperare, comunicare o anche solo di godere di un’esperienza fortemente votata al multigiocatore cooperativo, non è il gioco che fa per voi.

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Cartoomics 2018, 25ma edizione da record

Si chiude con il record di 96.000 visitatori la 25ª edizione di Cartoomics che dal 9 all’11 marzo scorsi ha riunito negli spazi di Rho Fiera Milano editori, autori, registi e attori richiamando un pubblico sempre più variegato tra famiglie, collezionisti e appassionati di cinema, fumetti, videogiochi, giochi da tavolo e gli immancabili cosplayer e costumers di ogni età.

Anche i più affezionati hanno accolto con entusiasmo le numerose novità proposte in occasione del 25° anniversario della manifestazione.

Tra gli appuntamenti più seguiti sono da segnalare gli UniVision Days – memorie del cinema, visioni del futuro promossi dall’associazione UNIVIDEO – Unione Italiana Editoria Audiovisiva Media Digitali e Online, con il contributo degli associati UNIVIDEO e del giornalista e critico Marco Spagnoli, responsabile editoriale della manifestazione. Nell’Home Video Village dell’area Cinema editori, registi e attori hanno incontrato addetti al lavoro, appassionati e curiosi per parlare di cinema da diversi punti di vista, dalle nuove tecnologie all’attuale stato dell’arte del settore.

Grande affluenza ed entusiasmo nello spazio dedicato a Tomb Raider, che sarà nelle sale cinematografiche italiane dal 15 marzo, dove gli appassionati hanno avuto l’occasione di scoprire anticipazioni, contenuti esclusivi e partecipare alla tappa finale del Virtual Reality Experience Tour di Tomb Raider, un viaggio virtuale con la tecnologia Samsung VR per essere trasportati nei luoghi suggestivi del film e in una realtà simulata fatta di azione e prove fisiche emozionanti. Grande folla anche per lo spazio di Ready Player One con esperienze VR e giochi interattivi vari.

Ospiti speciali, mostre, incontri, anteprime, premiazioni e lezioni hanno tenuto banco per tutti e tre i giorni di Cartoomics 2018 nella grande area dedicata ai Comics che quest’anno, in occasione del quarto di secolo, ha potuto contare su un padiglione quasi interamente dedicato.

Ancora una volta la grande kermesse ha visto la presenza dei più importanti editori del panorama italiano (Sergio Bonelli Editore, Panini Comics, Panini Comics/Topolino, Astorina, Bao, Saldapress, Shockdom, Inkiostro, RW, It Comics, Renoir, Hazard, Tunué, Magic Press, Cronaca di Topolinia), che hanno presentato le novità dell’anno animando un ricchissimo calendario composto da oltre 100 incontri con ospiti italiani e internazionali, tra i quali ci piace ricordare Javier Garrón, Marco Checchetto, Zerocalcare, Silver, Maurizio Nichetti, Giulio Giorello, Vince Tempera e Silvia Ziche, che proprio in occasione della 25ª edizione di Cartoomics ha disegnato una variant cover del n. 3250 di Topolino distribuita solo e dedicata proprio all’importante anniversario.

Un capitolo a parte meritano due “mostri sacri” come Francesco Tullio Altan e Bruno Bozzetto, cui sono stati conferiti i due Cartoomics Award (rispettivamente, per il fumetto e per il cinema) già appannaggio nelle scorse edizioni di artisti e registi del calibro di Milo Manara, Giorgio Cavazzano e Dario Argento.

Nell’area comics ha debuttato anche la Cartoomics University dove artisti, autori, sceneggiatori, registi, attori ed editori sono letteralmente “saliti in cattedra” con lectio magistralis su cinema, musica, fumetto, sceneggiatura, marketing e giornalismo.

Grande partecipazione di pubblico anche nelle aree tematiche da sempre grandi protagoniste in fiera.

Ben 110 le postazioni di gioco, con innumerevoli tornei dedicati a titoli mainstream del panorama videoludico (come Fifa, Overwatch, Pokémon, Mario Kart, Hesrtstone e altri), retrogaming, interventi di youtuber, dj set hanno caratterizzato la grande area Videogames, che quest’anno è stata superlativamente gestita da Mantus Gaming, è stata sponsorizzata da Sprite e ha visto la presenza per la prima volta di TechPrincess e Lenovo.

120 tavoli demo sempre pieni e gioco a volontà per grandi e piccini hanno caratterizzato l’area Games, dedicata ai boardgames, giochi da tavolo, giochi di ruolo, giochi di carte, che quest’anno si è ulteriormente ampliata ospitando ben 16 case editrici di giochi e – novità assoluta – un’Agorà appositamente dedicata a dibattiti e incontri (gestita da IoGioco, la nuova rivista italiana dedicata al mondo del tabletop, insieme alla redazione di The Games Machine, il magazine di videogiochi per PC più longevo del mondo) dove tante personalità del mondo ludico e videoludico si sono confrontate sulle novità del settore del gioco da tavolo e di ruolo, dei videogiochi e degli eSports.

Altra grande novità di questo venticinquennale è stata l’introduzione di tre nuove aree tematiche (Horror, Western e Kids) collocate nel nuovo padiglione 12 di 15.000 mq., che hanno fatto registrare un successo davvero travolgente. L’area Horror ha ospitato The Clown-Horror House e il cast di Epicos in uno spettacolo interattivo realizzato con scenografie, effetti speciali e animatronics oltre a diverse altre attrazioni a tema horror, tra cui un’esposizione di alcuni pezzi, anche molto rari, del Museo Internazionale delle Torture di Grazzano Visconti (Piacenza), un cimitero virtuale con finte lapidi, e una sezione dedicata al body-painting.

Nell’area Western, allestita in vero stile old wild west, il pubblico, accompagnato dal gruppo di spettacolo Bullets and Beans, ha avuto l’opportunità di incontrare personaggi di film e serie tv famosissime e di partecipare ad attività di ogni genere, dal classico duello alla Mezzogiorno di fuoco al lancio del ferro di cavallo fino alle avventure prese dal nuovo format Claim of the West in cui il giocatore è il protagonista di una storia western.

L’area Kids, infine, ha accolto i visitatori più piccoli con i laboratori di robotica gestiti dalla giovane maker Valeria Cagnina, con il laboratorio creativo allestito da Atelier SottoSopra per imparare a costruire con materiali di riciclo, con i giochi da tutto il mondo dell’associazione GiochiAmo GiocaMuseo e con numerose strutture dove giocare e divertirsi, tra cui una pista di autoscontro, gonfiabili e una parete per arrampicata.

Partecipazione ed entusiasmo al top anche per le coinvolgenti ambientazioni della saga di Resident Evil allestite da Umbrella Italian Division, che hanno trasportato il pubblico in un vero e proprio avamposto militare post apocalittico arricchito dal mezzo blindato Keijar-1, un carro armato perfettamente funzionante e munito di un lanciafiamme per la prima volta esposto a Cartoomics, per l’area Fantascienza, ispirata come sempre a Star Wars, ma quest’anno ancora più ampia e ricca di associazioni e fanclub, e l’area Action, con i due ring di wrestling gestiti e ICW e FIW, il grande tatami dedicato alle arti marziali, la grande arena dedicata ai combattimenti lasertag e il softair.

Infine anche il Palco CosplayCity si conferma ancora una volta tra le aree più frequentate della manifestazione, con più di 800 cosplayer che hanno partecipato agli ormai classici contest a premi del sabato e della domenica e a quello speciale ideato quest’anno per le cosplayer di Lara Croft.

Appuntamento alla prossima edizione di Cartoomics, 8-10 marzo 2019, presso Fiera Milano Rho.

