Dark Souls Remastered, Recensione Xbox One

Dark Souls è un videogioco che ha sette anni sulle spalle e vanta fiumi di parole versati, mentre su YouTube troviamo un ammontare di filmati, video, immagini e musiche da poter intrattenere per giorni, forse mesi o addirittura anni.

Dopo di esso si è delineata una trilogia ufficiale, tra il secondo episodio e l’ultimo è stato realizzato Bloodborne a spezzare un andazzo fin quasi prevedibile. A far da chiosa ad un successo planetario e al “culto” che si è creato intorno ad una delle più famose saghe videoludiche degli ultimi vent’anni c’è uno stuolo di titoli che, ormai, si etichettano come “Soulslike”.
In una generazione di videogiochi che vive di rendita, grazie ad operazioni nostalgiche che attingono a piene mani dall’indelebile “generazione PS3 e Xbox 360”, ecco arrivare per PS4, Xbox One X e Pc Windows Dark Souls Remastered per restare al passo con i tempi.

UNO DEI MIGLIORI GIOCHI DI SEMPRE

Se foste videogiocatori da poco, oppure aveste vissuto a giocare solo i vostri videogiochi preferiti, dovreste sapere che Dark Souls è un videogioco di ruolo d’azione che affonda le sue radici nel genere roguelike. Passa alla storia, oltre che per il suo disarmante fascino gotico-medievale, per una difficoltà rara e una curva di apprendimento molto ripida, che divenne in breve croce e delizia di tutti quelli che si cimentassero nell’impresa di portarlo a termine.

Segue a Demon’s Souls, vero e proprio “capostipite” del “genere dei Souls” oppure Soulslike, come ormai si dice. La differenza principale, nonché pregio, è l’aver fatto approdare Dark Souls non solo su PlayStation 3, come nel caso di Demon’s Souls, ma anche su Xbox 360 (all’epoca un po’ più diffusa di PS3) e su Pc Windows, con una discutibilissima operazione di porting che lasciava molto a desiderare.

Al di là delle lamentele tecniche, di un frame-rate tutt’altro che invidiabile (ma ai tempi si parlava più di giochi che di fluidità) e di un’infinita lista di dettagli che non andavano proprio giù ai puristi (come un’intelligenza artificiale a dir poco inesistente), Dark Souls diventa, prima, un fenomeno di culto e poi un tormentone. Entrambe le caratteristiche sono veicolate velocemente grazie al supporto, più o meno serio, si decine di YouTubers che ne diffondono i pregi su quella sorta di esperienza mistica, che solo un Dark Souls (o un Soulslike di From Software) è capace di offrire.

PREPARATEVI A MORIRE



Dark Souls Remastered, ora come allora, resta un gioco che – se preso alla leggera – promette tante, non totalmente metaforiche, bastonate. In Dark Souls si muore, spesso e anche male, soprattutto se non lo si è mai giocato prima d’ora e non si conoscono le “regole” del gioco.

I nemici offrono sempre un grado di sfida elevato, causano notevoli danni e ogni livello è denso di trappole e tranelli, anche visivi, che non perdonano né il distratto né l’impavido. Caratteristica che scoraggia i più è la presenza di pozioni di cura limitate, che possono essere recuperate previa sosta ad uno dei pochi falò che costellano il mondo di gioco. Quello che fa, di questa pratica, un’arma a doppio taglio, è il fatto che ogni volta che si riposa al falò (innescando anche un comodo salvataggio dei progressi) si riportano in vita tutti i nemici del mondo di gioco, con l’eccezione dei boss e dei mini-boss.

Uccidere le amenità che popolano Lordran – il mondo di Dark Souls – frutta anime. Le anime solo la moneta del gioco e si usano per passare di livello (ogni aumento di caratteristica fisica/mentale corrisponde al passaggio di un livello), comprare armi, magie ed equipaggiamenti, riparare armi ed equipaggiamenti, potenziare il tutto. Non manca la possibilità di affidarsi ad un fabbro per forgiare armi uniche, previa presentazione di ingredienti speciali come l’anima di un boss o un mini-boss.

CROCE E DELIZIA DELLA REMASTERED

Dark Souls Remastered è, né più né meno, l’esatta trasposizione di Dark Souls su console di attuale generazione. Potremmo definirlo un semplice porting, se non fosse che gli incaricati all’operazione di rimasterizzazione, oltre a impostare un grado visivo superiore ne ha modificato, in parte, l’effetto di luci ed ombre, oltre agli effetti speciali tipo fumo e nebbia.

Senza voler scendere in terminologia troppo tecnica, qui basta sapere che la differenza con i vecchi Dark Souls per PS3, Xbox 360 e Pc Windows è tutta relativa alla pulizia grafica. E’ tutto più rifinito e dettagliato ma, soprattutto, fluido. Una fluidità che su vecchie generazioni era impossibile da garantire dati i limiti tecnici, mentre su Pc poteva essere raggiunta. Adesso tutti i giocatori hanno una versione che viaggia “alla stessa velocità” con opportune riserve.

Le riserve di cui parliamo riguardano la capacità, di ciascuna console, di mantenere una fluidità visiva costante. Da qualche anno è una condizione necessaria e sufficiente perché si giochi e quindi è giusto, per molti, che questa goda della giusta attenzione tecnica. Con l’aiuto di Digital Foundry scopriamo, e amaramente ammettiamo, che a dispetto delle dichiarazioni, solo la versione Xbox One X e i Pc di fascia medio-alta possono garantire il massimo delle prestazioni. Tutte le altre console faticano oppure non riescono a mantenersi su una velocità di esecuzione delle immagini costante e quindi capita, durante un combattimento contro i boss, che l’azione rallenti inaspettatamente. Temiamo che grandi difficoltà tecniche possano emergere dalla versione Nintendo Switch di Dark Souls Remastered, già oggetto di rinvio della pubblicazione in estate inoltrata.

A parte questo, non c’è nulla che impedisca di giocare e godersi Dark Souls Remastered in totale tranquillità e serenità.

COMMENTO FINALE

Dark Souls Remastered è la versione adattata e, in parte, migliorata del gioco che è arrivato nelle nostre case nel settembre del 2011. Scriviamo “in parte” perché non tutti gli aspetti sono stati migliorati per l’occasione e la fluidità massima è solo una questione apparente, perché qualche calo di fluidità si avverte sempre, con la sola eccezione su Pc Windows oppure Xbox One X.

Per le altre console, invece, dipende dove e cosa stiamo facendo, bisogna scendere a compromessi visivi. Compromessi che di solito non incidono sulla valutazione finale ma, per un’operazione nostalgica a distanza di sette anni, consentiteci, è doveroso evidenziare.

Al di là dell’ottimo sistema di illuminazione e di effetti fumo e fuoco, l’aspetto grafico generale (le texture, soprattutto) è praticamente lo stesso di sette anni fa. Vien da sé che atmosfera, ambientazione, gameplay e qualità generale finale non risentono degli anni che passano. Dopo averne giocato ancora decine d’ore su Xbox One X, la sensazione finale è quella di trovarsi al cospetto di un indiscutibile pietra miliare che ha definito un genere, i “soulslike”, che non perde smalto dopo tanti anni ma, anzi, torna a ricordare a tutti quanto difficile sia eguagliarne il delicato equilibrio che tiene in piedi un’impalcatura invidiabile. Un’impostazione di gioco che ancora oggi ispira e genera cloni, figli e figliastri. Dark Souls, al netto di pregi e difetti, resta, tuttavia, ancora ineguagliato.

 

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