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Bigben e Kylotonn annunciano V-Rally 4

Un vero e proprio fulmine a ciel sereno. V-Rally 4, infatti, è stato appena annunciato da Bigben Interactive e Kylotonn Racing Games. Questo segna il ritorno dopo 15 anni della serie offroad.

Ecco il primo trailer dal quale si evince che il gioco arriverà a settembre su Pc, PS4, Xbox One e Switch, buona visione.

Comparso sul mercato per la prima volta nel 1997 su Playstation 1, V-Rally ha rivoluzionato il genere arcade incorporando tre modalità di gioco e la possibilità di accedere a famosi tracciati alla guida di vetture prestigiose.
Alcuni anni dopo, su Playstation 2, V-Rally 3 ha ottenuto un successo immediato aggiungendo la modalità carriera e aumentando considerevolmente il numero di tracciati e di auto disponibili.

Assente dal 2003, lo storico titolo si sta preparando a un grande ritorno mettendo a disposizione oltre 50 auto, compresi modelli che hanno fatto la storia del rally e moderne vetture super performanti. I giocatori più nostalgici potranno collezionarle, potenziarle, personalizzarle e soprattutto guidarle tutte! Nel trailer possiamo già vedere all’opera 3 emblematiche auto: la Porsche 911 Safari, la Ford Mustang e la Ford Fiesta RS RX.

Lo scopo di questa novità è rimanere fedeli all’identità di un marchio che attualmente conta milioni di fan e di trovare il perfetto equilibrio tra emozione, aspetto e simulazione, con la miglior grafica e il gameplay che la più avanzata tecnologia possa offrire.

V-Rally 4 sarà sviluppato da Kylotonn Racing Games, uno studio francese specializzato in simulazioni di corse come WRC 7 e TT Isle of Man.

Alain Jarniou, direttore dei lavori, spiega:

“Per me è un vero privilegio lavorare ancora sulla serie V-Rally, è un titolo straordinario con cui ho un legame molto speciale. Ho avuto la possibilità di unirmi al team che ha creato V-Rally per sviluppare V-Rally 3 su PlayStation 2. Come programmatore, sono molto orgoglioso di lavorare nuovamente sul franchise 15 anni dopo”.

Al volante di moderne e storiche auto si sperimenteranno delle emozioni davvero estreme come:

  • Rally: dall’Africa al Sequoia Park e al Giappone, viaggiate per il mondo affrontando tracciati impegnativi in condizioni estreme, come neve, ghiaccio e fango.
  • Extreme-Khana: dovrete essere un maestro della precisione per fare drift su piste piene di insidie.
  • V-Rally Cross: fate mangiare la polvere ai vostri avversari su piste di terra / asfalto ed affrontate 7 avversari esperti.
  • Buggy: saltate sul vostro veicolo fuoristrada per vincere la gara su tracciati particolarmente accidentati. Sconsigliato ai deboli di cuore.
  • Hillclimb: scalate le montagne fino alla vetta, al volante di potenti auto.

Con V-Rally 4 sarà possibile anche mettersi alla prova con le modalità online e carriera.

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L’arte di Ni No Kuni II: Il destino di un regno si mostra in un video

Ni No Kuni II: Il destino di un regno si mostra in un nuovo video-diario. Il jrpg questa volta ci offre un assaggio del lavoro del direttore artistico, Nobuyuki Yanai.

Il gioco debutterà il prossimo 22 marzo su PS4 e Pc ed il giorno dopo sarà disponibile anche in digitale. Buona visione.

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Warhammer: Vermintide 2 già a quota 500.000 copie

Un risultato incredibile per Warhammer: Vermintide 2. Il titolo firmato da Fatshark ha infatti venduto più di 500.000 copie in meno di una settimana dall’esordio su Steam avvenuto lo scorso 8 febbraio.

Martin Wahlund, CEO del team svedese che ha realizzato il secondo capitolo della serie action fps ambientata nel mondo di Vermintide e nella lotta contro gli Skaven ed il Chaos, ha commentato:

“Siamo fieri e felici di come i giocatori di tutto il mondo abbiamo accolto Warhammer: Vermintide 2 nei loro cuori. Cinquecentomila copie del gioco sono state vendute sono un record che ci aspettavamo… ma non dopo neanche una settimana dall’uscita”.

Mezzo milione di copie vendute offro altri numeri: 204 milioni di minuti su Twitch, 50 miliardi di nemici eliminati e… il 100% di orgoglio da parte degli sviluppatori.

Il gioco, giusto ricordarlo, arriverà anche su console PS4 ed Xbox One quindi questi numeri sono ovviamente destinati a salire quanto prima.

In Vermintide 2 (qui la nostra anteprima in vista dell’imminente recensione), offre un’azione frenetica in prima persona con combattimenti corpo a corpo in un titolo cooperativo che vede protagonista in party di quattro personaggi. Tra le novità anche 15 carriere per gli eroi, nuove ambientazioni, alberi delle attività ed altro.

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Assassin’s Creed Origins, trailer di lancio per The Curse of the Pharaohs

Il secondo dlc di Assassin’s Creed Origins si mostra nel trailer di lancio. The Curse of the Pharaohs (La maledizione dei faraoni) sarà disponibile da domani (13 marzo) ed aggiungerà ulteriori sfaccettature alla storia del gioco. In linea con quanto annunciato da Ubisoft (publisher e sviluppatore del titolo) qualche mese fa.

The Curse of the Pharaohs segue The Hidden Ones arrivata a gennaio.

In questa nuova espansione che fa parte del season pass, incentrata sulla mitologia Egizia, gli appassionati se la vedranno contro faraoni non morti ed esploreranno un nuovo e mistico reame.

Durante il viaggio, incontreranno famigerate bestie egiziane al pari dei guerrieri di Anubi, scorpioni e molto altro, mentre investigano la causa della maledizione che ha riportato in vita i faraoni. The Curse of the Pharaohs aumenterà ulteriormente il livello massimo e introdurrà nuove abilità. A tal proposito attendiamo ulteriori dettagli che non dovrebbero tardare ad essere diffusi per darvene notizia.

Vi lasciamo al trailer di lancio mentre a seguire proporremo anche artwork nonché diverse immagini per introdurre questa espansione dell’ottimo Assassin’s Creed Origins che ha segnato il ritorno della serie e questa volta con sfumature action gdr. Qui la nostra recensione.

Buona visione.

ARTWORK

Vediamo gli artwork di tre famosi faraoni: Nefertiti, Ramses e Tutankhamon.



ALTRI ARTOWRK









IMMAGINI

Ecco qualche spettacolare scatto tratto dal gameplay dove si evincono tantissime ambientazioni che rendono ancora più affascinante questo nostro viaggio nell’antico Egitto valorizzato anche dal recente aggiornamento gratuito che ha aggiunto la modalità Discovery Tour. Questo permette di fare un giro turistico acquisendo anche nozioni storiche sui vari punti di interesse diffusi nella vasta mappa di Assassin’s Creed Origins.

Detto questo, spazio ai nuovi screenshots sul secondo dlc a pagamento.


















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Neverwinter Nights: Enhanced Edition ha una data di lancio

Neverwinter Nights: Enhanced Edition ha una data di lancio. Beamdog ha fatto sapere attraverso i suoi social (Twitter e Facebook) e nel corso di uno streaming, che la versione migliorata del classico gioco di ruolo uscirà il prossimo 27 marzo su Steam.

Ricordiamo che il titolo, ambientato nel mondo fantasy di Dungeons & Dragons dei Forgotten Realms, è uscito originariamente nel 2002 mentre il suo rifacimento è stato annunciato a novembre 2017.

JUST ANNOUNCED!

Neverwinter Nights: Enhanced Edition is coming to #Steam March 27!#DnD #NeverwinterNights #Launch pic.twitter.com/IMGdzge6qm

— Beamdog (@BeamdogInc) March 9, 2018

La nuova edizione aggiunge caratteristiche inedite e miglioramenti ai contenuti già esistenti in Neverwinter Nights: Diamond Edition.

FUNZIONALITA’ MIGLIORATE:

  • Visualizzazione migliorata: il ritratto dell’eroe, la barra di combattimento, l’inventario ed altri elementi dell’interfaccia si regolano alle diverse risoluzioni, tra cui quella a 1080p ed in 4k.
  • Opzioni grafiche avanzate: pixel shader ed effetti post-elaborazione rendono i contrasti più decisi e gli elementi visivi più nitidi. Attivate il contrasto, brillantezza e profondità di campo secondo le vostre preferenze.
  • Approvato dalla comunità: gli sviluppatori originali hanno fatto squadra con i componenti chiave della comunità di Neverwinter Nights per concentrarsi sui miglioramenti richiesti dai fan per il supporto a giocatori, scrittori e modder.
  • Retro-compatibilità: funziona con i dati salvati, i moduli e le mod di Neverwinter Nights originale; avrete a disposizione una vera e propria galassia di contenuti creati dalla comunità.

TUTTI I CONTENUTI DELLA DIAMOND EDITION li troverete descritti a questo nostro link.

IL VIDEO SULLA TRASMISSIONE STREAMING DOVE E’ STATA ANNUNCIATA LA DATA DI LANCIO

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DotEmu annuncia Another World per Nintendo Switch

Il nome di Another World fa sicuramente battere forte il cuore degli appassionati. Il classico action adventure realizzato per Amiga da Eric Chahi nel lontano 1991 infatti approderà anche su Nintendo Switch in primavera.

L’annuncio è di DotEmu, software house che da sempre è specializzata nella realizzazione di porting di titoli retro. Conosciuto anche come Out of This World in Nord America ed Outer World in Giappone, il “nuovo” Another World ha fatto il suo debutto nel 2012 nel prestigioso MoMA di New York ed è stato tra i primi 14 giochi selezionati dal museo per motivi storici. È considerato uno dei videogiochi più importanti mai realizzati, ispirando numerosi creatori di videogiochi di titoli eccezionali come Ico e Metal Gear Solid.

DotEmu ha lavorato duramente con il creatore originario del gioco, il visionario Eric Chahi per portare questo capolavoro assoluto sulla console ibrida di Nintendo con tutto il suo fascino e feeling.

Nel nuovo video-diario, Chahi descrive le ispirazioni, i processi ed i dubbi mentre il titolo originale era in sviluppo e condivide schizzi ed illustrazioni originali sulla creazione di Another World mentre definisce cosa lo abbia attirato verso un’ambientazione fantascientifica.

Caratterizzato da una storia ed un’azione avvincente, i giocatori saranno in grado di passare in tempo reale dalla grafica originale e quella in alta definizione nonché scegliere tra tre livelli di difficoltà. Another World sarà inoltre presente alla prossima Game Developers Conference alla GDC Play Lounge (PS4253) nella North Hall.

Another World racconta la straordinaria storia di Lester Knight Chaykin, un fisico giovane e piuttosto talentuoso. Mentre sta lavorando ad un esperimento usando un acceleratore di particelle, un fulmine colpisce il suo laboratorio causando una fusione di particelle inattese. L’esplosione di accompagnamento apre un buco nel tessuto dello spazio e del tempo teletrasportando Lester in un pianeta alieno e sterile. I giocatori guidano Lester attraverso una serie di ambienti pericolosi combattendo soldati alieni e creature selvagge mentre risolvono enigmi unici e creativi per sopravvivere.





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Cities: Skylines compie tre anni e cinque milioni di copie vendute su Pc

Sono già passati tre anni dall’esordio su Pc di Cities: Skylines. Il city builder di Colossal Order e Paradox è uscito il 10 marzo 2015 e nel corso di questo periodo ha saputo farsi apprezzare ulteriormente.
Una prova, oltre ai tanti voti positivi della critica, anche il fatto che abbia superato i 5 milioni di copie vendute su Pc Windows, Mac e Linux.

In questo periodo, inoltre, publisher e sviluppatori hanno pubblicato circa 1.000 nuovi contenuti che comprendono il turismo e lo svago: paesaggio, calcio, stazioni radio, concerti, elicotteri, traghetti, monorotaie, dirigibili e molto altro ancora.
Tuttavia sono i giocatori della community di Cities i veri produttori di grandi contenuti, che hanno fornito più di 144.000 mod sino ad oggi.

Negli ultimi tre anni, i fan di Cities: Skylines hanno dimostrato senza dubbio, di poter sopravvivere a disastri naturali, abbondanti nevicate e anarchie di ogni genere, ma la domanda rimane….saranno in grado di sopravvivere a Marte?

Per celebrare il suo terzo anniversario e le cinque milioni di copie vendute, i giocatori di Cities: Skyline riceveranno un nuovo edificio Rocket City chiamato Xchirp Launcher, un astronauta Chirper e una nuova stazione radio gratuita: l’Official Mars Radio. Sintonizzatevi su Marte a partire da questo venerdì, 9 marzo (domani in poche parole), per ascoltare nuovi brani spaziali come Perfect Wave, Mission Stardust, The Return of Sputnik, Moon Zero Two e Aiming for Jupiter.

Qui c’è la nostra recensione su Pc ma ricordiamo che il gioco ha fatto capolino anche su console PS4 ed Xbox One.

 

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Another Sight sarà presente alla GDC 2018, primi dettagli

Lunar Great Wall Studios ha presentato oggi Another Sight, un gioco fantasy surreale e onirico che sarà disponibile nel corso di quest’anno su Pc, PlayStation 4, Xbox One ed Nintendo Switch. Tra li dettagli, il titolo sarà presente alla GDC 2018 di Los Angeles in programma tra qualche giorno.

Ecco il trailer d’annuncio:

Another Sight è un’avventura fantasy surreale con elementi steampunk ambientata a Londra nel 1899, verso la fine dell’età vittoriana. Due i personaggi principali:

Kit, audace adolescente, che esplorando la metropolitana di Londra in costruzione perde la vista per il crollo di una galleria;

Hodge, un misterioso gatto dal pelo rosso destinato a diventare un aiuto essenziale per la ragazza.

Dopo essersi incontrati nell’oscurità, i due uniscono infatti le proprie forze per affrontare un avventuroso viaggio nell’insolito. Kit e Hodge dovranno esplorare il mondo insieme e separatamente, usando i loro talenti unici per affrontare sfide ambientali e risolvere enigmi intriganti. Sotto Londra, in un mondo ispirato al fantasy urbano di Neil Gaiman, “Nessun dove”, Kit e Hodge incontrano una società nascosta formata dai più grandi inventori e menti artistiche del mondo, come Claude Monet, Jules Verne e altre icone culturali del passato.

“Il mondo che abbiamo creato per i giocatori di Another Sight è ricco e coinvolgente, pieno di emozioni e scoperte – afferma Marco Ponte, amministratore delegato di Lunar Great Wall Studios – siamo lieti di presentare Another Sight alla GDC di quest’anno, e presto lo mostreremo al pubblico. Another Sight rappresenta la nostra filosofia come studio: i giochi dovrebbero emozionare, offrire un’esperienza unica e coinvolgente, nata dalle influenze culturali che forniscono diversi livelli di significato ai mondi che creiamo”.

CARATTERISTICHE DEL GAMEPLAY:

  • ESPERIENZA EMOZIONALE – La storia di una ragazza e del suo amico gatto in un viaggio oltre il visibile e il reale. Una avventura coinvolgente ed intrigante che tocca temi come la fiducia, l’amicizia e la perdita delle cose che diamo per scontate. Il gameplay innovativo e una storia emozionante sono galvanizzati da un paesaggio sonoro realizzato da un’orchestra sinfonica che accentua i momenti memorabili tra Kit e Hodge e il viaggio che hanno intrapreso.
  • MAESTRI DEL PASSATO – Durante il viaggio, Kit e Hodge incontreranno artisti famosi come Claude Monet e altre figure culturali storiche del passato, imparando nuove cose sul mondo in cui si trovano e i pericoli che esso presenta. Un mondo che assumerà l’aspetto estetico di ciascun movimento artistico collegato ai personaggi famosi che Kit e Hodge incontrano.
  • GAMEPLAY ESTREMAMENTE CREATIVO – Usa le abilità uniche di ciascun personaggio per aiutare Kit e Hodge ad attraversare il mondo nascosto e superare le sfide ambientali. I due personaggi possono infatti dividersi per indagare in diverse aree, alcune delle quali potrebbero essere inaccessibili a uno di loro. Kit e Hodge percepiscono il mondo in modi molto differenti, questo permette di avere approcci diversi per affrontare l‘avventura.
  • ANOTHER SIGHT debutterà alla GDC di quest’anno allo stand 1023, nella South Hall.

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Total War: Rome II, il dlc Desert Kingdoms arriva domani

Domani, 8 marzo, Total War: Rome II si arricchirà col dlc Desert Kingdoms. Oltre alle novità di cui abbiamo già parlato qui e che, comunque, elencheremo, tale espansione sarà accompagnata da un aggiornamento gratuito.

L’update si chiama “Female Leaders” e come è facile intuire introdurrà comandanti femminili per ogni fazione. Un modo per omaggiare le donne nella giornata internazionale a loro dedicata.

Tornando al Culture Pack Desert Kingdoms introduce quattro nuove fazioni giocabili: i regni di Kush, Saba e Nabatea, appartenenti alle subculture africane/arabe, e i Masaesyli della Numidia. Ogni fazione offre un ventaglio unico di unità e peculiarità militari, con catene di costruzione e alberi della tecnologia differenti.

Oltre al Culture Pack Desert Kingdoms, un aggiornamento gratuito alla versione base di Total War: Rome II permetterà ai giocatori di vestire i panni di nuovi generali e leader di fazione come Cleopatra e Teuta.
Altre importanti figure femminile sono state aggiunte a tutte le campagne e a ogni fazione. I giocatori dovranno affrontare scelte importanti che ritraggono le enormi sfide e i problemi inerenti al ruolo della donna al potere nei tempi antichi, ed è stata introdotta la possibilità, per i leader di fazione, di sposarsi come azione diplomatica per rinforzare i legami tra due fazioni.

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Dragon Age, Speciale sulla serie

Agli occhi di un veterano dei giochi di ruolo digitali occidentali, che magari ha un’esperienza più che decennale con i titoli del genere, è forse la saga di Dragon Age quella che, più di qualunque altra (compresa la serie “sorella” Mass Effect), può mettere in primo piano i profondissimi cambiamenti intercorsi nelle filosofie di game design di questo particolare sotto-genere negli ultimi 10 anni.

Cambiamenti fatti di evoluzioni, perfino di qualche rivoluzione ma anche di una certa regressione per quanto concerne alcune peculiarità o meccaniche strutturali.
E d’altronde questo tipo di percorso, fatto di avvicendamenti nel team di sviluppo, di voltafaccia spesso all’ultimo secondo e di immancabili interferenze da parte del publisher, può essere considerabile quasi fisiologico in una serie che impiega così tanto tempo per la realizzazione e lo sviluppo di ogni suo singolo capitolo.

Ogni iterazione di questo franchise, infatti, nasce, cresce e viene data in pasto al pubblico in un ben determinato momento “storico” del genere, sottolineandone quasi programmaticamente le caratteristiche di rilievo o in corso di modifica in quel dato frangente cronologico, come una sorta di organigramma evolutivo. È davvero molto interessante studiare tutti e tre i tre capitoli della saga tenendo a mente quest’ottica e contestualizzando il tutto, di volta in volta, con lo stato precipuo del mercato videoludico nell’istante della pubblicazione, perché se ne possono ricavare in maniera naturale e assai intuitiva diversi indizi “storici” sull’evoluzione del game design di uno dei generi oggi più amati dai videogiocatori di tutto il mondo.

Pur non avendo avuto lo stesso successo, o la fama, della suddetta trilogia di Mass Effect, l’universo di Dragon Age è tuttavia riuscito a raccogliere attorno a sé una vasta schiera di estimatori, che vanno dagli appassionati della narrativa fantasy più spicciola a chi apprezza il gioco di ruolo in forma leggermente più complessa rispetto alla media del genere – quantomeno nell’ambito delle produzioni tripla A.

Ma non sono nemmeno mancate le critiche, a volte feroci, altre vote ingiustificate, ma comunque sintomatiche dell’attenzione questo franchise è riuscito ad ottenere presso il grande pubblico, capitalizzando su alcuni tratti somatici che sono ormai diventati un vero e proprio marchio di fabbrica della Bioware degli ultimi 10-15 anni: l’attenzione verso la narrazione, declinata in particolar modo nella caratterizzazione delle relazioni fra i personaggi; un universo di gioco costruito ad-hoc attorno ad una “lore” ricchissima di contenuti e materiale (sfruttando non solo la comodità del Codex, un “archivio” nozionistico interno al gioco e liberamente consultabile, ma anche le possibilità offerte da altri media come libri e fumetti); l’occhio di riguardo posto verso le tematiche LGBT, la cui proposizione all’interno delle proprie opere è da tempo (dal personaggio di Juhani in Knights of the Old Republic, in effetti) un vero e proprio vanto della casa canadese.

IN PEACE, VIGILANCE. IN WAR, VICTORY. IN DEATH, SACRIFICE

Dragon Age: Origins (3 novembre 2009) rimane, ad ogni modo, una vera e propria anomalia per i giochi di ruolo dagli elevati valori produttivi. Il suo sviluppo iniziò, addirittura, a novembre 2002, mentre il gioco vero e proprio venne annunciato solamente nel 2004. L’intervista rilasciata dal lead designer Mark Laidlaw al sito RPGFan è assai rivelatoria di un progetto cui la casa di sviluppo canadese teneva evidentemente tantissimo, tanto da prolungarne lo sviluppo per diversi anni e cambiarne in corsa svariate caratteristiche (come le eponimi “origini”, veri e propri background per i propri personaggi giocabili, passate dalle originali 12 a sole 6).

Sullo sviluppo travagliato influì anche la decisione, maturata in particolar modo dai nuovi capoccia di Electronic Arts in seguito all’acquisizione della compagnia da parte del colosso del publishing videoludico americano, di portare il gioco anche su console di settima generazione, ovvero PlayStation 3 e Xbox 360; ciò generò nuovi grattacapi per un team di sviluppo già alacremente al lavoro (nei periodi di crunch time più duri gli effettivi ammontavano a più di 180), e lo stesso Laidlaw affermò come l’elemento più insidioso risiedesse nella necessità di far uscire tutte e tre le versioni contemporaneamente, privando così il team di quel feedback che era stato necessario per realizzare a dovere il porting Pc del primo Mass Effect, nel 2008.

Indipendentemente dalle difficoltà del mastodontico lavoro, in ogni caso, la base fondante e la visione dei designer è sempre stata una sola: quella di un titolo assai vasto e multiforme, il cui compito – se non principale, sicuramente prioritario – era dare compiutamente vita e forma alla nuova IP di Bioware, con la quale la software house sperava finalmente di districarsi dalle proprie radici legate a D&D e ai Forgotten Realms per dedicarsi a progetti maggiormente personali, e probabilmente anche più gratificanti sul piano strettamente creativo.

Laidlaw, prendendo di nuovo spunto dalle sue dichiarazioni, cita più volte come autorevoli “fonti” creative e ispiratrici non solo il moderno high fantasy, sulla scia di Tolkien ed epigoni, ma anche le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin, autore che non era allora conosciuto e osannato come adesso, eppure costituiva già un punto di riferimento imprescindibile per gli scrittori e gli artisti del team, i quali proprio sul suo stile crudo e realistico si sono basati per costruire un epos fantasy diverso e originale – quantomeno, rispetto alle ambientazioni fino a quel momento affrontate dallo studio.

Il risultato? Ebbene, in Dragon Age: Origins è presente il consueto campionario stereotipico tipico del fantasy classico, come elfi, nani, incantesimi di ogni sorta e, ovviamente, maestosi draghi (d’altronde, stanno anche nel titolo); tuttavia, il lavoro effettuato dai writers si concretizza non solo nella quasi completa rielaborazione e nel ribaltamento di alcuni stilemi del genere, ma in generale in una compiuta presentazione di un universo fantasy che, seppur magari non sufficientemente ispirato in alcune sue componenti, riesce comunque con somma facilità ad accattivarsi le simpatie del giocatore, che si ritrova presto immerso in un affascinante universo digitale costruito con una cura e un’attenzione che sfiorano il maniacale.

L’intreccio di base, e in generale la trama nel suo complesso, si presentano piuttosto derivativi, avendo come ruolo centrale la lotta di un antico ordine di guerrieri (i Custodi Grigi) contro una piaga inesorabile conosciuta col nome di Prole Oscura, la quale si è manifestata con un vero e proprio Flagello nella nazione medioevaleggiante del Ferelden. È, tuttavia, proprio in Origins, forse più che in ogni altro titolo della saga, che vengono esplorate in tutte le loro sfaccettature tutte quelle tematiche che Bioware ritiene essere le colonne portanti del suo nuovo franchise, e che ne fanno un complesso di tropi fantasy diversi dai soliti: gli elfi sono segregati in ghetti all’ombra di un dominio quasi assoluto del genere umano, ed ad essi fanno da contraltare dei volenterosi ma inefficaci ribelli chiamati Dalish; la lotta perenne dei nani contro la Prole Oscura, ma soprattutto contro le ataviche pulsioni della propria razza; l’elemento religioso e quello politico, densi di contraddizioni e magagne ricche di spunti per la narrazione; il dramma dei maghi, costretti alla prigionia dai propri stessi poteri.

Grazie all’abile mescolanza fra ambientazione e narrazione, tra solido retroterra culturale di ogni scena e senso di presenza fisico nel mondo, a tutt’oggi, Origins è quasi certamente l’opera più ruolisticamente completa di Bioware, un risultato che si deve in particolare alle multiple origini possibili per i nostri personaggi, ovvero a dei veri e propri antefatti visibili in prima persona che delineano la storia pregressa dell’avatar in questione, il suo ruolo nel mondo e la sua classe di partenza. La combinazione di razze e classi dà vita sei origini di base, suddivise in: guerriero o ladro umano nobile, mago umano o elfo, elfo di città, elfo Dalish, nano nobile e nano popolano.

Cosa importantissima, poi, esse sono direttamente giocabili e sono legate a personaggi e storie spiccatamente personali, destinati a ricomparire anche più avanti nel gioco. A ciò si aggiunge il più che discreto livello dei dialoghi, che si distinguono anche nella gamma tonale di risposte possibili e che possono presentare alcune piccole variazioni in base alla propria origine, le numerose decisioni che è possibile compiere nel corso dell’avventura (alcune piuttosto difficili moralmente), e all’assenza di un indicatore di moralità del personaggio – una scelta precisa da parte di Bioware e anche piuttosto coraggiosa, se consideriamo che proprio tale software house non si era mai particolarmente distinta nel proporre sistemi di moralità particolarmente complessi, ancorata a rappresentazioni formulaiche “buono/cattivo” dai tempi di Knights of the Old Republic.

A tutto questo si accompagna un sistema di gioco che riprende le più attempate tradizioni del genere, non disdegnando comunque un approccio sincretico tendente a riassumere – rimodernandole adeguatamente – talune meccaniche classiche, ma decisamente troppo arcaiche per essere riproposte tali e quali: Origins somiglia, così, ad un incrocio fra Baldur’s Gate 2 e il suddetto KOTOR, configurandosi come un gioco di ruolo lineare, focalizzato sulla gestione del party, gestito da un sistema di regole “simil-tabletop” semplice ma al tempo stesso in grado di fornire una discreta varietà di build e un certo grado di complessità, mai troppo astrusa. Il sistema di combattimento – che mantiene la classica formula del tempo reale con pausa tattica – riesce a raggiungere un buon equilibrio tra complessità e accessibilità, e non mancano nemmeno alcune finezze visive come delle brutali “finisher” con copiosi ettolitri di sangue versato che sottolineano, ancora di più, la crudezza del setting, forse rappresentata in maniera un po’ ingenua ma comunque volenterosa.

Alcune intuizioni di gameplay, dalle complesse tattiche impostabili per la gestione dei combattimenti da parte dell’IA, all’interfaccia pensata per passare senza soluzione di continuità dalla terza persona ad una simil-isometrica, completano un quadro generale che segna, a parere di chi vi scrive, la definitiva maturazione di Bioware per quanto riguarda il concetto “classico” di CRPG della software house canadese: quello, per intenderci, con linee di testo completamente visibili, personaggio senza voce, design tradizionale basato sui classici meccanismi di un party “alla D&D”. In effetti, proprio Origins – insieme all’espansione Awakening – potrebbe rappresentare l’ultimo esemplare di una sotto-razza specifica di giochi di ruolo che è oggi quasi del tutto scomparsa, almeno se consideriamo il solo mercato tripla A, sopravvivendo solo in epigoni finanziati tramite Kickstarter come lo splendido Pillars of Eternity.

LA GRANDE AVVENTURA DI HAWKE (E DEI SUOI AMICI)

Già con Dragon Age II (8 marzo 2011), infatti, ci troviamo davanti ad un cavallo di razza completamente differente. Ad oggi, in effetti, il capitolo di mezzo della trilogia è uno dei prodotti generalmente considerati più divisivi e controversi di Bioware, e nella stessa discussione sul titolo in questione può essere assai probabile trovare le lodi più sperticate insieme a ferocissime critiche al vetriolo.

Di certo, al contrario di quanto è avvenuto con il “rivale” Mass Effect 2, c’è che il secondo Dragon Age fin dall’inizio non partì sotto i migliori auspici: il successo di critica, pubblico e vendite dell’immediato predecessore spinse infatti il publisher Electronic Arts a maggiori interferenze nel processo creativo degli sviluppatori, spingendo maggiormente sul pedale dell’acceleratore per consegnare quanto prima possibile un seguito ad un pubblico avido di contenuti legati a questo nuovo franchise e ansioso di tornare a percorrere le lande di Thedas. Il risultato è stato un ciclo di sviluppo che lo ha visto pubblicato dopo soli sedici mesi dall’immediato predecessore, con tutto ciò che ne consegue.

In realtà Dragon Age II non parte nemmeno da cattive premesse: l’idea di base dell’intreccio è quella di seguire i destini di una famiglia di rifugiati fereldani in fuga dal Flagello del primo capitolo, i quali in seguito alle peripezie del prologo giungeranno nella città di Kirkwall, nei Liberi Confini (una regione composta da città stato immediatamente a nord del Ferelden). In tale luogo si svilupperà una vicenda incentrata particolarmente sul conflitto esplosivo tra maghi oppressi dalle proprie catene e templari (“braccio armato” della religione fittizia principale della serie) oppressori, con – nelle intenzioni degli sviluppatori, quantomeno – diverse sfumature di grigio tra le fazioni e tanto, tantissimo sangue.

Già dalle primissime fasi di gioco, tuttavia, si può percepire distintamente un diverso “feeling” rispetto alla precedente iterazione, e non sempre in positivo. Tra i primissimi cambiamenti che è possibile notare figura, nettamente e distintamente, la scomparsa delle linee di dialogo testuali classiche, sostituita da una ruota di risposte possibili che, se non si trattasse di un parto della stessa casa di sviluppo, costituirebbe nulla di meno che un plagio nei confronti di Mass Effect. Proprio come nella saga fantascientifica di Shepard e soci, il ventaglio di risposte selezionabili è limitato a tre, con le scelte posizionate in alto e in basso nella ruota che indicano, rispettivamente, un atteggiamento diplomatico e uno spietato, e l’unica differenza costituita dalla frase posta in mezzo, che denota adesso un atteggiamento non più neutrale, bensì irriverente e sarcastico da parte del protagonista Hawke.

Sì, perché un altro cambiamento sostanziale rispetto ad Origins è l’eliminazione delle variegate origini e della possibilità di selezionare una razza diversa da quella umana, sostituita ora da una figura “simil-Shepard” che se da un lato permette una maggiore integrazione con la sceneggiatura, dall’altro toglie al giocatore la libertà di scelta ruolistica che aveva contraddistinto lo splendido predecessore.

In realtà, vi è forse un’altra possibile motivazione per una tale scelta, apparentemente scellerata: la trama, infatti, si focalizza in particolar modo – come già accennato – sulle alterne fortune del protagonista e dei suoi familiari (la madre, il fratello e la sorella minori), delineando un plot che rappresenta una novità di assoluto rilievo per Bioware. Sparite sono, infatti, tutte quelle velleità da prescelto e salvatore del mondo che avevano invariabilmente determinato le precedenti sceneggiature della casa canadese, sostituite da un intreccio che preferisce piuttosto puntare i riflettori sul piano personale, focalizzandosi sull’ascesa di Hawke e degli altri componenti del suo nucleo familiare, da esiliati senza un soldo in tasca a potenti membri della classe media di Kirkwall, fino ad arrivare addirittura ad influenzare le alte sfere della politica, il tutto in un viaggio lungo una decina d’anni circa, con un pesante accento sui rapporti intimi del protagonista e dei suoi comprimari.

Sulla carta, si tratta di intenzioni senza dubbio lodevoli: un tentativo, insomma, di cambiare regime rispetto ai tropi che avevano contraddistinto le sceneggiature realizzate in quel di Bioware fino a questo momento. Il risultato? Un po’ come il titolo nel suo complesso, esso viene oggi considerato di altalenante fattura, viaggiando da un capo all’altro della qualità tra punti particolarmente ispirati, e financo pregni un pathos senza dubbio notevole, e altri momenti decisamente sottotono, di tutt’altra schiatta rispetto al livello cui la software house ci ha abituato nel corso degli anni. E anche i PNG che si possono unire al party non hanno incontrato l’unanime consenso dei fan, dato che alcuni di loro hanno dato la distinta sensazione di essere peggio caratterizzati e sfaccettati rispetto ad altri comprimari (vedasi Sebastian Vael, che guarda caso era disponibile agli acquirenti del day-one solamente tramite dlc dedicato).

Meccanicamente parlando, sebbene Dragon Age II mantenga apparentemente inalterati i punti di forza del precedente capitolo (combattimento strategico in tempo reale con pausa e tattiche personalizzabili), sussistono tuttavia delle enormi differenze concettuali e stilistiche che sono risultate invise a gran parte dei fan di Origins. Intanto, il combattimento in generale è stato reso molto più veloce e fluido nell’azione, “spettacolarizzando” (in mancanza di un termine migliore) al massimo e cercando di rimediare ad una delle critiche più frequenti rivolte al predecessore, spesso accusato di un’eccessiva legnosità. Sfortunatamente il risultato finale sfiora spesso il parossismo, con una rapidità del flusso di gioco che mal si accompagna al focus tattico che dovrebbe, in teoria, essere il vero e proprio punto di forza delle meccaniche della serie. E non aiuta il fatto che i nemici arrivano grazie ad ondate decisamente mal concepite e messe in atto, catapultandosi letteralmente sul campo di battaglia da ogni punto – invalidando così la maggior parte delle volte tutta la precedente preparazione tattica messa in atto.

I ridottissimi tempi di gestazione cui abbiamo già fatto cenno, si concretizzano, più precisamente, in un level design capace spesso di far accapponare la pelle: parliamo di dungeon ripetuti nel loro esatto layout tra una missione e l’altra, con pochissime differenze l’uno dall’altro, difetto ravvisabile in particolare nelle istanze di dungeon crawling delle missioni secondarie – fortunatamente gran parte della quest principale non soffre di questo problema. È chiaro che i designer non hanno avuto fisicamente il tempo di modellare dei livelli differenti dati i ristrettissimi tempi di produzione e lancio, cosicché la mole di contenuti narrativi del gioco (che poca cosa non è) non risulta adeguatamente supportata da un lato artistico e tecnico all’altezza

Questi difetti che abbiamo appena sottolineato, e che furono evidenziati già dalla maggior parte delle testate dell’epoca, colpirono profondamente – con tutta probabilità – gli animi di Bioware, se consideriamo che il successivo seguito adotterà alcune particolari filosofie di design proprio in risposta a tali critiche.

INQUISITION: OVVERO, UN RITORNO ALLE ORIGINI?

Con Dragon Age II avevamo deciso di provare a fare qualcosa di narrativamente molto diverso, molto più personale, qualcosa di molto più chiuso in sé stesso. Nessun prescelto, nessuna chiara minaccia che aleggia sul destino del mondo. Non credo sia stato un successo perfetto, ma quella era l’intenzione. Tutti gli altri cambiamenti percepiti, come il presunto combattimento troppo semplificato, le ondate, e tutte quelle cose… in teoria doveva trattarsi più di una evoluzione. Penso che abbiamo semplicemente fatto il passo più lungo della gamba. Ci siamo spinti troppo oltre.

Proprio a causa di Dragon Age II, Inquisition dovrà essere ancora più ambizioso, per poter affrontare queste critiche e poter davvero tornare alle radici della serie. Verterà molto di più sul combattimento tattico e su un livello più alto di difficoltà ben calibrata. Una storia più chiara, sempre con le classiche scelte morali ma narrativamente più sullo stile di Dragon Age: Origins. Avete ragione a chiedere. L’obiettivo non è mai stato quello di rivoluzionare la serie ad ogni episodio, ma Dragon Age II ci ha forzato un po’ la mano.

In effetti, queste sono state proprio le parole di Mark Darrah, produttore esecutivo di Bioware, nel corso di questa intervista con la rivista online PC Gamer. Dal tono generale del buon Darrah, si poteva distintamente capire come tutte le critiche – alcune meritate, spesso decisamente impietose, a volte feroci – rivolte a Dragon Age II abbiamo fatto seriamente riconsiderare le priorità della software house, nonché il suo rapporto con una serie che, fino a quel momento, non era mai riuscita veramente a costruirsi una propria, precisa identità, perennemente sospesa fra passato e futuro, tra velleità da gioco di ruolo dei “bei tempi andati” e istanze di modernizzazione più o meno estreme

Più in generale, però, Dragon Age: Inquisition (18 novembre 2014) arrivò proprio agli inizi di quella che oggi è la “current gen”, e si configurò fin da subito come un passo fondamentale per Bioware: un’occasione per riscattarsi agli occhi dei fan e del pubblico degli appassionati non solo di fronte all’insuccesso (oggettivo, se parliamo in termini di vendite – che non sono state soddisfacenti quanto quelle di Origins) di Dragon Age II, ma anche davanti a tutte quelle polemiche che si sono scatenate in occasione del discutissimo finale di Mass Effect 3, con tutti gli strascichi che ben conosciamo e che non abbiamo assolutamente intenzione di riprendere in questa sede.

Un nuovo inizio insomma, confermato anche dalle prime indiscrezioni, che vedevano per il titolo un design improntato all’open world più spinto, un elemento che Bioware stessa non utilizzava in una sua opera fin dai tempi del primo, seminale Baldur’s Gate, classe 1998. Altri auspici, più negativi, volevano Inquisition, come una sorta di progetto “recuperato” partendo da una prima bozza di un mmorpg ambientato proprio nel mondo di Thedas, ma tali dicerie non sono mai state esattamente confermate.

Ciò che conta è che Inquisition costituisce un vero blockbuster videoludico, in particolare se guardiamo alla quantità di contenuti ad ogni livello, sia esso narrativo o ludico. Il passaggio all’estrema libertà garantita dalle meccaniche open world – che però vero open world non sono, dato che si tratta semplicemente di gigantesche “macro-aree” – ha permesso ai designer di dare compiutamente vita alle regioni di Ferelden e Orlais, quest’ultima percorribile per la prima volta nel franchise. Il plot di base vede la riformazione dell’Inquisizione, un’organizzazione militaresca prima facente parte della Chiesa ma ora separata, sotto la guida del nostro personaggio principale, e chiamata a rispondere alla minaccia di Corypheus, un essere demoniaco che è riuscito a varcare la soglia tra il mondo reale e il Velo che separa il piano materiale da quello spirituale.

Si torna quindi non solo, come anticipato da Darrah, ad una impostazione più classicheggiante con antagonisti ben chiari e una minaccia su scala globale, ma anche ad una maggiore libertà di espressione nella creazione del proprio Inquisitore, che potrà essere a scelta umano, elfo, nano o, per la prima volta nella saga, qunari. Più in generale c’è, in Inquisition, una chiara volontà di riscatto, di ritorno in auge di quello stile tipico che ha contraddistinto le maggiori produzioni di ruolo tradizionale di Bioware: pur venendo mantenuta, per esempio, la ruota della conversazione di Dragon Age II, adesso le risposte sono più variegate nella gamma tonale e negli approcci, non disdegnando neppure alcuni battibecchi esclusivi di certe classi, razze o background. Per esempio, l’Inquisitore potrà rispondere in modo diverso se in una precedente discussione si è affermata una sua fede nel divino oppure no.

Questa benvenuta attenzione verso le parole va di pari passo con un cast di personaggi secondari semplicemente vastissimo, che comprende non solo i classici compagni di viaggio che accompagnano il giocatore nel corso delle sue avventure, ma anche una vasta serie di comprimari non giocanti che svolgeranno vari ruoli all’interno della neonata Inquisizione. Sì, perché uno dei fattori più importanti e più caratteristici di Inquisition, soprattutto rispetto agli altri episodi della serie, è rappresentato dall’avere il completo controllo della propria organizzazione, con tanto di fortezza – che risponde al nome di Skyhold – che fa da “hub” e quartier generale, all’interno della quale poter intavolare discussioni con i propri sottoposti, risolvere i dilemmi morali proposti dal proprio comando e organizzare operazioni di guerra contro le forze di Corypheus grazie al tavolo da guerra, ovvero una mappa interattiva delle regioni di gioco.

Quest’ultima rappresenta un’aggiunta che in parte si configura senza dubbio come sostanziale, dando al giocatore la possibilità di ottenere bonus di grande consistenza grazie all’invio di emissari che svolgeranno diverse missioni in “background”, magari mentre il giocatore è impegnato in tutt’altre faccende; il completamento di tali incarichi dopo un timer prestabilito offrirà ricompense di ogni sorta, che vanno dai materiali necessari per sfruttare appieno il ricchissimo sistema di crafting, a nuove voci del Codex, arrivando persino ad influenzare il corso di determinati eventi in gioco. Dall’altra parte, molti appassionati hanno ritenuto il tavolo da guerra una componente in un certo senso sottosfruttata del gioco, con conseguenze fini a sé stesse per la stragrande maggioranza delle subquest.

C’è, infatti, in Inquisition, una sorta di “doppia natura”: da un lato, la quest principale e i personaggi collegati ad essa rappresentano Bioware al suo meglio, con un intreccio ben confezionato e ricco di colpi di scena e caratteri sufficientemente sfaccettati (tranne forse per il principale antagonista) coadiuvati da un doppiaggio sontuoso e alcuni momenti contraddistinti da una sceneggiatura onestamente impressionante; non mancano neppure certi punti davvero sconvolgenti, capaci di gettare una luce completamente nuova sulla “lore” fino a quel momento prestabilita dell’universo fantasy di Thedas.

Dall’altro lato, sfortunatamente, una tale attenzione non è stata chiaramente rivolta alle quest secondarie, che spesso e volentieri si riducono in nulla di più che in una raccolta ad nauseam di svariati oggetti oppure nel percorrere in lungo e in largo le regioni di gioco alla ricerca dei punti di interesse segnati sulla mappa a mo’ di lista della spesa, nella peggiore tradizione di Assassin’s Creed e simili. La sensazione costante è che Bioware, pur avendo puntato tutto sul mondo aperto e sulla vastità delle ambientazioni, non sia effettivamente riuscita a riempirlo a sufficienza con contenuti di spessore, denotando forse la scarsa esperienza del team con questo tipo di design.

Nonostante la qualità altalenante del narrato, pad o tastiera alla mano Inquisition si dimostra fortunatamente un buon successore di Origins, dimenticando lo scellerato approccio spettacolarizzato agli scontri del precedente capitolo in favore di una mentalità spesso più ragionata, con un sistema di combattimento che riesce – anche se solo parzialmente – a ricreare il tatticismo di Origins. La varietà degli approcci è data soprattutto dalla selezione della difficoltà, con le prime due tappe dello slider dedicato che privilegiano il più puro hack & slash, mentre le altre favoriscono una maggiore attenzione strategica.

Si tratta, insomma, sempre del tentativo di raggiungere quel paventato delicato equilibrio fra azione e tattica, fra dinamismo e riflessione, che rappresenta fin dagli albori della serie un po’ il Santo Graal degli sviluppatori canadesi, e in effetti Inquisition sembra fornire, la maggior parte delle volte, un buon feedback strategico grazie alla possibilità di gestire le tattiche dei compagni e alla necessità di saper giostrare i diversi attacchi delle varie classi in modo da creare letali combo di effetti; d’altro canto, alcune meccaniche si dimostrano, di nuovo, assai deficitarie, in particolare per quanto concerne l’ingombrante e decisamente macchinosa nuova visuale tattica, che non riesce affatto a svolgere adeguatamente la propria funzione.

L’intento, chiaro e tondo, di Bioware, insomma, è quello di accontentare qualunque possibile acquirente, sia chi vagheggia un ritorno alle passate radici strategiche del genere, sia chi cerca una sorta di gioco di ruolo action un po’ più complesso della media. E se Inquisition non sempre riesce nella propria cerca, unendo come la mitica chimera queste due istanze così differenti dello stesso genere, è pur vero che si tratta comunque di uno dei tentativi più interessanti mai effettuati in questo senso.

QUALE FUTURO PER IL THEDAS?

In questo 2018 ormai inoltrato da tre mesi, è questa la domanda che più spesso si pongono gli appassionati della serie, mai come adesso così in bilico tra passato, presente e futuro.
Se, infatti, Inquisition si è dimostrato tutto sommato fruttifero a livello meramente commerciale, configurandosi come il miglior lancio nella storia di Bioware secondo gli ultimi report, è anche vero che la débâcle di Mass Effect Andromeda – più sul piano della reputazione della software house piuttosto che sulla qualità vera e propria del titolo in questione – ha ridimensionato in più di un verso la storica casa canadese, ora impegnata con una scommessa: il mastodontico e complessissimo progetto Anthem.

Ad ogni modo, la serie Dragon Age, pur con i suoi alti e bassi, rimane comunque un vero punto di riferimento tripla A per gli appassionati del gioco di ruolo più tradizionale, e questo nonostante le ibridazioni che si sono susseguite nel corso delle varie iterazioni.
Ben pochi altri titoli di questo genere, d’altronde, possono vantare la stessa attenzione verso i caratteri dei personaggi e verso le storie intime, seppur virtuali, proposte dalle vicende narrate, da sempre vero marchio di fabbrica della casa; il tutto, naturalmente, insieme ad un universo digitale creato da zero, sempre coerente con sé stesso e affascinante nei suoi principi fondamentali, tra magia e intrighi politici, mitologia e cultura approfondite e dettaglio sempre nulla di meno che maniacale.

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Ubisoft presenta il season pass di Far Cry 5

Come ormai è usanza di ogni produzione tripla A, anche Far Cry 5 offrirà il suo season pass. Ubisoft ha quindi presentato poco fa i suoi piani per i contenuti post lancio.

Questi saranno caratterizzati da aggiornamenti gratuiti ed ovviamente dei dlc a pagamento (acquistabili anche singolarmente al di là del season pass). Tra i contenuti gratuiti disponibili per tutti segnaliamo la modalità Far Cry Arcade ed eventi live in arrivo dopo il 27 marzo, ossia al lancio del gioco “liscio”.

Gli appassionati che acquistano il Season Pass o la Gold Edition di Far Cry 5 continueranno le loro avventure in tre differenti contenuti scaricabili: Ore di Tenebra, Dannati Luridi Zombi e A spasso su Marte.

  • Ore di Tenebra, in cui i giocatori viaggeranno indietro nel tempo fino alla guerra del Vietnam per combattere contro i soldati Việt Cộng.
  • Dannati Luridi Zombi, che vedrà i giocatori impegnati ad affrontare orde di zombie in una serie di scenari in perfetto stile B-movie.
  • A spasso su Marte, in cui i giocatori lasceranno la Terra per affrontare alcuni aracnidi marziani.

Inoltre, tutti gli utenti che hanno acquistato il season pass di Far Cry 5 su console riceveranno i contenuti giocatore singolo di un altro famoso episodio di Far Cry con la Far Cry 3 Classic Edition. Questa edizione sarà disponibile agli acquirenti del Season Pass con quattro settimane di anticipo rispetto all’uscita, prevista per la prossima estate.



I giocatori Pc riceveranno la versione completa di Far Cry 3 dopo il lancio di Far Cry 5.

Tutti i giocatori di Far Cry 5 avranno anche accesso alla modalità Far Cry Arcade, una evoluzione dell’editor di mappe che ha da sempre contraddistinto la serie e che offrirà a tutti la possibilità di liberare la propria creatività nella creazione di scenari inediti.
La modalità includerà contenuti provenienti dai precedenti capitoli di Far Cry oltre a oggetti e scenari iconici di altri titoli Ubisoft inclusi Assassin’s Creed IV: Black Flag, Assassin’s Creed Unity e Watch Dogs. Questi potranno essere usati per creare delle esperienze multiplayer uniche sia in solo che cooperativa e PVP.

Infine, Far Cry 5 offrirà anche una serie di Eventi Live che garantiranno delle ricompense ai giocatori che completano le numerose sfide disponibili esplorando Hope County, il mondo di gioco. Questi premi daranno così la possibilità di personalizzare equipaggiamento, veicoli e skin per le armi.

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Project Cars 2, disponibile il Porsche Legends Pack

Slightly Mad Studios e Bandai Namco Entertainment Europe hanno annunciato il lancio odierno del Porsche Legends Pack, il secondo dlc per Project Cars 2, che è ora disponibile sia in formato indipendente che come parte integrante del Season Pass.

L’espansione celebra il 70° anniversario della Porsche che immergerà in una coinvolgente esperienza di emozioni, suoni e pura storia delle corse.

Allacciate le cinture e preparatevi per un viaggio alla guida di nove vetture Porsche nel circuito proprietario della casa tedesca, il Porsche On-road Circuit Leipzig, certificato dalla FIA, un’anteprima assoluta per ogni gioco di corse.








Le nove Porsche rappresentano 70 anni di vetture sportive della casa tedesca. Dalla 917K “Le Mans” alla Porsche 917/10 “Turbo Panzer”, la “Moby Dick” 935/78 coda di balena e la 911 Carrera RSR 2.8, la cui bellezza è stata eguagliata solo dalle sue impareggiabili prestazioni nelle gare GT europee, passando alla meravigliosa Porsche 959 S a trazione integrale e doppio turbo e la 2004 Carrera GT alimentata con un motore V10 derivante dalla Formula 1, che ha stupito un’intera generazione di appassionati, fino alla guerriera Porsche nella categoria GT, la 2017 Porsche 911 RSR.

Oltre alle nove auto e al circuito della casa di Stoccarda, il pacchetto includerà anche 11 livree eSports su misura e alcuni eventi della carriera a tema Porsche, progettati per portare tutto lo spirito di queste auto straordinarie in alcuni scenari dove sono state leggende.

Questo secondo pacchetto di espansione per Project Cars 2 offrirà ai possessori del Season Pass anche un’anteprima sui prossimi pacchetti, tra cui l’atteso Spirit of Le Mans e il Ferrari-themed Expansion Pack 4, entrambi previsti per il 2018.

TRAILER DI LANCIO

 

CONTENUTI DLC “PORSCHE LEGENDS PACK”:

AUTO (9) TRACCIATI (1) (11) LIVREE ESPORTS DI: EVENTI CARRIERA (5)
Porsche 908/03 Spyder del 1971
Porsche 917K
del 1971
Porsche 917/10 del 1972
Porsche 911 Carrera RSR 2.8 del 1973
Porsche 935/78
del 1978
Porsche 935/78-81 del 1981
Porsche 959 S del 1987

Porsche Carrera GT del 2004
Porsche 911 RSR del 2017.
Porsche On-road Circuit Leipzig VP-Gaming.de
ESPORTS+CARS
Oscaro esports by SDL
Euronics Gaming
Carrera Showdown
California Dream Event
2.4 Hours of Nurburg
Vintage Forest Run
Icons On Show

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